Uno nessuno, centomila FAKE

Il monologo delle apparenze social con Lorenzo Balducci

La locandina di "Fake" con Lorenzo Balducci

Nel 2023 Instagram ha venduto la bellezza di 44 milioni di spunte blu a sole 24 ore dal lancio. Parliamo di 66 milioni di dollari incassati dal “buon” Zuckerberg sul bisogno di riconoscimento delle persone. Escludendo un certo, esiguo, numero di superstar acquirenti, che dopotutto nemmeno ne avrebbero avuto bisogno, resta un mare magnum di maschere pirandelliane di redivivo qualunquismo.

Non c’è forse espressione più vicina al movimento di Giannini proprio delle vetrine social, banchi delle primizie umane, dove trionfa, rapidissimo e fugace, un manifesto di giovinezza eterna su desktop esotici. Questo, all’apparenza il cuore dello spettacolo “Fake” in scena in seno al festival estivo I Solisti del Teatro ai giardini della Filarmonica Romana, lo scorso 31 luglio, tappa finale di un tour teatrale di successo che ha visto protagonista Lorenzo Balducci. Ma c’è di più, molto di più, oltre la maschera appunto della stella comica di reel memorabili, che ci regalano una satira famigliare inedita e un drappello di personaggi irresistibili, dall’avventore preda di cassiere giusto un pelino aggressive alla Sirenetta di Fregene, c’è l’uomo: Lorenzo.

“Fake” parla di tutti noi, delle nevrosi e ossessioni dell’apparire, ma pure di Parmenide, del gatto di Schrödinger, di “nessuno mette baby in un angolo”, Pamela Prati, Dorian Gray… In un denso monologo dove trova spazio anche il racconto privato, a tratti scomodo e per questo autentico, di un ex “raccomandato” redento. E’ un viaggio dell’eroe moderno, nient’affatto senza macchia e per questo più vicino al pubblico, che in quasi due ore densissime di spettacolo, ci racconta la lunga parabola umana di un ragazzo che passa dalle prime comparsate televisive “su segnalazione”, agli spogliarelli in sperduti strip club statunitensi. Il tutto per giungere alla fragile quanto preziosa consapevolezza di un necessario turning point di riscatto, innanzitutto professionale.

Lorenzo Balducci in Fake
Lorenzo Balducci protagonista di “Fake”

Sì perché nascere “Privileged”, forse l’unica serie assente dal lunghissimo elenco di quelle citate in “Fake”, non è una colpa, specie se si è in grado di coltivare con passione un talento reale. Lorenzo Balducci l’ha fatto e in tutte le sue pose, espressioni, battute e anche sofisticate metafore, ci restituisce e trasmette a viva forza l’emozione e l’impegno di un attore-performer degno di nota, che ha trovato nella “caduta” un obiettivo di rinascita e autoaffermazione, soprattutto identitaria.

Si percepisce sulla pelle, la dolente pesantezza di un vissuto non sempre brillante, come quello di chiunque altro, ma che non tutti, specie nel laccato limbo di lancio degli attori in attesa del privino della svolta, sono in grado di ammettere. Tanto di cappello a questo dolce “piacere dell’onestà”, poco importa se poi il Lorenzo del quotidiano non legge Camus per davvero, ma sfoglia Donna Moderna sognando Cotugno, o se fa un selfie anche lui a Coccia di Morto spacciandola per le Antille francesi e non importa nemmeno se almeno una volta, come lui, siamo stati avventati giudici della morale o del talento, vero o presunto tale, di qualcun altro: That’s (all) falks!

Ottima drammaturgia di Riccardo Pechini e Mariano Lamberti, che ne firma anche la regia, bissano la qualità del precedente spettacolo “Allegro ma non troppo”, dove si mettevano in piazza vizi e virtù della comunità LGBTQ+, cementando un triumvirato artistico da tenere d’occhio. Vince ancora e sempre quest’attenzione all’universo dell’identità, declinato prima nella forma dell’accettazione della propria sessualità e qui in “Fake” nell’ineluttabile necessità di riconoscerci nello specchio di un’altra faccia, proprio di fronte alla nostra. Anche a costo di deformarne la rappresentazione.

C’è da imparare solo la lezione di staccare l’ego narciso dal riflesso filtrato dei social, per andare piuttosto amorevolmente incontro tanto alla nostra, quanto all’altrui anima in modo non artefatto, provando, seppur maldestramente, con spirito pleonastico, a scartare l’irrilevante, travestito da indispensabile, nelle grottesche vesti fake, appunto, di doppelganger-highlander, truccato come Platinette e irrorato di luce alla Barbarella. Perché parafrasando una delle più inflazionate “quotes camusiane”: se non essere amati è semplice sfortuna, non saper amare (in primis sé stessi, aggiungo, senza le nostre adorabili imperfezioni) è disgrazia. BRAVI!