Il rischio delle ideologie: da Platone a Hitler, la Repubblica di Nedjari

Al Teatro Carcano di Milano il nuovo spettacolo di Omar Nedjari

La repubblica
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Cosa si cela dietro le ieratiche riflessioni della Repubblica platonica? Quali sono le necessità che spingono l’uomo a fondare una società? Sono queste le questioni nodali a cui cerca di rispondere Omar Nedjari nel suo nuovo spettacolo, La Repubblica, andato in scena al Teatro Carcano di Milano dal 5 al 7 febbraio.

Il regista sceglie di rileggere l’omonimo dialogo filosofico di Platone in una prospettiva decostruzionista e ironica. Appena le luci di sala si spengono e cala il silenzio fra il pubblico, gli attori sul palcoscenico allestiscono una danza tribale che rievoca atmosfere preistoriche: una sorta di caos ante-storico in cui la collettività non conosce ancora il linguaggo. Segue poi una dissertazione teoretica – lunga tutto lo spettacolo – in cui i coinvolti si interrogano su quale sia il sistema di governo giusto per una società ideale. Seduti su lunghe casse dipinte di bianco, una sorta di marmorea agorà, i personaggi dibattono animatamente di politica e di giustizia davanti a utopici cieli azzurri proiettati sul fondale.

La reinterpretazione del testo gioca chiaramente sugli estremismi e i paradossi insiti negli interventi dei vari filosofi. Attraverso una comicità grottesca e irriverente, si passa dalla posizione affabulatoria ma inconsistente del vecchio Socrate (Sergio Longo) a quella polemica e rivoluzionaria del giovane Trasimaco (Marika Pensa), sino ad arrivare alla vana sintesi razionale e disumana proposta da Platone (Giuseppe Sartori).

Il primo, dalle cui labbra ci aspetteremmo tutti pendano, è qui reso come un vecchio disilluso, un po’ burbero un po’ giocherellone, in ogni caso incapace di credere a ciò che lui stesso dice. Quest’anziano filosofo che sa di non sapere pone domande alle cui risposte sembra totalmente disinteressato: e infatti mentre tutti discutono lui russa e sonnecchia. Di contro Trasimaco è un giovane agguerrito, pronto a contrapporsi ai poteri forti ma incapace di dare forma concreta alla sua rabbia antisistemica: non riesce a far valere le sue idee all’interno del ‘Parlamento’ e, tacciato di sovversione, viene immobilizzato e ammutolito dalla folla.

L’unica proposta efficace sembra essere allora la determinazione demiurgica di Platone, il quale propone di porre al comando del sistema un filosofo. Il sole della dialettica e della razionalità nasconde però una zona d’ombra da cui nascono i più temibili mostri. Quando Platone immagina una società composta solo da cittadini sani, uno degli astanti a questo Parlamento informale (Alex Cendron) conduce questa dialettica fino alle estreme conseguenze e finisce per trasformarsi in Adolf Hitler: munito di svastica al braccio e rivoltella in mano, l’uomo inneggia alla violenza, all’eugenetica, allo sterminio razziale. Forse aveva ragione Trasimaco quando a inizio spettacolo aveva lanciato una provocatoria definizione di giustizia: il giusto è la volontà del più forte, ciò che conviene a chi sta al potere.

La pluralità dei punti di vista – già presente nel dialogo platonico – nello spettacolo viene arricchita dall’inserimento di innumerevoli estratti di opere della tradizione occidentale: da Shakespeare a Aristofane arrivando al culmine paradossale col celebre Mein Kampf hitleriano, si compone un mosaico testuale variopinto e dai colori accesi e stridenti. Questo sforzo avviene anche concretamente sul palcoscenico tramite la costante rimodulazione scenografica: i bianchi volumi che formano l’apparato scenico vengono di volta in volta riposizionati dal coro – composto da studenti dell’Università degli Studi di Milano e allievi della Scuola Galileiana di Padova – per comporre una planimetrica cittadina sempre rigenerata.

Sebbene l’opera sia pervasa da un’efficace irriverenza politica, talvolta punteggiata da rimandi al contemporaneo (emerge un urlo in Parlamento: «sono una donna, sono greca, sono pagana»), le posture assunte risultano così abbozzate da impedire un concreto discorso critico sulla realtà. Da un punto di vista stilistico, invece, troviamo uno sforzo agglomerante in cui i vari stili proposti sembrano poco integrarsi l’uno con l’altro, tanto da dare l’idea che su un unico palco si alternino spettacoli totalmente diversi. Personaggi in snickers giustapposti ad altri con la toga e altri in divisa militare declamano senza continuità logica dialoghi filosofici, testi teatrali, trattati politici. Come se non bastasse, la musica incalza questa bizzarro pluristilismo alternando brani pop e canti gregoriani a rap scalcagnati. Insomma, un pastiche provocatorio che diverte molto, ma che convince solo in parte.

PANORAMICA RECENSIONE
Regia
Attori
Drammaturgia
Allestimento scenotecnico
Pubblico
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il-rischio-delle-ideologie-da-platone-a-hitler-la-repubblica-di-nedjariLA REPUBBLICA da Platone e Aristofane, Euripide, Eschilo <br>Regia e drammaturgia: Omar Nedjari <br>Assistente alla regia: Michele Iuculano <br>Scene e costumi: Ortiche Studio, Alice De Bortoli <br>Assistenti ai costumi e alle scene: Paola Grandi, Silvia Civran, Barbara Medeiros <br>Disegno luci: Roberta Faiolo <br>con: Alex Cendron, Sergio Longo, Stefano Orlandi, Marika Pensa, Giuseppe Sartori <br>Coro: Giacomo Angioletti, Anna Benedetta Battaia, Serena Krusa, Jacopo Militello, Leonardo Matera, Francesca Mele, Sofia Costanzo, Patrizia Salis, Sofia Genovese, Tommaso Di Bernardo, Giovanni Palazzo. <br>Nuova traduzione dal greco curata da: Andrea Capra e Giuseppe Zanetto <br>con gli studenti dell’Università degli Studi di Milano: Penelope Volpi, Daniele Piccitto, Matteo Rinaldi, Matteo Ciocca, Jacopo Militello e con il contributo degli allievi della Scuola Galileiana di Padova. <br>Co-produzione ARCUS Compagnia Università degli Studi di Milano e ATIR TEATRO con il sostegno di TEATRO CARCANO MILANO

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