
In 40 minuti si possono fare “Cose” interessanti, per citare il titolo della performance di Deflorian/Tagliarini – per la precisione Rzeczy/Cose. Una performance del 2011 che è anche una sorta di installazione, dedicata agli oggetti che affollano le nostre case, sottofondo simbolico di un’epoca privata, insignificante, a volte tragica. Scatoloni pieni, cose sparse per il pavimento, di plastica o mai usate, antichi cimeli o bellezze inutili che affollano anche la Sala del Camino di Castello Pasquini, luogo in cui è accolta questa scenografia silenziosa, ma rumorosa di segni.
Nelle pause dell’attrice si insinua l’attore, e viceversa, entrambi quando assorti, quando intenti a raccontare un avvenimento, dal più fastidioso al più felice, con tonalità sempre naturali, colloquiali (in verità niente qui è lasciato al caso o all’improvvisazione); uniti nella costruzione di un non-spettacolo, un non-teatro dove i pensieri parlati sembrano sgorgare senza intenzione.
Una particolarità, questa, che avvolge un duo di ricerca capace di creare una cupola dove pubblico e performer possano sentirsi una cosa sola, in uno scambio impalpabile ma reale. E senza la condizione di ascolto rapito e catturato, che Deflorian/Tagliarin sanno modellare, non ci sarebbero nemmeno le loro realizzazioni, che vivono di un’attenzione amplificata, fragile e trasparente.
Da Rzeczy/Cose è nato nel 2012 Reality, anch’esso ispirato ai diari privati di una casalinga polacca, Janina Turek. Una donna che per anni ha riempito interi quaderni di dettagli e particolari della sua giornata, senza commentare, senza lasciare alcuna traccia emotiva. Elenchi di fatti banali e minimi, che hanno fatto pensare a Deflorian/Tagliarini quanto il superfluo nasconda strati di dolore.
Quello che forse manca, qui, rispetto ad altri lavori, è un senso di profondità ancora più forte, uno scavo ancora più prepotente in una vita. Si accenna solo fugacemente a un matrimonio infelice, o al perché una donna nasconda questa ossessione per il reportage freddo di fatti ordinari.
Il disordine della scena, calcolato in modo accurato, aiuta la rievocazione di un caos interiore, di un eterno trasloco, ma senza indagare fatti più imbarazzanti, o destabilizzanti.
In uno stato di grazia, comunque, l’equilibrio tra verità e finzione, che Deflorian e Tagliarini sanno sempre plasmare.