
Questa volta il piccolo pubblico viene fatto aspettare nel foyer. Poi viene condotto sul palco attraverso i corridoi secondari del teatro. Arrivando sul palcoscenico lo spettacolo è già iniziato. Il pubblico viene fatto accomodare in un semicerchio di sedie, al limite della scenografia. Si abbassano come di consueto le luci e lo spettacolo si avvia.
In un scenario d’alta montagna, in una postazione completamente ricoperta dalla neve, sono trincerati un intero battaglione di soldati. E’ la prima guerra mondiale. Le terribili condizioni dei soldati sono quelle di una logorante guerra di trincea, combattuta a pezzettini di terra ed innumerevoli vite. L’angoscia, la paura, la speranza, il ricordo, la fame,la sete, il sonno, il freddo sono quotidianamente compagni di ognuno di loro. Vivono nella piena inerzia, aspettando un comando che decida gli esiti della loro vita e della loro Morte. Il racconto che sulla scena si tesse non ha ne capo ne coda. E’ solamente l’estratto casuale di un segmento originario della prima guerra Mondiale.
Sulla scena un solo attore: il pisano Daniel Dwerryhouse. Un monologhista che si assume il compito di interpretare un intero battaglione di soldati alla deriva. Tutta l’Italia, o quasi, è rappresentata dall’ attore, che al contempo è il tenete Alfani, ma anche il cinico romano, l’impaurito toscano, il siculo senza freni, il sardo ubriacone. La Paura, spettacolo di morte, più che di vita, è semplice, ma ha degli elementi scenici che gli danno una forma gradevole, che piace.
La bravura dell’ attore deve fare i conti con una sfida difficile, ovvero quella di interpretare una sfaccettatura di caratteri non indifferente, appesantiti da una situazione scenica insostenibile. La difficoltà a volte si vede, tanto da lasciar correre qualche mancanza nella recitazione.
Ragionando su una guerra disumanizzante, che pone nelle condizioni umane il desiderio della morte più che di una finta-vita, si ha una scena che è carica di desolazione. Non è la scena di un dramma romantico, ne la vivacità di una commedia. Tutto rimanda al bianco della neve, che è segno di sola angoscia. Il bianco è il colore degli oggetti sulla scena: quattro brande, dei sacchi di sabbia, altri pochi e giusti elementi. Il rapporto tra l’azione scenica e il pubblico è diretta, ed ha una forza molto interessante.
La Paura del regista Francesco Bonomo, è uno spettacolo ben fatto, che ha però degli elementi poco curati o addirittura superflui. E’ così per le immagini di sfondo. Le musiche a volte sembrano usate con poco criterio, fino ad apparire non conseguenti a scelte curate. Per quanto riguarda il testo, non si può non notare come sia poco allettante. O meglio, la struttura non ha nulla che non vada, è il linguaggio invece ad essere stridente. Un linguaggio che è a volte troppo libresco e non sa sostenere adeguatamente la verità del dramma. De Roberto, autore del famoso Viceré, non ha sicuramente dato il meglio con questo testo, che sembra mancare in molti punti di un’aderenza alla cruda realtà storici.
A cento anni di distanza dal primo conflitto mondiale Sardegna Teatro (assieme al sostegno di Goldenart Production, La Casa Delle Storie e Rialto Sant’ambrogio) celebra ricordando la follia di uomini contro uomini, soldati contro nemici invisibile, paure, desolazioni. Si ritorna su un tema che ha ancora molto da far pensare, per un presente che ha ancora innumerevoli guerre e battaglie.