Cose che sappiamo, verità che neghiamo

Andrew Bovell e il fragile equilibrio di una famiglia sul punto di crollare

Cose che so essere vere © Virginia Mingolla
Cose che so essere vere © Virginia Mingolla

Ci sono cose che sappiamo essere vere e verità che, per proteggerci, scegliamo di negare. Andrew Bovell, drammaturgo australiano, con la sua scrittura tagliente e profondamente umana, incarna questa tensione, scavando nei silenzi e nei non detti di una famiglia destinata a crollare sotto il peso delle proprie illusioni. Cose che so essere vere (Things I Know to Be True) è un dramma familiare di rara intensità, dove l’amore si confonde con il controllo, e la felicità si rivela un miraggio eretto su fondamenta troppo fragili.

Nella versione diretta da Valerio Binasco, andata in scena al Teatro Metastasio, la casa della famiglia Price diventa un microcosmo in cui ciascun membro lotta per definirsi oltre il ruolo assegnatogli. Bob e Fran, genitori che hanno investito ogni energia nei figli, vedono il loro universo collassare con il ritorno di Rosie, la più giovane, che, entrando nella casa, rende evidente il progressivo crollo delle certezze familiari. Giuliana De Sio offre un’interpretazione sfaccettata e intensa, dando vita a una madre combattuta tra il desiderio di proteggere e la necessità di riscattare se stessa, mentre Valerio Binasco, oltre a dirigere, interpreta con grande misura un padre disorientato dall’inevitabile mutamento. Anche i giovani attori che interpretano i quattro figli si contraddistinguono per una recitazione incisiva e ricca di sfumature: Fabrizio Costella (Ben), Giovanni Drago (Mark/Mia), Giordana Faggiano (Rosie) e Stefania Medri (Pip), danno corpo alle contraddizioni e ai turbamenti interiori dei loro personaggi con una sensibilità espressiva e un notevole senso del ritmo drammatico.

Cose che so essere vere © Virginia Mingolla
Cose che so essere vere © Virginia Mingolla

La regia di Binasco opta per una messa in scena essenziale, lasciando che dialoghi e interpretazioni siano i veri protagonisti della narrazione. La scenografia, costruita attorno a una pedana rotante posta al centro della scena, svela progressivamente elementi di arredo domestico – dalla tavola da pranzo alla cucina, da un divano alle piante che evocano il giardino – suggerendo il continuo mutamento delle dinamiche familiari, come le stagioni che scandiscono il passare del tempo, e trasmettendo un palpabile senso di precarietà.

Il cuore pulsante della storia è Fran, la madre, la figura più complessa e tormentata del dramma. Il suo amore incondizionato si scontra con una profonda crisi interiore, portandola sull’orlo di una scelta estrema: abbandonare tutto. Questo istante segna il punto di rottura per la famiglia Price, costretta a confrontarsi con una verità scomoda e destabilizzante. Bob, incapace di accettare la frattura, cerca disperatamente di ricostruire ciò che ormai è irrimediabilmente perso, mentre i figli, ciascuno a modo suo, si confrontano con la consapevolezza che le fondamenta della loro esistenza erano ben più fragili di quanto immaginassero. Il finale, drammatico e spiazzante, lascia lo spettatore con una sensazione di vertigine, invitandolo a riflettere sulla labilità delle verità a cui ci aggrappiamo.

Cose che so essere vere © Virginia Mingolla
Cose che so essere vere © Virginia Mingolla

Il testo di Bovell colpisce per la sua capacità di narrare il dolore con una lucidità disarmante, priva di melodrammi. Il suo significato più profondo risiede proprio nel contrasto tra le aspettative familiari e l’inevitabile trasformazione individuale. La struttura narrativa, che muta punto di vista attraverso gli occhi dei quattro figli, rende il dramma ancora più stratificato, restituendo il senso di soffocamento di chi si trova a fare i conti con aspettative ingombranti.

Un po’ come in Pinter, dove il non detto si carica di tensione e trasforma la casa da rifugio in una prigione, così l’eco di Bovell si fa sentire nelle disillusioni di Miller e nelle febbri emotive di Williams, maestri nel raccontare famiglie sull’orlo della frattura. Cose che so essere vere percorre la stessa traiettoria, indugiando sull’istante in cui le maschere si sgretolano e le verità sommerse riemergono, inesorabili, travolgendo chi per troppo tempo ha creduto di poterle custodire.

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