Maria Paiato, storia di una pasionaria del teatro

Intervista a Maria Paiato sullo spettacolo "Due donne che ballano" e sulla sua carriera di attrice pluripremiata.

Reduce della fortunata tourné di “Due donne che ballano” di Josep Maria i Jornet, per la regia di Veronica Cruciani, in cui interpreta magistralmente un’anziana e testarda “donna del popolo”, abbiamo fatto qualche domanda all’attrice Maria Paiato (Premio Borgio Varezzi 1994, Premio Flaiano 2001, Premio della critica teatrale 2004, Maschera d’oro 2005, Premio Ubo 2005, Premio Eleonora Duse 2009) sullo spettacolo, su come si costruisce un personaggio e sull’inizio della sua vocazione.

Incominciamo dalla scelta di questo testo, quasi sconosciuto in Italia
Confesso che non è nata da me questa scelta, anzi non conoscevo per niente quest autore. E’ stata Veronica Cruciani che l’ha scovato e me l’ha proposto circa tre anni, ma lei doveva averlo trovato già da parecchio tempo. Me ne ha parlato, dicendo che era assolutamente intenzionata a farlo,che aveva già individuato l’attrice che avrebbe fatto l’altro personaggio,Arianna Scommegna, e che le serviva l’attrice che facesse la parte dell’anziana e così si è rivolta a me. Io lì per lì non ero convinta, ma mi piaceva il testo,così ho accettato, un po’ perché, pur non avendo io l’età del personaggio, era per certi aspetti nelle mie corde e poi c’era il desiderio di lavorare insieme.

In che modo l’età del personaggio l’ha inizialmente “frenata”?
L’unica perplessità era legata all’età, perchè era un personaggio che sulla carta ha più di settant’anni, io ne ho 55 e all’epoca ne avevo 53. Però Veronica mi disse che avremmo cercato il rapporto tra loro due e non tanto di riprodurre una certa vecchiezza. In effetti lo spettacolo è andato in questa direzione. Inevitabilmente però le cose che dice e che fa questo personaggio mi portano ad avere un atteggiamento posturale e a muovermi nello spazio in un modo che non è il mio quando sono nei miei panni. L’attenzione è stata sempre quella di non calcare la mano e di valorizzare la relazione tra le due donne.

Come è stato il lavoro su questo personaggio così lontano dalle sue precedenti interpretazioni?
Lontano sì e no. L’energia di questo personaggio può essere paragonabile alla Maria Zanella, anche come estrazione sociale, una donna che non ha studiato, di una classe sociale umile, una casalinga. Si parla sempre di un ambiente sociale basso. E’ una donna con una sua certa ruspantità. Il lavoro più faticoso è stato nel trovare quell’ autenticità nella relazione con l’altro personaggio e nello stare sempre in ascolto. Non è una cosa così semplice e scontata da fare. Perché quando si è in scena, quello che piace a Veronica Cruciani, quello che piace a me e ad Arianna Scommegna è rinnovare di sera in sera quello stare insieme, evitare come la peste il pilota automatico, trovare freschezza e qualità. Quindi la difficoltà non è stata trovare il mio personaggio quanto lo stare insieme all’altro.

Ha lavorato con tanti registi uomini da Luca Ronconi a Giancarlo Sepe, passando per Antonio Calenda a Valerio Binasco. C’è stata una differenza nello essere diretta a teatro da una donna?
La resa finale non è stata differente, non la vedo una regia femminile. Senz’ altro stando tra donne c’è una complicità differente, magari tra donne ci si dice le cose in modo diverso. Laddove ci sono state difficoltà io mi sono sentita accolta, aspettata e ho sentito che le mie difficoltà venivano prese e con molta calma e in modo quasi “materno” siamo state a risolvere il problema, In questo è la differenza che può sentire un attore nell’ approcciarsi ad un regista uomo e donna: un modo diverso di parlarsi. Che non è che sia migliore o peggiore, semplicemente è diverso. Molto simile a Veronica ho trovato il mio lavoro con Valerio Binasco, perché è un uomo molto rispettoso dell’attore, perché attore lui stesso. Tu senti che sa perfettamente quello che stai passando, quindi ti aiuta, ti aspetta, ti incoraggia, ti ascolta.

Viene da Stienta, un piccolo paesino veneto che non ha una tradizione teatrale consolidata, quindi com’è nata la sua vocazione al teatro?
Penso che tante cose hanno contribuito a spingermi fuori dal mio piccolo paesello. Indubbiamente avevo un’attitudine a questo tipo di lavoro, ero timida ma allo stesso tempo abbastanza intraprendente, come spesso accade ai timidi che sanno essere anche spudorati e non si capisce bene come possano stare insieme questi due aspetti. E poi ci sono delle cose che fanno anche tenerezza. Io non volevo fare il lavoro che facevo, perché ero impiegata nella piccola impresa di mio padre.Nel frattempo io stavo facendo teatro amatoriale a Ferrara, si recitava la sera  negli ospizi e alle feste dell’unità e poi la mattina diventavo nuovamente impiegata. Un giorno, ascoltando la radio, sentii  l’intervista che quella sera facevano ad una famosa attrice che per me era un’ illustre sconosciuta, parlava di sé, del suo percorso, degli spettacoli con Ronconi. Sento che ad un certo dice che aveva fatto la scuola nazionale di arte drammatica. Io rimango stupita e penso “Allora ci sono le scuole di teatro? “ Io non la sapevo questa cosa.Questa scoperta mi solletica, prendo l’elenco telefonico, cerco “Accademia nazionale di arte drammatica”, vedo che esiste e che c’è un numero di  telefono, chiamo, mi informo.E così si sono innescate tante cose, quell’ anno faccio l’esame di ammissione in Accademia, mi prendono e la mia vita da quel momento si è capovolta ed è ripartita come se fossi venuta al mondo un’altra volta.

Com’è stato passare da Stienta a Roma?
E’ stato difficilissimo  vivere in questa città grande, che non è una città che ti coccola,anzi è una città dura, dispersiva, che ti risponde male per chi viene da un “bozzolo” protetto piccolino.Devo dire che è stata una grande scuola di vita, mi ha data degli schiaffoni, delle “sveglie” come si dice qui a Roma. Sono cresciuta ed ha fatto bene anche al mio lavoro. Mi sono diplomata nel 1984. Alcuni compagni sono partiti con le vele spiegate, sono diventati attori importanti parlo di Luca Zingaretti, Massimo Popolizio, subito. Io non sono ancora adesso un’attrice importantissima, ho dovuto macinare tanta strada,ho delineato un percorso professionale buono , di cui sono contenta, più sul teatro che sul cinema.E per come sono fatta io va bene così.

Ad oggi ha sempre interpretato ruoli drammatici, le piacerebbe fare una commedia prima o poi?
Sì-ride-mi piacerebbe. Quando ne farò una? Chissà.Mi piace andare in scena quando sento di avere la materia giusta, andare per andarci non me ne frega nulla.E’ talmente importante fare una cosa che sento utile per me e per chi la vede. Preferisco stare a casa se non c’è la cosa che mi convince. E se non dovessi trovare la commedia giusta, bensì un altro spettacolo drammatico che mi convince, farò quello. Però confesso che mi piacerebbe.