
Quando nel 2013 la Disney annunciò in pompa magna che i nuovi episodi della mitologica saga di Star Wars sarebbero stati intervallati da tre spin-off, il sopracciglio dei fan si inarcò paurosamente e un pensiero balenò nella mente di molti: “L’ Impero di Darth Mouse vuole sfinire la gallina dalle uova d’oro acquistata da George Lucas, che la Forza sia con noi!”.
Per fortuna Rogue One, il primo spin-off arrivato nelle sale, delude le basse aspettative rivelandosi un film di gran lunga più riuscito, maturo ed originale de Il risveglio della Forza, che ha fatto dell’omaggio e del citazionismo ad oltranza la sua cifra stilistica. Ma andiamo con ordine e partiamo dalla trama.
Lo scienziato Galen Erso (la garanzia Mads Mikkelsen), dopo aver lavorato per anni al soldo dell’ Impero Galattico si è ritirato con la famigliola a vita privata. Un giorno però il Direttore Orson “Omino Bianco” Krennic (Ben Mendelsohn) torna a reclamare i servigi di Erso in quanto il suo contributo è fondamentale per ultiamare la Morte Nera. Nel trambusto delle trattative la moglie di Erso muore, mentre la figlia Jyn riesce a scappare. Quindici anni dopo Erso riesce a convincere Bodhi Rook, un pilota imperiale un po’ svalvolato, a portare all’Alleanza Ribelle un messaggio con importanti informazioni sulla Morte Nera. Purtroppo Rook viene catturato da Saw Gerrera (Forest Whitaker): sarà compito dell’ ormai adulta Jyn (interpretata dalla perennemente imbronciata Felicity Jones), dell’ufficiale ribelle Cassina Andor (l’insipidissimo Diego Luna) e del droide K-2S0 metter su una squadra per recuperare il pilota e i piani della letale astronave. Nel mezzo tragedie a catinelle e battutine col contagocce, tanto da far dubitare fino alla fine che si tratti di un film Disney. Sullo sfondo i personaggi della saga storica che diverranno protagonisti in Una nuova speranza, ma che in Rogue One si limitano a fare degli apprezzatissimi cammei. Tra questi spicca, nonostante il suo italico doppiaggio sia stato affidato ad un umarell, la comparsata di Darth Vader in tutto il suo oscuro splendore.

Al di là della trama ben costruita, che si incastra alla perfezione con quanto già narrato, quello che convince di più è la resa visiva delle guerre stellari. Da questo punto di vista un grosso plauso va sicuramente alla regia di Gareth Edwards il quale, grazie ad inquadrature studiate e punti di vista verticali, riesce a portare sul grande schermo battaglie epiche ed assolutamente chiare. Certo, su questo fronte gli effetti speciali sicuramente fanno la loro parte, deliziando gli occhi degli appassionati con enormi Star Destroyer e possenti AT-AT Walker, il cui ritorno scalfirà il cuore anche del nerd più disincantato.

Ovviamente Rogue One non è la perfezione fatta blockbuster, anche se ci va abbastanza vicino: convince poco infatti la caratterizzazione dei personaggi principali, complice anche una recitazione piuttosto monoespressiva. Il risutato è che è difficile affezionarsi ai protagonisti, in particolare alle (dis)avventure di Jyn, ennesima eroina disneyana la cui femminilità è sacrificata all’altare della parità. Su tale versante l’unica eccezione è data dal duo composto dall’ ipovedente Cirruth e dal tamarro Baze, a cui tocca, insieme all’androide K2, il ruolo di spalle comiche, anzi sarcastiche.
Last but not least, la colonna sonora opera di quel prezzemolino di Michael Giacchino che, nelle vesti di apprendista stregone, prova ad emulare i fasti musicali raggiunti nella saga canonica da John Williams non riuscendo tuttavia a risultare sempre del tutto convincente.