
Tanto tempo fa, in una sala cinematografica lontana lontana veniva proiettata Una Nuova Speranza, primo tassello di una saga che nel corso degli decenni si è arricchita di film, serie TV, serie animate, romanzi canonici e non.
Ovviamente, per la legge dei grandi numeri, sarebbe stato da inguaribili ottimisti pensare che tutta la smisurata produzione marchiata Star Wars avesse uno standard minimo di qualità e coerenza. Di sicuro, però, quello che il fandom non poteva immaginare è che l’ ultimo capitolo cinematorgrafico della saga si sarebbe concluso nel modo più sconclusionato possibile ossia con Star Wars: L’ascesa di Skywalker.

Perchè è inutile girarci intorno: il film realizzato da J.J. Abrams ha oggettivamente degli enormi problemi di sceneggiatura, con dei buchi di trama tali che certe puntate dei Power Rangers sembrano scritte dai fratelli Russo. Ma la cosa tragicomica è che per rendersene conto non serve essere un fan duro e puro, di quelli che affollano le commuty di tutto il mondo.
Certo, è vero, il buon J.J.”Occhiolino” Abrams ci aveva già abituato al suo citazionismo estremo ne Il risveglio della Forza, ma all’ epoca gli fu perdonato, travolti, come si era, dall’ euforia di rivedere sul grande schermo la compagnia della spada laser al gran completo, senza l’odioso Jar-Jar Binks tra gli X-Wing.
Seguì poi il controverso Gli ultimi Jedi, affidato all’ ingiustamente vituperato Rian Johson, ingiustamente soprattutto alla luce di quanto visto ne L‘ascesa di Skywalker.

Eh si, perchè nella sua ultima fatica cinematografica il creatore di Lost non si è risparmiato, essendosi evidentemente auto-assegnato l‘ ambizioso obiettivo di chiudere in soli 155 minuti tutte le trame lasciate in sospeso nei precedenti capitoli . Di conseguenza, non poteva far altro che infarcirli, fin dai mitologici titoli di testa, di rivelazioni di cui non erano state gettate nemmeno le fondamenta: e, ammettiamolo, già questo modus scribendi sarebbe sufficiente per inarcare un sopracciglio.
Ma si sa, a J.J. piace strizzare l‘ occhio al fandom, quindi poteva esimersi dall‘ inserire una serie di comparsate, completamente senza senso, di personaggi storici della saga? Certo che no, figuriamoci!

Ad una sceneggiuatura-gruviera va poi aggiunta la caratterizzazione bidimensionale della quasi totalità dei personaggi secondari: si va da un Finn (John Boyega) sotto utilizzato e privo di quel poco di spessore che aveva acquisito nei capitoli precedenti a un Poe Dameron (Oscar Isaac) che prova a fare il cugino povero di Han Solo, ma senza grande successo.

E poi ci sono loro, i protagonisti: Kylo “Ondivago” Ren che, nonostante la bravura di Adam Driver, non riesce nemmeno stavolta a chiarire i motivi della sua esistenza nella nuova trilogia e la trovatella-mica-tanto-trovatella Rey, anche lei ben interpretata da Daisy Ridley, ma che deve scontare le tante gomitate nei fianchi che J.J. Abrams vuol rifilare al grande pubblico (per onestà intellettuale c‘ è da rilevare, però, che in alcuni momenti J.J. riesce a raggiungere il suo scopo supremo, a giudicare da un paio di mesti applausi rimediati da qualche improvvido spettatore, immediatamente gelato dallo sguardo del suo vicino di poltrona).
Tuttavia, al netto di una sceneggiatura pasticciata ed infarcita di accadimenti calati dall‘ alto di uno Star Destroyer, L‘ascesa di Skywalker può fortunamente vantare una colonna sonora degna di questo nome, opera del solito John Williams e degli ottimi effetti speciali, in grado di rendere alcune scene davvero epiche.
Ma come tutti gli appassionati ben sanno, ad un film targato Star Wars si chiede altro. Molto altro. E di certo non basta qualche bacio a tradimento o un paio di fantasmi di Forza vintage a raddrizzare la rotta del Millennium Falcon pilotato dalla coppia Abrams-Disney.