
Era il 1990 quando Attilio Corsini e i suoi “tecnici” portavano in scena il testo di Micheal Frayn. Sono passati quasi 20 anni e questa volta a tentare l’impresa è Pino Strabioli.
In una platea dalle sedie verdi di un ambiente elegante sui cui sovrasta un lampadario retrò, arrivano alla spicciolata gli spettAttori. Ma chi sono questi spettAttori? “Che divertente fanno finta di essere noi”dicono le due signore radical chic, sedute in prima fila, ma in realtà tutti loro non sono altro che gli spettatori stessi dei quali riproducono ciò che il pubblico di un qualsiasi teatro fa tra le file di platea.Ecco i ritardatari per problemi di parcheggio che cercano il loro posto senza trovarlo; i colpi di tosse che coprono le battute; il signore narcolettico che si sveglia soltanto per battere le mani; la coppia che amoreggia, attirando lo sguardo contrariato della signora ottantenne abbonata storica del teatro e poi i commenti sui vicini e le caramelline che vengono offerte senza ritegno da una fila all’altra.
E poi i tentativi maldestri di interpretare uno spettacolo che non capiscono “E’ avanguardia” dice ammirata l’abbonata storica della prima fila, rivolgendosi alla figlia seduta accanto a lei. E visto che tutti si annoiano, incominciano a parlare delle loro storie private.Ma poi si scopre che questi maldestri spettatori non sono altro che attori essi stessi,reticenti a seguire le direttive del loro regista e di un copione al quale sovrappongono la loro vita privata.
Se in “Rumori fuori scena”, Frayn aveva mostrato al pubblico il meccanismo del “dietro le quinte”; in “SpettAttori” il palco diventa una seconda platea e così gli spettatori, entrando in sala, si ritrovano di fronte altri spettatori che li guardano prendere posto.
Strabioli dirige con accuratezza una compagnia di attori affiatati e credibili, tra tutti la coppia Orsetta De Rossi- Alessandra Ferro, che strappano continue risate ad una platea incredula.
Drammaturgicamente non accade nulla,”è più eccitante un cambio di stagione” dice l’ abbonata storica,eppure, demolito il muro che li separa dal palco, gli spettatori scoprono l’immagine deformata di loro stessi.