Il cabaret-varietà di Biagio Izzo al Teatro delle Celebrazioni di Bologna

[rating=3] Una proiezione apre lo spettacolo “Tutti con me” al Teatro delle Celebrazioni di Bologna. Una specie di promo, che però non convince, ma anzi risulta scontato e in perfetto stile cine-panettone. Si pensa subito al peggio, alla comicità di basso livello, trita e ritrita che solo in questi film si può trovare. In realtà il resto dello spettacolo è ben organizzato, e il livello comico, pur non ambendo ad analisi introspettive di particolare profondità, non è scadente e comunque centra in pieno il suo obiettivo: far ridere.

Dopo un balletto di quattro ragazze seminude, Biagio Izzo fa il suo ingresso trionfale in scena su una poltrona che, uscendo dalla scenografia, si dirige verso il centro del palco da sola. Come avrete capito, nello spettacolo, che si avvicina molto più al varietà che alla commedia, si è puntato molto sugli effetti scenici, come l’imponente scenografia, coloratissima e “automatizzata”, piena di luci stroboscopiche, di insegne luminose e addirittura con primo piano e ascensore!

Oltre al già citato corpo di ballo, sono molto bravi anche “I virtuosi di San Martino”, il gruppo musicale di cinque elementi che, strumenti alla mano e vestiti in modo colorato ed elegante, intervengono cantando e suonando musiche di Edoardo Bennato, Alex Britti e Paolo Belli.

Ma il “piatto forte” è ovviamente Biagio Izzo. La lunga serie di monologhi, eseguiti da lui o dai suoi personaggi, si apre con il tema della crisi economica, trattata un po’ come uno spauracchio più che un problema serio, dove ad incutere timore è il redditometro, e l’uomo non può mostrare quanto sta bene economicamente perché vede tutti gli altri piangere miseria: “Oh, vuoi vedere che mi sono salvato solo io?!”. Allora è costretto a misconoscere i propri figli e a stappare “lo champagne col silenziatore” per evitare di essere scoperto. L’ironia è dissacrante e rapida, non si sofferma sulle tematiche sociali rievocate ma le tocca e vola altrove, avendo come unico obiettivo il farci divertire. E in questo ci riesce proprio, come nella ricostruzione della storia di Adamo ed Eva, dove si parla del ruolo femminile nella coppia ma soprattutto del cambiamento della donna prima e dopo il matrimonio: avrà fatto bene Adamo, per avere al suo fianco Eva, a privarsi di una costola, dato che era quella che serviva a “contenere la pancia”? Con il suo personaggio casalinga napoletana, il genere femminile viene trattato non proprio dal punto di vista femminista, ed infatti quando le chiedono quale sia l’argomento principale di cui le donne discutono, si stupisce: “come?! La donna italiana non parla di stoccafisso e baccalà?!”. L’immancabile tematica nord-sud viene affrontata dal nullafacente ed ignorante cugino, mentre il personaggio del tassista affronta anche l’amore fra uomo e donna, visto nella connotazione più carnale del termine. Nemmeno le festività e i rituali si salvano, come ad esempio “la messa di mezzanotte?! A quest’ora!?” dove “nessuno contraddice il prete” perché tutti dormono. E per quanto riguarda il matrimonio, Izzo si trasforma nell’omosessuale Amedeo, il “ueddi panni”, traduzione di wedding planner, che ha una versione tutta sua del cerimoniale discorso del prete ai due aspiranti sposi: “vuoi tu prendere… si che lo voglio prendere!”.

Questa straordinaria carrellata di monologhi e personaggi molto divertenti è interrotta sia dalle incursioni del corpo di ballo e dei musicanti già citati, sia dall’intervento di Teresa Del Vecchio, Valentina Olla e Federico Perrotta, che introducono un minimo di trama in questo varietà per farlo assomigliare di più ad una commedia. I tre sono intenti a “liberarlo [Izzo NdR] dalla zavorra che gli impedisce di diventare un vero attore”, tentando in ogni modo di cambiare i suoi gusti musicali, gli atteggiamenti e i comportamenti. Il finale, telefonato fin dall’inizio e anche intuibile dal titolo “Tutti con me”, sarà che Izzo non può liberarsi dei suoi personaggi perché essi semplicemente fanno parte di lui. Forse il tentativo si poteva fare per ripulirlo dalla comicità forzata e quasi triste che si vede soltanto nel promo iniziale, che rappresenta una vera e propria zavorra per fare diventare Biagio Izzo ciò che dimostra di saper già essere: un bravo comico.

Il dialetto napoletano qualche volta pregiudica la comprensibilità per chi non è abituato, ma anch’esso è indissolubilmente connesso al resto di questo divertente spettacolo, che ha avuto una grande risposta di pubblico.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here