Bastien und Bastienne firmata Valentino Klose

L’operina mozartiana, adolescenziale esperimento di singspiel del prodigio salisburghese, approda al Teatro LabArca

[rating=3] Delizioso il “Bastien und Bastienne” di Mozart allestito a Milano dal giovane regista Valentino Klose. L’operina mozartiana, adolescenziale esperimento di singspiel del prodigio salisburghese, è il primo spettacolo di questo genere che approda al Teatro LabArca, spazio insolito per la rappresentazione d’opera.

Bastien und Bastienne” impegna a dire il vero soltanto tre personaggi, i due protagonisti eponimi più il vecchio Colas, e in questa occasione è stata presentata nella riduzione per pianoforte solo: uno spettacolino adattabile a qualsiasi sala.

La storia della musica ci informa che sebbene Wolfgang Amadeus Mozart compose il singspiel a soli 12 anni nel 1768, bisognerà attendere fino al 1890 per la prima rappresentazione pubblica documentata. Il fatto non è semplice curiosità di cronaca ma appare invece notevole, poiché le prime battute della breve ouverture sembrano aver fatto da modello esplicito per la terza sinfonia di Beethoven del 1802-1805, il cui tema iniziale è straordinariamente simile, ma per il quale il compositore renano non può aver fatto riferimento allo spartito mozartiano.

In generale tutta la musica di questa operina è un esempio delle enormi potenzialità che Mozart già stava sviluppando nei primi anni di composizione operistica. In Bastien und Bastienne si intravedono segnali interessanti di sperimentazione e avanguardia rispetto allo stile galante e barocco delle sue composizioni coeve. Un esempio su tutti il tema pastorale dell’entrata in scena di Colas, talmente descrittivo ed espressivo che Mozart scrive accordi dissonanti che rammentino vividamente all’ascoltatore il suono di una zampogna contadinesca.

Una caricatura della tipica pastorale bucolica e armoniosa, in linea con l’intento parodistico del libretto. È noto, infatti, che gli autori Weiskern, Mueller e Schachtner si rifecero all’omonima pièce di Favart che riprendeva scanzonatamente la pièce di Rousseau “Le divin du village”. La commissione era di Franz Mesmer, figura emblematica e pittoresca di medico alchimista, studioso del magnetismo e fondatore della pratica pseudoscientifica cosiddetta mesmerismo, intimo della famiglia Mozart e che verrà poi scherzosamente citato nell’opera “Così fan tutte”.

La trama è semplicissima. La bella Bastienne è delusa dal suo Bastien, apparentemente scostante e disinteressato, e si rivolge al mago Colas, giunto a bella posta. Costui le consiglia di comportarsi con più leggerezza e freddezza. Bastien, a sua volta, viene falsamente informato da Colas che Bastienne ha un nuovo amante ma, con un (buffo) sortilegio, la sua magia la può riconciliare a lui.

Bastienne è decisa a comportarsi freddamente con Bastien, che crede invaghito di una castellana della cui amicizia lui stesso mena vanto. L’atteggiamento brusco della giovanetta piomba tuttavia il ragazzo nello sconforto, fino a fargli minacciare il suicidio. Inizialmente imperturbabile, Bastienne si lascia infine commuovere e cede al timore di perdere il suo amato. I due giovani, benedetti da Colas, possono così amarsi senza reticenze e impedimenti.

La scenografia di Valentino Klose è davvero essenziale e minima, fondata interamente su un’ambientazione evocata. L’intuizione del regista è di situare la vicenda nel quartiere Brera di Milano ai giorni nostri, tra giovani studenti della celebre Accademia di Belle Arti e un cartomante di strada: del tutto diverso dalla trama originaria bucolica e senza tempo, ma non per questo meno funzionale.

Le architetture sono solo tratteggiate da pannelli dipinti su uno sfondo nero e la scena è occupata soltanto dal banco di Colas, che la regia vuole truffaldino e burlesco. In generale lo stregone funge da stemperamento scherzoso nella storiella amorosa che i due litiganti svolgono quasi interamente da sé fino al completo lieto fine.

Molto bravi i giovanissimi artisti impegnati, in particolare i cantanti, che hanno dimostrato dimestichezza con il fraseggio e la tecnica dei virtuosismi vocali che la musica settecentesca richiede. Bene il pianista Gian Francesco Amoroso, che ha saputo calibrare dinamiche e andamento adeguandosi alle esigenze teatrali dell’occasione, riuscendo a rendere al meglio una riduzione per pianoforte che avrebbe potuto rischiare di perdere i colori della partitura.

Straordinaria la voce del basso Cesare Costamagna, Colas, sebbene forse avrebbe potuto spendersi in una recitazione più accattivante, in accordo con la parte anfitrionica assegnatagli dalla regia. Molto bravo il tenore Stefano Gambarino, Bastien, con voce chiara e potente, di buona tecnica ed espressività.

Ottima l’esibizione di Arianna Stornello, Bastienne, che avevamo già apprezzato nel Serse di Handel l’anno scorso al Teatro Litta (leggi la recensione), prodotto da Coin du Roi con la regia sempre di Valentino Klose, nelle vesti di Atalanta. Voce corposa, buona tecnica e interpretazione davvero molto espressiva, a perfetto agio nella parte.

Lo spettacolo, riuscitissimo, si è avvalso della collaborazione di Ettore Beltramme per il coordinamento tecnico e di Fabiana Sapia e Federica Pellati per le scene e i costumi. L’operina, cantata e recitata in tedesco con buona dizione e con sopratitoli italiani proiettati, è stata introdotta da Fabio Tranchida, che ne ha fornito una contestualizzazione storica e musicale e un breve quadro sinottico. È ormai crescente l’attesa per il prossimo allestimento del promettente Valentino Klose.

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