
Tratta dalla celeberrima fiaba dei fratelli Grimm, Hänsel und Gretel è uno squisito spettacolo tutt’altro che infantile, anzi, caratterizzato da una musica delicatissima e intensa, da una drammaturgia serrata e da interessanti implicazioni simboliche.
Il libretto è di Adelheid Wette Humperdinck sorella del compositore, Engelbert, e si affida ad una versione pacata e onirica della fiaba popolare, scevra di contenuti troppo violenti o macabri e ricca di elementi magici.
Lo spartito, eccezionale esempio di romanticismo tedesco, fa i conti con la tradizione tedesca da Weber a Wagner e non per caso è il lavoro di Humperdinck più eseguito al mondo. Il sinfonismo denso di pathos si mescola con la grazia delle melodie popolari, la ricchezza di un’orchestrazione wagneriana si interrompe di fronte a fanciulleschi richiami onomatopeici.
Primo a dirigerla in Germania, a Weimar nel 1893, fu il compositore Richard Strauss, primo direttore in Italia, invece, l’immortale Arturo Toscanini, alla Scala nel 1902. Al Piermarini tornerà ancora, ma sempre nella traduzione italiana e solo quest’anno Hänsel und Gretel verrà cantata nella versione originale in tedesco.

La produzione è affidata all’Accademia del Teatro alla Scala e ai suoi giovani talenti dei Laboratori artistici e della Scuola di canto, sotto la guida del regista Sven-Eric Bechtolf e della docente di canto Eva Mei. Anche la buca d’orchestra ospita per l’occasione gli studenti scaligeri, diretti dal maestro Marc Albrecht.
Lo spettacolo, delizioso, fa il tutto esaurito ad ogni recita, e meritatamente.
Bechtolf sceglie di confondere le acque dell’ambientazione situando le vicende in una sorta di periferia urbana decontestualizzata e su un doppio binario narrativo: da un lato torme di senzatetto, cumuli di spazzatura e giacigli di cartone, dall’altro i costumi d’epoca dei protagonisti e la sgargiante ed emblematica casa di marzapane della strega cattiva. La fiaba è al contempo una denuncia del dramma della povertà che accomuna le epoche della storia umana e un racconto onirico, un sogno senza bisogno di specificazioni spaziotemporali.
Gli effetti teatrali rievocano tecniche classiche e ancora efficaci, come le quinte mobili con gli alberi enormi e i frutti e gli uccelli ugualmente smisurati, a rendere i due protagonisti minuscoli nella scena. Ma è sapiente anche l’uso degli strumenti più moderni, come le continue proiezioni video che animano la foresta, la città, la casetta stregata e pure gli “angeli”, ossia i clochard che vegliano sui due giovanotti.
La realizzazione dell’allestimento è straordinariamente bella ed efficace, nonostante la complessità e l’inesperienza delle giovani maestranze coinvolte, che con questo capolavoro hanno sicuramente segnato una svolta nel proprio percorso formativo.

Ugualmente eccezionale la prova dei giovani strumentisti dell’Orchestra dell’Accademia scaligera che cesellano la partitura senza la minima sbavatura. Commuovente la perfezione dell’esibizione del coro di voci bianche.
Menzione a parte per le voci talentuose che hanno raccolto i clamorosi tributi del pubblico.
Una compagnia di canto solida e affiatata, che impersona le difficili parti con piglio sicuro e tecnica precisa. Hänsel è Anna-Doris Capitelli, en travesti, Gretel Francesca Manzo, nei panni del padre Gustavo Castillo, in quelli della madre Chiara Isotton, la strega è infine Mareike Jankowski. Perfette nelle bravi apparizioni Enkeleda Kamani e Céline Mellon, i due folletti magici che assistono i ragazzi sperduti nella foresta.
Al termine di questa fiaba “di formazione” in musica, la sala della Scala si è infiammata di calorosissimi applausi a tutti gli artisti coinvolti.