
Una Madama Butterfly priva di orpelli e carica di tutta la sua tragicità novecentesca quella andata in scena al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, omaggio al centenario pucciniano, sotto la protagonistica direzione di Daniele Gatti e la regia di Lorenzo Mariani.
Daniele Gatti, al suo commiato dal ruolo di direttore principale del Maggio prima di assumere la guida della Staatskapelle Dresden, ha offerto una lettura musicale di straordinaria profondità. La sua direzione ha esaltato la natura tragica e novecentesca dell’opera, lasciando da parte i consueti languori della tradizione per una tensione sottile e mai concessiva, con tempi serrati e agogiche esasperate, capaci di creare un flusso musicale ininterrotto e carico di pathos. L’Orchestra del Maggio ha seguito con precisione e sensibilità ogni sfumatura del maestro, regalando momenti di intensa bellezza, come l’intermezzo centrale dal respiro epico.

La regia di Lorenzo Mariani ha puntato ad una rappresentazione stilizzata e simbolica. Le scenografie di Alessandro Camera, impreziosite dalle eleganti luci di Marco Filibeck, hanno giocato con veli e strutture sospese, suggerendo un ambiente onirico, che ha trovato il suo culmine nel secondo atto, dove la piattaforma sospesa che rappresentava la casa di Butterfly si è inclinata verso il pubblico, per quindi spezzarsi didascalicamente in due, a suggerire la frattura emotiva e psicologica della protagonista. I costumi di Silvia Aymonino hanno raccontato il percorso di Cio-Cio-San, culminando nella scelta di vestirla come Kate Pinkerton nel finale, sottolineando il suo tragico tentativo di adattarsi a un modello occidentale irraggiungibile: un doppio che in realtà lascia qualche dubbio.
Buona prova per il cast: Carolina López Moreno ha offerto un’interpretazione intensa di Cio-Cio-San con qualche tensione nei passaggi più estremi, e la ricerca di una palpabile trasformazione del personaggio, da giovane innamorata a madre disperata, seppur caricando un po’ troppo la fanciulla da giovane e passando repentinamente alla sua irrequieta maturità. Piero Pretti è un Pinkerton dalla voce limpida e sicura, che riesce a trasmettere una duplicità di leggerezza e cinismo. Menzione per Nicola Alaimo, un Sharpless di profonda umanità, efficace nel rendere la tensione emotiva con una vocalità rotonda e incisiva. Marvic Monreal è una Suzuki di grande forza, con un timbro scuro e omogeneo. Completano il cast Oronzo D’Urso come Goro, Min Kim come Yamadori e Bozhidar Bozhkilov come Zio Bonzo, tutti efficaci nel dare voce e presenza ai rispettivi personaggi.

Il coro, preparato da Lorenzo Fratini, ha dato una bella prova nel celeberrimo Coro a bocca chiusa, eseguito con delicatezza e intensità, con l’unica stonatura alla regia, che ha posto la protagonista col figlioletto e Suzuki in primo piano rivoti verso il pubblico, per lunghi momenti di staticità estrema privi di poesia.
Il pubblico del Maggio, accorso numeroso, ha regalato lunghi applausi entusiasti, riservando un’ovazione finale e meritata a Daniele Gatti.