Senza paura di Flavio Pagano

Giurami di non dimenticarmi mai

Agli innocenti uccisi dalla follia del calcio, per non dimenticare mai che c’era una vita dietro i loro nomi

Giunti editore

Senza paura è un romanzo ispirato a un fatto di cronaca, ossia la morte del tifoso Ciro Esposito, ucciso durante la finale di coppa Italia Napoli-Fiorentina.

Sui giornali sono state riportate notizie contrastanti, articoli molto personali che interpretano un fatto che lascia poco all’immaginazione. Un ragazzo, colpito da uno sparo alla spina dorsale, è morto dopo 50 giorni di agonia.

Pagano racconta la storia di una famiglia che può sembrare poco ordinaria, ma che in realtà è più diffusa di quanto si possa pensare. Se mettiamo da parte un momento il calcio, ci troviamo davanti a un rapporto padre-figlio che va logorandosi nelle incomprensioni, nell’egoismo, nell’incomunicabilità di due mondi fragili.

La mamma di Bruno, il ragazzo che personifica Ciro, è morta, il padre è un ultrà del Napoli, il nonno, che ci narra i fatti, è stato un arbitro, ma il suo compito sembra non essere finito. Sarà lui, infatti, a mediare continuamente tra Bruno e Angelo, ammonendo ora uno ora l’altro e facendo in modo che la partita finisca in pareggio, nonostante il padre continui a perdere. Perde soprattutto le occasioni, tradisce le promesse, lascia che il calcio influenzi la sua vita. Bruno invece, viene descritto come ai margini dello sport del pallone, sembra camminare a bordo campo a testa bassa, metterà piede allo stadio soltanto una volta, la seconda, lo farà soccombere ancora prima di entrare.

La scelta dell’autore di descrivere un ragazzo che con il calcio non c’entra nulla, porta a una riflessione implicita: un ultrà coinvolto in un regolamento di conti, “merita” di morire più di un passante non tifoso rimasto ucciso per caso? Una riflessione analoga emerge nuovamente durante la descrizione dei soccorsi, quando l’ambulanza porta via prima il Gigante, colui che ha sparato, nel frattempo pestato da altri ultrà: “Ma che fate? Quello è l’uomo che ha sparato: il ferito è… questo!”

Pagano sottolinea uno sbilanciamento a favore di chi commette i reati portando come esempio, per rimanere in tema, il fallo di reazione, punito dall’arbitro con maggiore severità rispetto a chi l’ha provocato. Il nonno di Bruno dice: “Il perdono è una croce, io non sono Gesù Cristo. La legge dovrebbe occuparsi di lenire il dolore delle vittime, non quello dei carnefici. Dovremmo preoccuparci di recuperare alla vita chi il torto l’ha subìto, non chi l’ha determinato”.

Un’altra questione importante su cui dovremmo porre l’attenzione, è il potere degli ultrà. Tra quelli romanisti, riporta l’autore in un articolo del suo giornale Napolistyle e nel libro, sono presenti gruppi nazifascisti e appartenenti alla mafia capitale, i quali hanno diramazioni anche in politica.

All’Olimpico erano presenti il Presidente del Consiglio e il Presidente del Senato, eppure finché non c’è stato l’ok degli ultrà per giocare la partita, rischiava di saltare tutto. Perché si permette che uno sport sia in mano ai “degenerati della passione sportiva”?

È indubbio che ci siano grossi interessi economici e che purtroppo, quella palla di stracci con cui giocavano i romani è ormai un ricordo lontano.

Il romanzo di Flavio Pagano ci aiuta a entrare nei meccanismi perversi delle persone che saltano e si sgolano sugli spalti, quelli che credono al calcio come a una religione, che vedono ogni partita come una guerra da vincere: “Gli ultrà sono tipi strani. Bisogna sempre tenerlo presente. E sono tra noi, anche se non ce ne accorgiamo. Come gli alieni in certi film di fantascienza”.

Mostra l’alienazione che li porta alla disgregazione dei valori sociali, della famiglia. Solo quando Bruno viene trasportato in ambulanza all’ospedale parlerà davvero con il padre. Quello sembra il loro primo incontro da uomini, una parte toccante in cui sulla barella c’è solo un ragazzo che cerca di riunire il passato con il presente.

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