Le donne gelose… Scene da un matrimonio in salsa veneziana

Al Piccolo di Milano vanno in scena Venezia, Goldoni e le donne

le donne gelose
Immagine di scena dello pièce le donne gelose. Piccolo Teatro studio Melato

Le donne gelose, ovvero: restyling della figura di Carlo Goldoni attraverso un lavoro di estrapolazione e ricostruzione, in chiave materica e appassionata, di un inedito del noto commediografo. Promuovere, oggi, Carlo Goldoni è quasi una sfida titanica: fra opere risapute e letture libresche si rischia di anestetizzare il gusto del pubblico. Fra le soluzioni brillanti vi è la scelta adottata dalla direzione del Piccolo di rinnovare, – anche per la stagione 2016/17 – la presenza in cartellone della commedia “Le donne gelose”.

Le donne gelose è una commedia profondamente connaturata alla cultura veneziana. Ambientazione, costumi colori, umori riflettono la visione poco idilliaca, per questo più autentica e preziosa, della città lagunare.

La lezione di un giovane maestro

Giorgio Sangati: sobrio e talentuoso regista propone senza eccessi rivoluzionari o espedienti di facile effetto la visione di una Venezia convalescente: i vicoli oscuri e ambigui svelano il vero volto del carnevale veneziano. Maschere e costumi, sinonimo di festa, diventano espediente per giocare d’azzardo nel ridotto, prestare soldi a usura e commettere adulterio, mantenendo intatta la propria reputazione.

Le donne gelose

Si squarcia il velo su una società in crisi: sui debiti di gioco, la rovina di famiglie indebitate, sulle vessazioni verbali e fisiche subite dalle donne e il valore del denaro che cambia mano più velocemente di quanto si speri o si creda.  Volto di un’epoca distante secoli – ma che, per effetto di misteriosi parallelismi, tende sin troppo ad assomigliare alla nostra.

Una scelta di contenuto

Il rispetto del vernacolo veneziano, si rivela infine ben più di una semplice scelta stilistica. Negli accenti e nelle aspre invocazioni, esplodono colitici e biliosi: rancori, rabbie e ossessioni dei personaggi di questo “sanatorio a cielo aperto”.

Le follie amorose di donna Tonina e Giulia; gli isterismi d’amore di Orsetta e Chiaretta esplodono in frenesia adolescenziale.

La sete inestinguibile di denaro di Boldo e Todero, poi, è la causa prima della loro rovina. Non meno convincenti appaiono le scene di violenza domestica: stile di vita e retaggio culturale di una società fortemente patriarcale.

Su tutto e tutti domina, accentratrice e manipolatoria, Donna Lugrezia, vedova dedita al gioco del lotto e all’attività di usura. La scelta di Goldoni di affidare, nelle mani di un personaggio così equivoco e dominante, il ruolo di “alter ego goldoniano” ha lo scopo di mostrare il marcio che si cela nel decoro e la consapevole, dolorosa, virtù compenetrata all’errore umano.

Spiando dietro le quinte

Le Scene di Marco Rossi e i costumi di Gianluca Sbicca si accordano alla perfezione con la partitura registica: all’occasione suggestiva e a tratti inquietante. Ogni quadro è accompagnato da una perfetta scelta musicale che spazia da Vivaldi e Rachmaninov arricchita e da una disegno luci che sbozza con forza e rigore corpi e oggetti.

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L’ensemble artistico

Le performance di un perfetto cast artistico rende più attuabile ed espressivo, per il pubblico, “l’ostacolo” del dialetto. Dalla presenza forte rapace di donna Lugrezia interpretata da Sandra Toffolatti; Valentina Picello, Marta Richeldi, Sara Lazzaro ed Elena Fedrizzi, sono le famigerate donne gelose del titolo. Soprattutto interpreti perfette dei loro rispettivi personaggi: vivono, alimentano il dramma della gelosia, tra piccinerie e mediocrità infinite; il tutto senza mai scadere in facili vezzi di facile impatto.

Ensemble maschile di ottimi attori capaci di performance impeccabili.

Il duo formato da Todero e Boldo è abilmente reso in scena da Leonardo De Colle e Sergio Leone. Nelle figure dei due capifamiglia è mirabilmente reso il grigiore di una vita divisa tra bottega e doveri familiari. In netto contrasto, col peso del focolare, spicca la superficialità del giovane Baseggio, Ruggero Franceschini, incarnata nel modus operandi del corteggiatore seriale. La fatua allegria di Fausto Cabra brilla nel suo Arlecchino lunare e a tratti malinconico. Spettacolo e testo consigliati a un pubblico colto e attento ai dettagli. La differenza e il mutare delle situazioni richiedono una certa dose di sensibilità da parte dello spettatore.