Il vecchio fango: un’esperienza di teatro sensoriale

Lo spettacolo da vivere del Teatro dei Sensi Rosa Pristina in scena al Napoli Teatro Festival Italia fino al 14 luglio

[rating=4] Il Teatro dei Sensi Rosa Pristina torna a Napoli in occasione del Napoli Teatro Festival 2016 portando fino al 14 luglio lo spettacolo individuale dal titolo Il vecchio fango nella suggestiva location del Museo Diocesano.

La compagnia nasce nel 2009 a Napoli, sotto la direzione di Susanna Poole, per continuare la sperimentazione intrapresa nella città da Enrique Vargas con il Teatro de Los Sentidos, col quale ciascun membro ha collaborato partecipando a laboratori e spettacoli come Oracoli (2001), Cosa deve fare Napoli per rimanere in equilibrio sopra un uovo (2008), Punti di Vista (2010), Fermentaciòn (2011-2012).

L’idea che è alla base del progetto teatrale è narrare allo spettatore una storia attraverso stimoli sensoriali: non più la staticità del teatro, ma la dinamicità di uno spazio in cui potersi muovere guidati dagli attori da cui giungono suggestioni sonore, olfattive e tattili la cui percezione è amplificata dall’oscuramento della vista.

Il vecchio fango

La storia che racconta Il vecchio fango è quella di un piccolo paesino di campagna, è la poetica del villaggio, perché «ciascuno di noi ha impressa un’immagine di che cosa sia la vita in un paese molto piccolo. Un’immagine archetipica che ci viene tanto da fatti e esperienze concrete quanto dalla letteratura e dai sogni», come si legge in una dichiarazione della compagnia.

Lo spettatore entra da solo in un antro buio dove si scorge la figura di una donna che lavora la creta e che l’invita ad accomodarsi sulla sedia posta davanti a lei, spiega che quello è un piccolo villaggio, lo mostra in una riproduzione in miniatura e poi porge al visitatore una benda nera per coprirsi gli occhi. Da quel momento inizia il viaggio per esplorare il paesino (e se stessi).

Figure archetipiche accompagnano l’avventore bendato e spaesato, prendendolo per mano: la vecchietta del paese, la ragazzina che fa giochi proibiti, la prostituta da cui tutti in privato vanno ma che pubblicamente disprezzano e il medico che “t’ha visto nascere”.

Ognuno racconta un pezzo della propria storia, contribuendo a creare l’immagine soffocante di un paesino in cui tutti si conoscono e niente può essere fatto senza subire il giudizio degli altri. Non dirò cosa accade lì dentro, né come finisce il percorso perché sarebbe cattivo nei confronti di chi forse avrà il piacere di prendere parte allo spettacolo, ma qualche considerazione posso farla senza svelare troppo.

Lo spettacolo è suggestivo e l’essere temporaneamente ciechi crea una condizione di profondo disagio, ci si sente esposti e si finisce per aggrapparsi a quella mano, ogni volta diversa, che prende la tua per guidarti dove non si sa.

Il fatto di non vedere dove ci si trova e con chi, gli stimoli sensoriali a cui si viene sottoposti (suoni, odori, sensazioni tattili) risultano amplificati a tal punto da far dimenticare lo scopo primo o almeno quello proclamato, ovvero far capire come si vive in un piccolo villaggio.

Il vecchio fango

In una dichiarazione del Teatro dei Sensi Rosa Pristina si legge che lo spettatore privato della vista ricorre ai ricordi dell’infanzia e all’immaginazione per ricostruire ciò che lo circonda, ma tale operazione risulta estremamente difficile nel momento in cui si è sopraffatti da una serie di emozioni che non riguardano quello che succede all’esterno ma quello che sta succedendo all’interno di noi stessi. Non so se le sensazioni sono diverse e la razionalità maggiore per chi è già abituato a questo tipo di spettacolo, ma per me, che vivevo per la prima volta quell’esperienza, è stato difficile distogliere l’attenzione dalle sensazioni corporee e concentrarmi sull’ambientazione che mi veniva descritta.

Per questo motivo penso che un tale tipo di tecnica teatrale sia “troppo forte” per riuscire a pieno nell’intento di raccontare una storia, ma allo stesso tempo ritengo che valga assolutamente la pena partecipare a questo spettacolo, anche solo per mettersi in gioco e capire come il nostro corpo e la nostra mente reagisce in una situazione lontana dall’abituale comfort zone in cui ci si trova per la maggior parte del tempo.

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