Semianyki, una famiglia di clown follemente “normale”

Con la compagnia Licedei la fantasia vola e inonda la platea del Verdi di Firenze

[rating=4] Teatro Verdi, Firenze. Tra gli spettatori in sala entra una donna goffamente vestita con una giacca a quadri ed una borsa, è incinta, ha la faccia truccata di bianco, porta occhiali spessi e occhieggia ripetutamente stupita verso il pubblico. Sale sul palco e, interagendo in un gioco di sguardi con la platea, dà inizio a delle azioni quotidiane: accende la radio, lava dei panni, li strizza bagnando le prime file e li appende ad un filo sul proscenio. Sullo sfondo un telo bianco nasconde la scena ancora per pochi istanti, fino a quando la donna con i suoi modi bruschi, lo fa cadere. Si apre la scena su quattro marmocchi (3 femmine e un maschio) che “scherzano” con il padre addormentato su una sedia a dondolo, cercando di segargli un braccio e di procurargli una scarica elettrica.

Ha così inizio la comicità surreale di Semianyki, uno degli spettacoli-clou della stagione teatrale 2009-2010. “Semianyki” è la voce russa per l’italiano “famiglia”, ed è un ritratto folgorante e denso di umorismo di un interno casalingo grottesco. Follia poetica e umorismo corrosivo sono ben mixati dalla leggendaria compagnia Licedei di San Pietroburgo, il primo teatro russo di clown e di mimi, creata nel 1968 da Slava Polunin, il più grande clown vivente, il russo che ha trasformato un ruolo secondario da circo in protagonista da teatro, osannato in tutto il mondo per il suo recente e meraviglioso Slava’s Snowshow.

Come in Slava, la figura del clown del Teatro Licedei non rispecchia l’immagine stereotipata del pagliaccio con il naso rosso presente nei circhi. I clown russi dei Licedei sono clown da teatro, senza nasi rossi e immense scarpe, ma con il volto truccato di bianco e un abbigliamento che esaspera grottescamente l’aspetto esteriore. Il loro spettacolo è uno splendido omaggio al Clown come figura, allo stesso tempo, tradizionale e contemporanea.

Sulla scena Olga Eliseeva (la madre), Alexander Gusarov (il padre), Marina Makhaeva (la sorella maggiore), Kasyan Ryvkin (il fratello), Elena Sadkova (la bambina) e Yulia Sergeeva (la sorella di mezzo) hanno fatto nascere, con una creazione collettiva, la famiglia.

Lo spettacolo racconta della lotta interna al potere di una famiglia sgangherata, fra un padre alcolizzato che minaccia di andarsene, una madre perennemente incinta e un esercito di piccole pesti che sembrano voler uccidere padre e madre. Una serie di rapidi quadri surreali dipinge la quotidianità di questa “normale” famiglia russa. Senza l’uso delle parole, ma solo attraverso una mimica poetica, unione di corpo e di sguardi che va dritta al cuore scatenando il riso e la commozione.

Lo spettatore viene portato dai Licedei nella vita quotidiana del popolo russo, fatta di nostalgia, difficoltà economica e gioia di vivere, un vero trittico della perestrojka post-sovietica. L’azione raggiunge ritmi vertiginosi quando i monelli scendono in platea per fare i dispetti agli spettatori (colpendoli anche con dei cuscini). Bello e coinvolgente il finale, (sullo stile di Slava’s Snowshow) con un’infinità di nastri bianchi che dilagano in sala imprigionando il pubblico in un’immensa ragnatela.

In Semianyki scoviamo la mimica francese, la Commediadell’Arte all’italiana e il clown popolare russo. La compagnia Licedei fonde tali stratificazioni artistiche in un linguaggio assai meno spontaneo e decisamente più colto di quanto non voglia sembrare, raggiungendo un meraviglioso equilibrio, una tecnica perfetta d’esecuzione degli interpreti, data da una scattante energia interiore che ci riporta all’autentico spirito del circo, fatto di ribellione tragicomica e sconfinata poesia.