
Un tavolo, un bonsai, una poltrona, alcune sedie. Questo è l’essenziale arredo dove si consuma la storia de Il Nullafacente. Una storia tesa, a tratti ironica, a tratti insostenibile. C’è un paradosso di fondo, come un’ombra spaventosa, difficile da accettare – in questo testo scritto da Michele Santeramo. C’è qualcosa che non si afferra, fa tremare. Il coinvolgimento emotivo è pressoché inevitabile. E la recitazione distaccata, rischiosa, provocatoria del drammaturgo/attore, vibra di suoni. La superiorità sulla vita che Il Nullafacente si sforza di attuare, giorno dopo giorno, non appartiene alla nostra umanità contemporanea. In questa particolare epoca rifiutiamo la mortalità e la vecchiaia; forse che non rigettiamo l’idea del disfacimento e della trasformazione della materia? Vi è la sensazione che non si riesca, effettivamente, come tenta di spiegare il Nullafacente, a vivere pienamente il presente. Come dare torto a quest’uomo che decide di iniziare a praticare il niente, smettere di lavorare, di guadagnare denaro. Denaro che davvero riversiamo, ogni giorno, nei supermercati, a comprare caterve di oggetti inutili.

Lui accetta solo di farsi il pezzo di strada a piedi per recuperare le verdure invendute ai mercati generali, parlare con il bonsai, rifiutare di comprare le medicine per la moglie malata di cancro – punto più stridente. Addirittura sceglie di non aiutarla quando lei, Silvia Pasello, cade a terra. E lui cosa potrebbe fare? Se fosse morta, sarebbe inutile far qualcosa. Se non lo fosse, si rialzerebbe da sola. Si spinge al limite la scrittura, si fa corrosiva e contorta, esasperata.
Il toccante dialogo con il bonsai si consuma a lume di candela, perché la corrente è stata staccata. Come fa il bonsai a estirpare la sua linfa inesauribile dal minuscolo vaso in cui è costretto. Non sente la voglia di divenire una quercia? Come riesce a restare armonioso di fronte alle varianti giornaliere – il clima, o le mani della persona che lo pota, lo sfoglia, lo accarezza. Quando la moglie si allontana per andare a vivere con il fratello e farsi curare dal medico, il bonsai perde il manto verde che lo ricopre, e Il Nullafacente torna a guadagnarsi una somma di denaro. Così potrà comprarle i farmaci. Farmaci che la faranno vivere forse un po’ di più, ma vivere come? Senza qualcuno che le sta accanto senza fare niente, e l’accetta nel suo essere al termine del viaggio. Lei decide di tornare da lui, per vivere insieme una dimensione dilatata, vissuta a fondo. “Senza fare niente. Nemmeno morire.”
Un plauso a tutto il gruppo di attori: oltre a Santeramo e Pasello, anche Michele Cipriani, Francesco Puleo, Tazio Torrini.
