
Debutta al Piccolo Bellini di Napoli la piece di Joele Anastasia Io, mai niente con nessuno avevo fatto, spettacolo firmato Vuccirìa Teatro e vincitore di vari premi tra cui quello per la Migliore Drammaturgia e Miglior Attore al Roma Fringe Festival nel 2013 e per Best Show al San Diego Fringe Festival nel 2014.
In scena insieme al regista Anastasia, gli attori Enrico Sortino e Federica Carruba Toscano, nei panni rispettivamente di Giovanni, Giuseppe e Rosaria, protagonisti di un dramma triangolare che lega le loro vite in maniera crudele e indissolubile.
Siamo in un paesino della Sicilia alla fine degli anni ’80, Giovanni e Rosaria hanno circa vent’anni, sono cugini cresciuti come se fossero fratello e sorella, in una casa di sole donne, priva di padri (e di padroni). Insieme si approcciano alla vita, scoprendo i primi turbamenti, le prime gioie, i primi drammi. Rosaria fin da piccola sa che “il maschio di casa” è diverso dagli altri uomini del paese che la corteggiano e le lanciano i sassolini alla finestra per portarla a fare un giro in motorino, lo sa quando adolescente gli mostra il seno e dice “Toccami” e lui le risponde
“Che belle tette che hai Rosaria… vorrei averle pure io!”
Lo sa insomma che suo cugino è omosessuale in un luogo e un tempo in cui se sei uomo e non ti piacciono le donne non avrai certo vita facile e decide di proteggerlo. Un po’ mamma, un po’ amica, un po’ anche fidanzata com’è.
Insieme, chiusi nella stanza, quel mondo segreto che si sono creati, mettono la musica a tutto volume e ballano. Un giorno Rosaria decide di portarlo con sé al corso di danza del maestro Giuseppe, Giovannello va ed è felice e chi se ne fotte se gli altri gli dicono frocio o ricchione (tanto glielo dicono comunque).
Lì in quella sala da ballo nasce l’amore con Giuseppe, sposato e etero – a detta sua – al cento per cento, anche se poi fare sesso con gli uomini mica gli fa schifo, anzi…
E tutto va bene fino a che Giovannello non scopre di avere l’Aids, lui che mai niente con nessuno aveva fatto tranne che con Giuseppe, e glielo dice, mentre quello lo prende a calci e pugni dandogli del pervertito, ma chi crede a uno sporco frocio?
Io, mai niente con nessuno avevo fatto è uno piece forte non tanto per i contenuti, duri certo, quanto per il modo in cui sono raccontati: i tre protagonisti – sempre presenti sul palco – non si incontrano mai nella narrazione, ognuno racconta la propria versione dei fatti in un lungo e doloroso monologo interrotto solo dal monologo di chi, senza essere visto, gli sta accanto.
Tre solitudini appunto, non perchè è così che hanno vissuto le loro vite che anzi erano state intrecciate, annodate anzi, tra loro, ma perchè nel momento del bisogno, del dolore più grande nessuno è riuscito a far entrare l’altro. Rosaria cerca di proteggere Giovanni a qualsiasi costo, imbottendolo di sonnifero per non fargli patire le sofferenze della malattia, Giovanni da un lato è incredulo di fronte a quello che sta succedendo proprio a lui che mai niente con nessuno aveva fatto, dall’altro lato vorrebbe fregarsene come ha sempre fatto e vivere la sua vita per quel poco che gli rimane accanto al suo Giuseppe, quello stesso Giuseppe che l’ha ripudiato, attaccandogli anche lui (anzi proprio lui) l’etichetta di “frocio” addosso, preoccupato solo di essere disonorato agli occhi della moglie e del paese.
Quel paese onnipresente su una scena vuota, riempita come certi vicoli di quartiere dagli sguardi che senti addosso anche quando non li vedi, dai bisbigli mentre passi, dalla violenza inaudita che puoi solo raccontare dopo perchè mentre la subisci nessuno è accanto a te a difenderti.
Joele Anastasi è puro nella sua interpretazione, vitale e instancabile, carico di tutta la forza ribelle della sfrontata felicità, Federica Carrubba Toscano (che mi aveva folgorata in Il corpo giusto) si riconferma un’attrice completa, ricca, capace di dare emozioni violente che arrivano sotto la pelle, Enrico Sortino è disumanamente vero, nella sua violenza e crudeltà, in quell’insofferenza alla vita nascosta sotto strati di menzogna e spavalderia. Insomma i dieci minuti di applausi alla fine di Io, mai niente con nessuno avevo fatto sono stati più che meritati per questo spettacolo che tocca nervi scoperti nell’unico modo in cui farlo ha un senso, ovvero fregandosene di quanto farà male.