
[rating=3] Valerio Binasco torna al Manzoni di Pistoia con la sua versione di Sarto per signora, commedia inossidabile in tre atti di Georges Feydeau (1862-1921). Il teatro registra il tutto esaurito, complici un Emilio Solfrizzi nei panni del protagonista, ottimi attori e un forte desiderio, da parte del pubblico, di lasciarsi andare alla risata facile facile.
Una scenografia casta e appena accennata, in tonalità pastello, diviene, a rotazione, salotto della casa del Dott. Molineaux nel primo atto; appartamento “marcio e ammuffito” nel secondo atto, adibito per l’occasione a luogo concentrico di scappatelle, fraintendimenti, riunioni familiari e ritrovamenti inaspettati. Per poi tornare a essere salotto borghese nel terzo atto dove, come per incanto, la menzogna si illumina di verità e le relazioni sociali restano inalterate perché, per legge, l’apparenza nella società è tutto. E poco importa se nei sotterranei vengono sfogati i più bassi istinti, in un conflitto, come affermava Brecht, che diventa comico. E riportiamo fedelmente una dichiarazione del grande drammaturgo: “Nella nostra epoca la sessualità rientra indiscutibilmente nel dominio del comico: infatti la vita sessuale è in contraddizione con la vita sociale, e questa contraddizione è comica, in quanto può essere risolta storicamente, cioè con l’instaurazione di un altro ordine sociale“.
Il sesso è dunque, anche per un maestro del ritmo comico quale è Feydeau, il chiodo fisso attorno a cui si srotola esteticamente e sostanzialmente l’opera, in una fine operazione di satira alla società perbenista – troppo spesso offuscata da messinscene goliardiche. Ne è questo l’esempio. La pantomima esasperata di Solfrizzi, unita a un uso indisciplinato di diversi dialetti regionali italiani da parte di tutti gli altri attori, toglie spontaneità alla commedia. Si dice che Feydeau studiasse maniacalmente il palco, inventasse porte, nascondigli, oggetti che, da soli, scatenassero la risata; e che, inoltre, lasciassero spazio alle pause e ai silenzi che, se sapientemente dosati, scatenavano effetti esilaranti.
Lo spettacolo di Binasco non fa parlare i silenzi ed è riempito in modo forsennato dai dialoghi; la sensazione totale, se pur gradevolissima, è quella di un can can all’ennesima potenza. Si tratta dunque di una versione bene eseguita da attori che sanno usare la voce e anche le astuzie corporee per dare vita ai loro personaggi, ma che scivola su gag forzate per accattivarsi la platea. Speriamo che gli stessi spettatori che ieri hanno affollato il Manzoni di Pistoia, partecipino in futuro anche a messinscene di autori meno convenzionali.