Toni Servillo, magistrale interprete di Eduardo

[rating=5] La commedia “Le voci di dentro” di Eduardo De Filippo, riallestita da Toni Servillo, che oltrechè sulla scena affiancato dal fratello Peppe, ne firma la regia, è un vero gioiello. Uno spettacolo rodatissimo, che quest’anno raggiunge le 180 repliche, collezionando sold out in tutti i teatri nazionali, compreso il Teatro Metastasio di Prato.

Un testo, per contenuto e forma, tanto affascinante quanto amaro. Eduardo lo scrisse à la va-vite, per necessità contrattuale con il Teatro Nuovo di Milano nel 1948, 3 anni dopo Napoli milionaria e soprattutto 3 anni dopo la seconda guerra mondiale, sopra le macerie materiali di un paese distrutto, individuando quelle macerie morali, che il conflitto bellico aveva prodotto. Un mondo lontano solo temporalmente, ma con lo stesso degrado morale di oggi.

La vicenda ci narra di Alberto e Carlo Saporito, due apparecchiatori di feste popolari rimasti in meseria, che vivono assieme al loro zio Nicola, detto Šparavierzi, che disilluso dal genere umano, ha rinunciato a parlare, esprimendosi soltanto attraverso lo scoppio di petardi. La scintilla generatrice della commedia è data da un sogno, quello fatto una notte da Alberto, che vede i vicini di casa, i Cimmaruta, uccidere l’amico Aniello Amitrano, far sparire il corpo e nascondere i suoi documenti. Alberto, convinto che si tratti di realtà, denuncia i Cammaruta e li fa arrestare, ma non trovando nè documenti, nè prove in casa, capisce ben presto il brutto scherzo giocato dal suo inconscio. Alberto ritira la denuncia verso la famiglia Cimmaruta, ma non basta, il procuratore della Repubblica sospetta di lui e crede che sia sotto ricatto, mentre nei familiari accusati si innesca un meccanismo degenerativo di discolpa e accusa tra i vari componenti della stessa famiglia. Persino il fratello Carlo, vista la possibilità dell’arresto di Alberto, cerca un compratore delle sedie e degli arredi per le feste, tentando di far firmare ad Alberto una lettera che attribuisca a lui pieni poteri. Infine, mentre i Cimmaruta arrivano ad organizzare un piano per l’assassinio di Alberto, si scopre che Aniello Amitrato è vivo e che dunque era realmente un sogno quello fatto da Alberto, che fingendo di aver trovato i documenti, accusa tutti di essere assassini di stima e di fiducia reciproca, architettando a loro volta un omicidio e sospettando i loro stessi familiari.

«Voi mò volete sapere perché siete assassini … in mezzo a voi magari ci sono pure io e non me ne accorgo … Avete sospettato l’uno dell’altro … Io vi ho accusati e voi non vi siete ribellati, lo avete ritenuto possibile. Un delitto lo avete messo fra le cose probabili di tutti i giorni; un assassinio nel bilancio familiare! La stima, don Pasqua’, la stima! … La fiducia scambievole … senza la quale si può arrivare al delitto.»

Toni Servillo dopo Moliere, Goldoni e Pirandello torna a confrontarsi con l’universo drammaturgico di Eduardo, entrandone in piena relazione, rinnovando il dramma e la tensione che ne produce. Una scenografia scevra ed essenziale, permette nel primo atto di immergersi nella quotidianità e nel calore familiare, nella quale si insinuano i fratelli Soporito, mentre dal secondo atto le file verticali di sedie rosse e il divisorio trasparente conferiscono un velo metafisico e di mistero.

"Le voci di dentro" - foto Fabio Esposito

La regia di Servillo è perfetta, curata e misurata, dove anche il silenzio delle pause non rimane muto, ma riempito da una scossa vitale di vibranti intenzioni, un sotterrano flusso di emozioni celate che donano spessore, vita, ritmo e respiro alla commedia. Una pièce feroce e dolorosa, dal grande valore universale, messa in piedi con registri classici, ma ben dosati, alla quale la presenza di Toni Servillo (dentro e fuori la scena) fa spiccare il volo.

Ben amalgamato e di valore il cast di attori, tra tutti si ricorda Chiara Baffi, che porta in scena una serva Maria energica e briosa, e un sorprendente quanto insolito Peppe Servillo, perfetto nel vestire i panni del subdolo e strisciante fratello Carlo. Infine un impareggiabile e vigoroso Toni Servillo, che si misura con maestria nel ruolo di Alberto, che in origine fu di Eduardo (suo degno erede), colorando con giuste sfumature l’evoluzione emotiva del personaggio, che da assopito illuso si ridesta disincantato.

Sogno o son desto? Come il bengala verde che si spegne lentamente portandosi via la vita silenziosa dello zio Nicola, la disillusione nel finire dell’opera cala su Alberto e sugli spettatori, forte come un macigno che desta e riconsegna tutti alla realtà, specchio dell’artificio di Eduardo.

1 COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here