Troppa leggerezza e Mi è scappata la Marsigliese a Roma per la regia di Fabio Luigi Lionello

Fino al 5 novembre 2017 al Teatro San Luigi Guanella e l’11- 12 novembre al Teatro Greco.

Da un’idea di Silvestro Farinelli, art director Pier Luigi Nicoletti, tende alle pareti, un pianoforte sul lato, scranni e sgabelli a centro palco e un tavolino sull’altro lato ed eccoci in scena. Siamo a Parigi a Montmartre, alla fine del ‘700 ai tempi della Rivoluzione Francese, Giovanni Battista Viotti sta partorendo La Marsigliese, prigioniero dei suoi spartiti e delle sue note si prepara al concerto imminente e riesce a trovare il tempo di scrivere alla sua amata. Tanti tentavi di scrittura. Diletta e stracci, divina e accartoccia, adorata e via ma tra le cartacce c’è anche le bozza di “Tema e variazioni in do maggiore” che diverrà poi appunto l’inno della Francia.

Al sopraggiungere della governante lo sconcerto di queste cartacce dà fastidio e incuriosice. Curiosità soddisfatta nello scoprire che sono lettere d’amore, e nell’apprezzare l’ardore che emana dal suo signore. Vorrebbe essere al posto dell’amata e si ferma nello scoprire che uno di questi scarti sia un spartito importante per il suo padrone: conoscendo la sua sbadataggine, lo salva e lo conserva non sapendo dove, sotto il violino che è sul pianoforte. In vista dell’amata il musicista consulta la Marchesa grandissima Daniela Rosci, che gli legge le carte e prevede l’arrivo di un losco figuro menagramo.

Eccolo e dopo di lui in casa Viotti, un susseguirsi di personaggi, quelli dello spettacolo a introduzione della storia e quelli dell’orchestra, tra i quali un certo Antonio, si rivelerà essere poi una procace Clotilde, mal celata nei panni maschili, vista la tonalità sopranile della sua voce, perchè non era concesso suonare in un’orchestra alle donne di quei tempi, ma l’evoluzione nel frattempo aveva cancellato, a discrezione dei direttori, tale tabù. Quindi un certo vanitoso Roger Du Lille, flautista, una bella fanciulletta, la fornaia, l’assistente del pianista e un certo Arnoud, senegalese di colore, il grandissimo Philippe Boa dalla mimica eccellente e dalle caratterizzazioni sublimi, il giovane, bravo vista l’età Lorenzo Capone, il suo cagnolino e la coreuta dalla spaccata in aria perfetta, nonché brava coreografa Elisabetta Pedini.

Belli i costumi, ben realizzati da Emanuela Fabozzi, tutti sulle tonalità del nocciola, verde arancio,  marrone,  rosa tea, di fattura coerente al periodo e funzionali alla messa in scena, ben si prestano alla vicenda. Tutti gli avventori, chi in prova per il prossimo concerto, chi per riuscire a sottrarre furtivamente gli sparirti della Marsigliese, animano la scena. La sortita riesce a De Lille, ottima spalla del misterioso individuo di cui sopra. Giovanni Battista Viotti sogna che in guerra durante la rivoluzione vengano uccisi tutti. Il sonno profondo è l’occasione giusta per il furto della partitura.

Tutti gli attori cantano ballano e intrecciano cori, ma se al risveglio, distratto, il protagonista osserva “M’è scappata la Marsigliese” questo sarà il titolo del brano sostitutivo e chiama violino, flauto, piano, bonghi e tutti gli altri per il coro; Arnoud sarà l’elemento innovatore, un po’ tribal-music per un finale cantato e ballato,  il varo del nuovo inno nazionale e il sentito applauso di commiato del pubblico. A parte Avio Focolari talora un po’ giù di tono nella voce e nei ritmi tutti gli altri sono bravissimi e una regia senza sbavature e dai tempi serrati quella di Fabio Luigi Lionello soddisfano in modo entusiastico la platea.