Qualcuno volò sul nido del cuculo, adattamento e regia di Alessandro Gassmann

Dal 3 al 13 Novembre 2022 a Roma al Teatro Sala Umberto

Dal cinema al teatro, dal film del 1975 di Milos Forman alla trasposizione di Dale Wasserman, basata sull’omonimo romanzo di Ken Kesey, tradotta da Giovanni Lombardo Radice e adattata da Maurizio de Giovanni per la regia di Alessandro Gassmann. Siamo nell’Ospedale Psichiatrico di Aversa nel 1982 e un velatino onnipresente aiuta la scenografia di Gianluca Amodio con le videografie di Marco Schiavoni. La scena si apre negli ambienti comuni del reparto con i due infermieri che puliscono lo spazio ed uno dei due, Renato Bisogni che balla e canta “Rumore” si sente e si prepara ad essere la nuova Raffaella Carrà nello spettacolo del centro di cura mentale per le festività natalizie, ma siamo solo a giugno, un po’ in anticipo come gli fa notare l’altro, Antimo Casertano, Lorusso è il personaggio che interpreta.

Il linguaggio dialettale napoletano, i modi di fare e di dire, il contesto temporale e culturale, portano la vicenda ai nostri giorni e rendono il tutto più coinvolgente per un numeroso pubblico in sala. Il primo ad entrare in scena è un gigante, di colore, Ramon Machado, il cui attore è magistrale ovvero Gilberto Gliozzi. È un buono sempre seduto in un angolo, è sordomuto. La caposala Suor Lucia, il volto è quello arcigno di Viviana Lombardi, bravissima, ed è meglio farsela amica che nemica, chiama i pazienti in sala da giorno per le terapie e la rappresentazione ha inizio.

Due tavolini e sette sedie eccoli entrare sono sette ‘pazzarielli’, così come li chiama Dario, ultimo arrivato ed ultimo ad entrare Dario Danise, era Jack Nicholson o Randle Patrick McMurphy, nel film, un’eccelsa presenza attoriale, interpretativa e caricaturale quella di Daniele Russo. Questi sono i pazienti acuti e poi sul ballatoio sei porte per i pazienti cronici. Siamo all’epoca dei mondiali e l’ultimo arrivato vorrebbe vedere in tv le partite dell’Italia e si ribella ai soli telegiornali che prevedono le regole della struttura. La voglia di normalità mette nel centro le diversità e tante sono le tipologie che incontriamo tra i personaggi, la balbuzie, l’omosessualità, la malattia del sordomuto, la paura del mondo, il disagio interiore, l’abuso di potere, la privazione della libertà personale.

Combattere queste altre forme di normalità curate come pazzia è l’intento del messaggio cui mira Alessandro Gassmann e nel protagonista Dario converge la ribellione alle dinamiche interne dell’ospedale e la conseguente voglia di partecipazione che da lui matureranno gli altri pazienti. Quindi una festa notturna con tanto di prostituta. Titty Love, interpretata da Gaia Benassi, il conseguente elettroshock a carico di quegli, il tentativo di strangolamento di Suor Lucia, ormai sua carceriera, la successiva lobotomia, il suicidio di uno dei pazienti, e quindi la riduzione a vegetale per il ribelle colpevole. I ‘pazzerielli’ e Ramon per ridargli dignità lo soffocheranno con un cuscino. Quest’ultimo il gigante buono riuscirà a sollevare la statua della Madonna ad ornamento della sala da giorno e a scagliarla contro le finestre e prendere il volo sul ‘nido del cuculo’ e creare negli altri pazienti il desiderio di libertà.

Le videografie creeranno il fascino di un finale a vetri in frantumi sugli spettatori dopo 160 minuti, quasi tre ore, in una tragedia più che spettacolo, in un kolossal più che teatro e genereranno l’appaluso del pubblico, mentre le immagini simuleranno il gigante che cammina nella platea divenendo sempre più alto fino a ridursi a solo piedi.