
Tre donne, tre destini (anche se un paio si somigliano di più), un funerale. Già l’incipit è una promessa di drammaturgia niente male. Ada Ida e Beta, tre amiche di una Roma che non rivela il locus preciso della nascita di questo legame, si rivedono dopo molti anni in occasione della morte del marito di una delle tre. È la strana opportunità per ritrovarsi impellicciate e un po’ “scaciate” a parlare del passato, ricostruirlo e riallacciare i fili dispersi di quell’amicizia. Un’estate, una minaccia, un epilogo nero che scopriamo piano mentre si snodano le vite delle protagoniste: due della Roma bene, una delle zone popolari, accomunate da matrimoni infelici con uomini miserabili.
Il ritmo è perfetto, tutto si muove, anche se per buona parte dello spettacolo le tre sono in realtà accomodate su sedute alte, quasi a scrutare loro il pubblico che le guarda. Si alternano flashback sulla vita scolastica, i sogni di gioventù, il desiderio di Ada di diventare artista, quella di Ida di maternità, quello di Beta di crescere con dignità e bellezza il figlio di un’unione storta. Tre storie, tre vite, che catturano l’attenzione e ci trascinano nel mondo della pièce, lasciandoci però qualche incertezza.
La drammaturgia che pure nel complesso funziona, prestando dichiaratamente il fianco alla performance attoriale, zoppica qui e lì. Come mai due ragazze della Roma bene si ritrovano a frequentare addirittura un liceo con una coetanea della “bassa”? E cosa ha davvero legato sin dall’adolescenza le due alla parabola umana di Beta, la più distante e diversa del gruppo, che proprio per questo, come “da copione”, finisce per conquistarci tutti con la sua irresistibile veracità romana? Ci sono dei piccoli buchi narrativi insomma, così come forse è troppo forte lo strappo fra momenti leggeri e istantanee invece drammatiche che, per la bellezza del testo, mi sarebbe piaciuto vedere annodate con più morbidezza.

Poca cosa però, Signorotte, tornato in scena al Teatro Lo Spazio dal 26 al 27 aprile 2024 a distanza di un anno, in fondo non tradisce le aspettative sulla penna di Massimo Odierna, che ci regala in ogni caso un bel pezzo di teatro, impastato a dovere di cinismo e ironia. A proposito di questo, dopo qualche leggera, ma sempre amabile “fustigata” sulla coerenza drammaturgica, è il caso si spendersi in merito alla splendida regia, pure firmata da Odierna, che con pochi ma precisi elementi, regala allo spettacolo un respiro pulsante, ricco di “vita”. C’è tutto alla fine in questa tragicommedia “rosa”: vizi umani, amore, solidarietà femminile, ma pure un pizzico di brutalità. A ricordarci come ci insegnava Conrad, che il grido ossessivo e disperato di un “selvaggio”, in fondo è come il nostro e può spuntare fuori perfino nelle pieghe più nascoste di una pelliccia costosa.
Last but not least la recitazione. Che dire di queste tre regine della scena? Sara Putignano, Viviana Altieri ed Elisabetta Mandalari sono semplicemente straordinarie. I personaggi accattivanti già sulla carta, si incarnano in loro come sotto un’incantesimo prodigioso, facendole vivere per noi in una dimensione che non sembra nemmeno teatro. Ci pare di vederle sul serio queste tre “signorotte” nel salotto di Ida, a discutere di come in fondo eliminare un uomo malvagio sia un po’ come strappare l’erbaccia nel giardino. Le amiamo perfino quando dichiarano il peggio di sé stesse.
Sara Putignano ci regala un’Ada naif e svampita assolutamente indimenticabile, Viviana Altieri si pone con decisione come centro esatto della scena, perno su cui si svilupperà tutta la narrazione, piantando forte i paletti da cui il racconto prenderà le mosse. Da lei tutto parte e tutto ritorna con straordinaria precisione. Infine lei, Elisabetta Mandalari, il personaggio più divertente e iconico. Sue le battute più memorabili, è Beta a strapparci le risate più forti, con tempi comici da maestra. Sull’ideale bilancia scenica è lei che calibra la leggerezza necessaria a non ingolfare la trama, smorzando i toni più noir della storia. Insomma tre interpretazioni da spaccarsi i palmi, che in effetti il pubblico presente in sala non ha lesinato di arrossarsi con vigore. Bravi tutti.