
Una produzione fresca e giovanile quella che ha visto protagonista L’amico Friz di Pietro Mascagni nella suggestiva cornice del Lago Alberto di Guasticce per il Mascagni Festival, sotto la direzione di Gianna Fratta e la regia di Giulia Bonghi.
La seconda opera del compositore livornese andata in scena per la prima volta al teatro Costanzi di Roma il 31 ottobre 1891 con un fulmineo successo caduto poi in un altrettanto rapido oblio, è una delle opere dove la critica dell’epoca si vide più divisa, tra i favorevoli e i più acerrimi contrari. Si tratta di un soggetto semplice, definito non a caso da Giuseppe Verdi “…mai letto un libretto scemo come questo”, ma al di là della frivolezza della trama, è la musica l’indiscussa protagonista, e come afferma Gustav Mahler, che molto apprezzò l’opera, “Considero L’amico Friz un deciso passo verso il dopo Cavalleria (…) avendo compreso le sue sottigliezze e le sue difficoltà d’esecuzione”.
Dell’opera, infatti, è apprezzabile il melodismo fine ed intimistico, quell’orchestrazione raffinata capace di dipingere con pennellate tenui e impressionistiche un mondo arcaico e bucolico, dove risiede una giovinezza lirica e ariosa, “per cuori buoni” come scrisse lo stesso Mascagni all’editore Sonzogno a proposito dell’opera, dietro cui si cela tutta la sua complessità. La partitura è ricca di perle d’effetto come l’accattivante intermezzo, ben orchestrato da Gianna Fratta alla guida dell’Orchestra del Teatro Goldoni, o la sviolinata zigana dello zingaro Beppe, ben interpretato da Mana Yamakawa, dalla voce profonda seppur un po’ impastata. Bella prova per i solisti selezionati dalla Mascagni Academy: Carmen Lopez è una Suzel intima e genuina, ora seducente nel Duetto “delle ciliegie”, ora passionale nel duetto finale, dal timbro limpido e la voce fresca, giovane ma con ottime carte per il futuro. L’accompagna Fabio Serani nei panni del protagonista Fritz, dalla bella presenza e voce rampante, un po’ troppo tirata negli acuti. Buona prova anche per il rabbino David, ovvero Luca Bruno, una figura in sordina ma che acquista forza nel duetto “Faceasi vecchio Abramo”. Sono buone spalle anche gli amici goliardici di Friz, ovvero Tiziano Barontini e Alessandro Martinello, rispettivamente nei panni di Federico e Hanezò.
La regia di Giulia Bonghi, scelta dall’Accademia dell’Opera di Verona, è asciutta e ben si sposa con la freschezza dell’opera, un po’ troppo didascalici e pruriginosi soprattutto negli intrecci di mani e affondamenti su collo e spalla le proiezioni videomapping a cura di Immersiva: se nei quadri più astratti risultano in dialogo fruttuoso con la più tradizionale scenografia, durante l’intermezzo si presentano come disturbanti.
Direzione idilliaca che si adagia sulle tinte pastello più tenui quella di Gianna Fratta, perfettamente seguita dall’Orchestra che dà il meglio di sé nell’intermezzo. Applausi per tutti.