
Edito da Feltrinelli Editore
Questo libro è dedicato a se stesso
Stefano Bonaga ha raccolto un centinaio di aforismi dedicati allo struggimento della perdita d’amore. Ogni dolore va pagato con la carne e con lo spirito, senza autocommiserazione.
La perdita della persona amata è paragonabile a un lutto, a un qualcosa che non tornerà più, indipendentemente dalla nostra volontà. Qualcosa si rompe dentro, e addio.
L’ “ammalato” sfocia nella ricerca ossessiva della metà mancante, alcuni sono portati a cercare immediatamente un valido sostituto: “Questa visione da commercianti, che aspira a sostituire l’usato con il nuovo, è insieme affascinante e orrenda.”
“Come aver fretta di morire per paura della morte”, così il disperato attende il completarsi del fallimento, cadendo in una depressione sempre più profonda. L’innocenza della promessa complicità, di fronte agli eventi, pone le basi per la disperazione più cupa. Ogni via di fuga, si trasforma in un’illusione. Il pensiero diventa un tarlo per il cuore, dove l’unico labile appiglio sono le pillole per conciliare il sonno, che acquietano lasciando nell’irrisolta abnegazione.
Il disperato, spesso, inizia a scrivere per affidare alla carta quell’ossessione che ritorna. A tal proposito, Bonaga cita Nietzsche: “Quanta verità può sopportare un uomo?” Scrivere significa qui, affidare ad altri quello che non possiamo sopportare. Quelle parole vivono e si alimentano di significato, ma non parlano, e il loro silenzio è la quiete che cela il peso della verità.
La mente dell’affranto tende continuamente alla ricerca di pseudo segnali dell’amata/o, “la spirale delle associazioni ha insistentemente al centro l’oggetto d’amore ed è generalmente inarrestabile.” Ad ogni modo, egli si trova a vivere una condizione di “solitudine imperfetta”, in quanto idealmente circondato continuamente da persone che non lo vogliono.
Lo spazio e il tempo acquisiscono una duplice valenza, quella di condizione propria dell’essere depresso, immobile e sospeso nell’oblio, e quella dell’altro che riempie uno spazio immaginario nel kairòs, momento di felicità. Il catulliano odi et amo, trova qui la sua apoteosi: “la sua forza è la tua debolezza, e soffri.”
L’abisso della dannazione “non è causato dal non essere più amato, ma dal non aver più chi accetta il tuo amore”. Il sentimento puro, infatti prescinde dall’essere corrisposti, esiste e basta, non può farne a meno.
Il disperato d’amore, dunque, vive nell’ “infinita ripetizione di una perdita”, Bonaga non lo assolve, non apre nessuno spiraglio che possa costituire una via d’uscita. Limite del testo, infatti, è il soffermarsi solo nella condizione negativa, condannando la vittima a una spirale di solitudine e dolore. L’unico spazio lasciato a una possibile reazione viene sintetizzato nel: “C’è chi compra cani e gatti e chi scopre il pollice verde. Buona fortuna.”
Stefano Bonaga è un filosofo, politico e docente universitario. Vive a Bologna.
Noemi Neri: consulenzaletteraria@libero.it














