Il borgomastro di Furnes

Edito da Adelphi Edizioni
Traduzione di Tea Turolla

“Non conosco Furnes.
Non ne conosco il borgomastro, né gli abitanti.
Per me Furnes non è altro che una sorta di motivo musicale.
Spero perciò che nessuno vorrà malgrado tutto riconoscersi in questo o quel personaggio della mia storia.
Georges Simenon”

Georges Simenon, famoso per il commissario Maigret, è il terzo francese più tradotto dopo Jules Verne e Alexandre Dumas.

Joris Terlink, chiamato anche baas, padrone, è il borgomastro di Furnes. Un uomo tutto di un pezzo, che cela ogni tipo di emozione dietro il suo volto austero.

Thérésa, sua moglie, è una donna apparentemente fragile, taciturna, sempre attenta a non irritare il marito e con la lacrima facile. Il senso di colpa di avergli dato una figlia disabile, la attanaglia, soprattutto quando il borgomastro le dice di aver messo incinta Maria, la domestica. Il figlioccio andrà in collegio senza essere riconosciuto ufficialmente da Terlink.

L’ambientazione è cupa, tutti odiano il baas, la sua freddezza, i suoi ordini senza mezzi termini, la sua scarsa pietà. L’atmosfera è volutamente decadente perché i personaggi stessi sono dannati. La descrizione di Émilia, la figlia chiusa a chiave dentro una stanza in cima alle scale, ricorda Gregor Samsa de La metamorfosi. Anche il dialogare tra il borgomastro e il segretario comunale Kempenaar o l’acerrimo nemico Léonard Van Hamme sono sull’onda kafkiana.

Poi c’è Ostenda, il luogo dal nome che sembra leggendario, dove incontrare le giovani Lina e Manola, l’illusione di poter vivere un’altra vita. In realtà, sarà la figura emblematica della moglie, fino alla fine, il pilastro su cui regge il borgomastro, alla sua morte, infatti, tutto decade, ma anche qui, torna ancora l’illusione di un’esistenza alternativa. Terlink obbliga la cognata Marthe, a indossare un ruolo che non avrebbe mai immaginato prima.

@Neri_Noemi

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here