La nutria, Agatha Christie e un nigeriano fanno Tutto per Lola

Diretto da Silvio Giordani, in scena fino al 28 ottobre a Roma al Teatro degli Audaci.

Un villino liberty: un tavolo, un divano, una bella vista sul giardino e finestre sulla quarta parete, con quattro grandi interpreti sotto interrogatorio, si apre la scena al Teatro degli Audaci. Son quattro prostitute in pensione, quattro donne ma prostitute; quattro appena tornate da Santa Margherita Ligure,  ma prostitute; quattro disposte a tutto, ma non a parlare del cadavere sepolto nel giardino,  ma prostitute; quattro a riposo, ma prostitute; quattro ancora vivaci, ma con un passato da prostitute.

Chi ha fretta di andare a bagno, Caterina Costantini, interpreta Ester, dalla marcata presenza egocentrica, piacevole memoria di quella che fu “Nannarella”, nella mimica e nel piglio scenico, non accetta di essere anziana, nè di andare in vacanza con un agenzia di viaggio per pensionati. Chi assidua spettatrice di serie poliziesche su Crime non frena la sua conoscenza di investigatrice, honoris causa, vista l’assidua frequentazione alla TV del genere è un abilissima Lucia Ricalzone, nei panni di Carla dai tempi brillanti veramente energici e accattivanti.

La regia di Silvio Giordani non lascia spazio alla noia,  e canzoni balletti o movimenti coreografici rendono veramente divertente le fila dello spettacolo. Le “facce” e le diverse carature vocali della grande Lorenza Guerrieri, fanno sul palco una Livia  dal pollice verde le cui peonie pero somigliano più a cicoria appassita, che a piante, dicono le amiche. Una che sa tanto di moralista del gruppo quando poi della storia in più parti ne è l’artefice.

Abilissima a moderare e giocare i ruoli e le movenze da gendarme della Gestapo la rendono precisa e vera nella parte un po’ “spalla”, un po’ verve: è Monica Guazzini. Lulu, il suo nome nella storia, insieme alle altre tra tutte gioca il ruolo della moderazione di colei è attenta a che nulla si scopra di quanto è successo. In quattro in un susseguirsi di spettacolo che è un déjà vu, un antefatto di ciò che porta l’unico attore maschio, Geremia Longobardo a rendersi antipatico nel ruolo di brigadiere e poi figlio di coloro, che appunto prostitute lo hanno messo al mondo e lo hanno abbandonato, perché la vita facile questo fa, crea e degenera.

In quattro ad assistere dalla finestra alle violenze che Lola subisce da quel colosso che è Wangang, e che lo porterà ad essere cadavere, per necessità di spazio e praticità a pezzi, a riempire i fondali del giardino della dimora di quei “quattro fiori di acciaio” protagoniste della vicenda, in uno scroscio di applausi che il pubblico, per quel poco che è, regalerà loro e alla loro bravura. Piacevole serata in compagnia con queste donne appassionate e tenere, ma anche feroci e determinate dove il tifo per Lola fa la pièce.