
[rating=4] Un uomo seduto quasi di spalle al pubblico, con una flebile e fredda luce azzurra che lo illumina appena. Domande a cui non sa rispondere, semplici per tutti ma non per lui. “come si chiama l’arnese per girare la minestra?”, “come si chiamano i sette nani?”. Questa è la suggestiva scena iniziale, un interrogatorio, dello spettacolo “la versione di Barney” al teatro Dehon di Bologna. L’Alzheimer entra subito in scena, si materializza nei perfetti movimenti delle mani e di tutto il corpo del protagonista, ma anche nelle risposte vaghe e quasi stizzite che gli vengono estorte con la forza: “ricordo tutto, ma non quello!”.
Barney è obbligato a fare un’altra cosa: un suo vecchio amico ha appena pubblicato un libro dove lo accusa, tra le altre cose, di essere un assassino. Lui allora deve raccontare tutta la sua vita, rispondere colpo su colpo ad ogni accusa mossagli, presentandoci così la sua versione dei fatti. E inizia dai suoi matrimoni, dalle giornate passate al bar ad ubriacarsi e agli stratagemmi per farsi perdonare, dalle mille donne e amanti che ha avuto, dai dirompenti colpi di fulmine per una donna che divenivano subito dopo indifferenza, e insieme a questi alcuni fatti drammatici, come quando trova la sua prima moglie suicida solo perché non gli era stato recapitato il biglietto di richiesta di aiuto in tempo. Tutti questi aneddoti, dal più tragico al più frivolo, sono raccontati con il medesimo stato d’animo, come ad evidenziare che il tempo trascorso ha diluito le emozioni provate, ma anche che la disperazione e la coscienza sporca spesso sono state sottoposte al potere smacchiante dell’alcool. I moltissimi flashback della narrazione, che si avvalgono della proiezione di video molto ben realizzati, sono intervallati da divagazioni, prove e test che lo stesso Barney si autoinfligge per controllare la progressione della malattia. Ed è proprio questa che, nel testo originale, porterà a racconti sempre più mixati e ingarbugliati, l’uno che entra caoticamente nell’altro, cosa che purtroppo non si è vista nello spettacolo, dato che in poco meno di un’ora e mezza avrebbe solo disorientato il pubblico. In uno di questi flashback forse troppo nitidi, facciamo la conoscenza di Boogie, “uno che ogni tanto spariva e poi tornava”, e della cui sparizione appunto è accusato Barney. Questi si limita semplicemente ad attendere che l’amico ritorni, come aveva già fatto altre volte. Intanto ci racconta della sua terza moglie, dalla quale ha avuto tre figli con i quali non è in ottimi rapporti, e che ovviamente lo ha mollato e convive con un altro uomo, anche se lui continua a considerarla “sua moglie”.
Nell’ultimo e più onirico video-flashback lo stesso Boogie svelerà come sono andate realmente le cose.
E’ inutile evidenziare come la totale mancanza di valori, l’indifferenza verso i sentimenti delle donne, apprezzate solo per il benessere momentaneo, e la superficialità di Barney che non perde occasione per rifugiarsi nell’alcool, lo condannano nella sua attuale situazione, un vecchio solo e malato, evitato dai figli e anche da “sua moglie”. Comunque la sua colorata ed invidiabile vita merita davvero di essere raccontata, ha avuto molte donne bellissime, ha viaggiato molto, ha preso sempre il meglio dalle situazioni e ha vissuto ogni istante nella sua interezza. Il testo non si sbilancia in giudizi, e, un po’ come faceva Bukowski, ci suggerisce un messaggio importante: chi nasce quadrato non può diventare tondo, Barney non può snaturarsi ed essere diverso da quello che è, come lui stesso si definisce: “Verme! Sempre stato e sempre sarò!”
Antonio Salines è bravissimo nei panni di Barney, regge perfettamente un lungo monologo quasi statico, interrotto solo dai video che però commenta e che rende propri parlandoci sopra e gustandoseli. Oscilla fra la sua triste condizione attuale e il suo “glorioso” passato, e tocca moltissime corde attoriali, dalla rabbia alla rassegnazione, dal disgusto per la vecchiaia all’energia dei suoi ricordi. La scenografia praticamente inesistente e l’uso delle luci soft con momenti di quasi buio, indirizza tutta l’attenzione sul protagonista, che non sbaglia praticamente niente. Quale miglior modo per Salines di festeggiare i 50 anni sulle scene?!