LA CENA DELLE BELVE | Metti una sera del ’43 con 7 amici (o presunti tali)

Arriva al Teatro Carcano di Milano lo spettacolo scritto da Vahè Katchà e vincitore in Francia di tre Premi Molière . In scena fino al 19 gennaio.

La cena delle belve

Dopo molteplici trasposizioni teatrali in Francia ed una versione cinematografica, sbarca al Teatro Carcano di Milano La cena delle belve, tratto dalla pièce Le repas des fauves, scritta nel 1960 da Vahè Katchà e successivamente rielaborata da Julien Sibre.

Frutto dell’ adattamento di Vincenzo Cerami è invece la versione italiana della storia, ambientata nella Roma occupata dai nazisti del 1943. Protagonisti un gruppo di amici che si ritrova a cena a casa del libraio Vittorio per festeggiare il compleanno della moglie Sofia. Putroppo l’omicidio di due soldati tedeschi, proprio davanti alle finistre dell’appartamento che ospita i sette amici, interrompe la convivialità, scatenando la rappresaglia delle SS che decidono di prendere due ostaggi da ciascun appartamento della palazzina. Tuttavia Kaubach, il comandante tedesco che guida l’operazione, essendo un assiduo frequentatore della libreria di Vittorio, decide di concedere al gruppo di amici una macabra cortesia: lasciare piena autonomia su chi tra loro deve essere consegnato come ostaggio.

Da questo momento inizia la cena delle belve, in cui ogni commensale è allo stesso tempo potenziale vittima e carnefice, dimentico dei proclami di eterna amicizia fatti fino a poco tempo prima.

Vengono così fuori meschinità e segreti che dovevano restar tali per evitare insanabili liti, il tutto condito da un dark humour che prova a stemperare la crescente tensione che va in scena al passare del (poco) tempo concesso da Kaubach al gruppo di amici.

A trasformare la drammaturgia di Katchà in una ben oliata messinscena ci pensa poi un cast affiatato e che interpreta una serie di personaggi diversi per estrazione, ma simili per umanità: dal medico pavido e collaborazionista interpretato da Gianluca Ramazzotti allo spregiudicato affarista di Maurizio Donadoni, pronto a tutto pur di aver salva la sua preziosa vita.

Per quanto riguarda il comparto scenotecnico, si contraddistingue soprattutto per l’utilizzo di disegni animati in bianco e nero usati per rappresentare quanto avviene fuori scena, facendo di necessità virtù ed evitando di lasciare all’immaginazione dello spettatore alcuni passaggi cruciali.

Grazie a questo mix di ingredienti lo spettacolo, la cui regia è curata da Virginia Acqua, regala al pubblico in sala due ore di riflessioni, senza troppi fronzoli, sui meandri dell’ animo umano, portandolo inevitabilmente a porsi la fatidica e scomoda domanda: cosa avrei fatto io al loro posto?