Una casa di bambola per Filippo Timi

A 140 anni dalla sua stesura, al teatro Argentina torna l'enigmatico testo di Ibsen. In scena dal 7 al 19 febbraio.

Nella tranquilla casa Helmer si sta per avvicinare il Natale e, tra preparativi e festeggiamenti, tutto sembra scorrere tranquillo. Al centro dell’azione un rapporto di coppia, apparentemente ordinario e felice, che lega Nora e Torwald. Ma a rompere l’incanto della quiete domestica, è un segreto tenuto a lungo nascosto dalla stessa Nora.

La regia di Andrée Ruth Shammah mostra con incredibile realismo la società borghese di fine Ottocento, in cui opera un campionario di varia umanità e mette in luce, con un’attenta e puntigliosa rilettura del testo ibnesiano, le contraddizioni, le ipocrisie e l’antifemminismo che la caratterizzavano.

Fa emergere, attraverso un congegnato concatenamento di accadimenti ed artifici scenici, l’evoluzione di Nora, di Krogstad e dottor Rank : essi si tolgono la loro “maschera” per mostrare il loro vero volto. L’unico che non cambia, perchè non ne possiede la forza, è Torwald, incatenato a quell’apparire che non gli consente di essere. Un personaggio a parte è la bambinaia Anna Marie, che pronuncia frasi arcane, quasi come se incarnasse il ruolo del coro delle tragedie greche.

Filippo Timi interpreta magistralmente tutti i ruoli maschili nei quali si cala, con grande capacità di mimesi, durante lo spettacolo: da Torwald a Krogstad, non dimenticando il dottor  Rank. Marina Rocco è una Nora fragile e delicata, che si dimostra forte e volitiva al momento della sua scelta finale,quando rivendica coscientemente il diritto ad un’autonomia piena non più mortificata da una subalternità e una dipendenza dall’universo maschile, subita fin dalla nascita, quasi fosse una bambola e non una creatura di carne e ossa.

“Casa di bambole” è una commedia tragica, secondo la definizione che lo stesso Torwald dà della propria vita accanto a Nora, ed è soprattutto la rappresentazione di un dramma coniugale che si sviluppa con logica inesorabile fino all’ inevitabile evento conclusivo “Vorrei lacerare me stessa in mille pezzi… Così come sono ora, non posso essere tua moglie”.