Il falò delle banalità di Andersen 2014

[rating=1] Il canto di sirena di Hans Christian Andersen adesca il pubblico verso le sue fiabe, filtrate con sguardo contemporaneo e tradotte nello spettacolo Andersen 2014. Fiabe che non sono favole di Emanuela Ponzano. Parafrasandone il sottotitolo, quello che si è visto alla prima nazionale presentata al Fabbricone di Prato, è uno “spettacolo che non è Teatro”, almeno quello con la “T” maiuscola, che normalmente alberga nell’ex fabbrica pratese, da anni casa di ricerca e sperimentazione.

«A chi vuoi che interessi oggi delle mie fiabe?»
Sulla scena lo scontro tra un disilluso scrittore e la sua ombra, richiama in vita le fiabe di Andersen, che riaffiorano da un enorme camino, intrise di temi odierni per niente celati e decisamente abusati.

La diversità, il macabro, l’idilliaco, il doppio, la morte e la vita, tutti elementi cardinali dell’opera dello scrittore di Odense, vengono riletti nei racconti dei personaggi in scena, come: La piccola fiammiferaia, Il brutto anatroccolo, Le scarpette rosse, I vestiti nuovi dell’imperatore, Il soldatino di stagno, La sirenetta ed altri.
La decostruzione delle fiabe ai danni della realtà avviene in uno stancante andirivieni, dove gli attori si alternano in scena in monologhi isolati, colmi di narcisismo e scarni di spessore.

Un'immagine dello spettacolo "Andersen 2014"

«C’era una volta la fantasia» invoca lo scrittore, la stessa che manca alla regia rammendata di Emanuela Ponzano, priva di trovate sceniche originali, finisce per avvolgersi su se stessa in interminabili entrate/uscite di attori, orchestrati didascalicamente come burattini da saggio laboratoriale.
A questo si sommano l’uso “tappa buchi” e “strappa emozioni” di un comunque buon impianto sonoro, e un disegno luci “accendi/spengi” reiterato come tutto l’allestimento.
Dulcis in fundo il cast di attori della Compagnia Kaos di Roma, che non appare in grado di trasmettere quella realtà dalla quale Andersen attingeva per le sue storie. Una recitazione spesso caricaturale e farsesca, con cambi emozionali senza respiro, strillati e troppo fugaci per emozionare.

C’era una volta il teatro.
Un testo confuso, prosaico e monotono, una regia incolore e prevedibile, delle interpretazioni artefatte e pedisseque, liquefanno la magia e la poesia anderseniana. Un falò lancinante di logore banalità arde oltretempo, spargendo ceneri retoriche di niente, evanescenti come fumi ed ombre di palcoscenico.

2 COMMENTI

  1. Ho visto lo spettacolo dedicato ad Andersen e l’ho trovato molto valido e godibile, ricavandone quindi un’impressione ben diversa da quella del Sig. Gonnelli; l’acredine verso questa pièce che emerge dal suo commento alla stessa appare quindi decisamente inspiegabile e fuori luogo.

    • Sinceramente non trovo fuori luogo la critica: mio malgardo ho assistito per curiosità allo spettacolo, uscendone deluso. Mi è parso decisamente da compagnia amatoriale.

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