
Giunti editore
In Splendido visto da qui, troviamo un divertentissimo modo di concepire il tempo, zone rassicuranti in cui poter vivere come una volta: a Sessanta con il sottofondo di Abbey Road dei Beatles, a Settanta con la carne in scatola e il poncho a geometrie andine, tra i colori fluo di Ottanta, i primi cellulari di Novanta, il wi-fi e i temporary store di Zero.
Questo, il mondo che Walter Fontana racconta nel suo ultimo libro, un mondo in cui non esiste la preoccupazione per un futuro incerto. Infatti, i decenni vengono vissuti ciclicamente, arrivati verso la fine si ricomincia da capo, non prima di aver fatto il Riassortimento. Gli spazzini passano a svuotare le case degli oggetti del decennio che sta per chiudersi e li riforniscono con quelli nuovi per ricominciare la decade aggiornati.
La stazione di transiti del Quartier Generale, rappresenta un vero e proprio trapasso di costumi, mode, usanze. A muoversi dentro questo “microclima” costruito a zone è il protagonista Leo, uno spazzino che setaccia ogni rifiuto insieme al suo intransigente capo Kralnikov.
Leo non riesce a disobbedire a un comando, vuole stare tranquillo, cerca di evitare situazioni che possano procuragli ansia. Il suo sangue freddo verrà messo a dura prova, soprattutto quando incontra Maia, una cosiddetta traveller, una fuorilegge che passa da una zona all’altra trafficando oggetti di decadi diverse: “Il fatto è che la gente delle Zone ha uno sguardo limitato. Loro dipendono dagli oggetti. Li caricano di significati che valgono unicamente all’interno della loro cerchia.”
Leo è diviso tra l’essere ligio al dovere, rispettare le regole ferree del suo lavoro, addirittura avrà la possibilità di essere promosso a funzionario, oppure aiutare proprio chi dovrebbe combattere, una traveller che vuole raggiungere il suo Ferdi a Zero, una ragazza che con una sola frase gli scatena qualcosa dentro che metterà in discussione tutte le sue certezze.
Alla base del meccanismo pare che ci sia un’insana tendenza a omologare tutti, il Quartier Generale segna il confine spazio temporale tra le Zone e il resto. Sembra che Fontana riprenda trasversalmente il mito della caverna di Socrate, dove le persone scambiano per reale quello che in realtà è soltanto una proiezione.