BeatleStory – The Fabulous Tribute Show

[rating=3] E’ il 27 giugno 1965 quando il quartetto di Liverpool si esibisce a Roma, al cinema Adriano. Il caldo romano non perdona, dentro la sala si soffoca, gli altoparlanti sono troppo alti e il pubblico inferiore alle aspettative.

Poco lontano da lì, c’è un locale che è nato qualche mese prima: il “Piper club”. Un posto insolito, pieno di macchine strane, una buca dell’eco, qualche dipinto di Warhol e altre tele di artisti sconosciuti. Un posto dove si suona musica beat, dove si ama la musica live.

Gli “scarafaggi” non verranno più a Roma e dello “zampognaro” non sapranno nulla. A “rimediare” ci pensa il “BeatleStory“, un concerto – show sulle note dei ragazzi di Liverpool, che celebra contemporaneamente i 50 anni dei Fab Four in Italia e l’anniversario della nascita di uno dei locali più famosi d’ Italia.

Musica, immagini e video d’epoca fanno viaggiare a ritroso nel tempo. E’ il clima sornione della Swinging London di Carnaby Street e Countdown; è il viaggio psichedelico di Sgt. Pepper; sono le atmosfere hippy del “Magical Mistery Tour” che anticipa Woodstock; è la fine del sogno e l’esplosione delle proteste giovanili contro la guerra in Vietnam del “White Album” e di “Let it be”.

Dal 1962 al 1970 Beatles e storia si confono in un’unica amalgama. Lo show inizia con una a day in the life in sottofondo e poi si parte con I saw her standing there, pezzo in puro stile rock’n’roll che apre l’album Please, Please, me.

Segue Please, Please Me, il pezzo giovanile scritto da Lennon quando ancora abitava con la zia Mimi, primo singolo di successo della band. Proseguono con I wanna hold yours hands, A hard day’s night, Can buy me love e intanto alle spalle dei quattro musicisti scorrono le immagini del loro tour negli Stati Uniti degli stadi, della folla delirante.

Poi “Paul” viene lasciato solo sul palco e si lancia in una struggente Yesterday e quasi non si nota che non è mancino e che al posto del quartetto d’archi c’è una base registrata. Si continua con Ticket to ride, Drive my car, Day Tripper. Si abbassano le luci, escono e rientrano: si sono trasformati nei “cuori solitari” del Sergent Pepper.

Accordano gli strumenti e comincia a cantare Ringo con With a little help from my friends, poi arriva finalmente Lucy in the Sky with diamonds e sembra quasi di vederla questa bimba che vola in compagnia dei suoi diamanti, mentre più in giù, un piccolo Julian la guarda affascinato e con le mani cerca quasi di afferrarla.

Un rapidissimo omaggio a Revolver con Eleanor Rigby, prima di essere scaraventati a Liverpool dove tutto era cominciato con Strawberry field forever e Pennylane. Nella prima John rievoca il suo giardino segreto, nell’altra Paul ricorda il posto dove prendeva l’autobus per andare a casa di John.

Il pubblico li segue ed è negli occhi di chi c’è stato che capisci che sono credibili. In prima fila un John sessantenne, simile a quello che marciava chiedendo la pace a New York, con basette, occhiali e stivaletti, canta a bassa voce, ammicca, fa qualche sorriso e si commuove.

BeatleStory - The Fabulous Tribute Show

Lo show infatti funziona e i quattro musicisti, al secolo Roberto Angelilli, Patrizio Angeletti, Claudio Iemme, Armando Croce sono piuttosto bravi e convincenti ma ancora inesperti per cimentarsi con il White album e Revolver, che infatti vengono soltanto sfiorati.

Intanto escono e, come nella migliore tradizione, rientrano. Riaprono con Come together, segue Somenthing e Back in the URSS, poi il finale che affidano a Here comes the sun, alla poco beatlesiana Let it be e infine alla struggente Hey Jude. E per un attimo sembra di essere dietro a quel pianoforte dove Paul la fece ascoltare a John per la prima volta e forse chissà anche il vecchio John, che nel frattempo è sparito, si è commosso sentendo che “the mouvement you need is on yous shoulder”.

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