
[rating=4] Quando si parla de “La bisbetica domata” la mente corre al film del ’67 firmato da Franco Zeffirelli con Richard Burton ed Elizabeth Taylor, ma quella di Zeffirelli era una versione fedele ed accuratamente filologica, questa (in scena fino al 20 dicembre al teatro Quirino), con la regia di Cristina Pezzoli e con un cast dove primeggia Nancy Brilli, è contemporanea, vivace, pop, riveduta, con tanto di balletto su musica dei Queen alla fine del primo e del secondo atto.
Confrontarsi con un classico pone sempre la questione sulla sua contemporaneità. In questo caso c’è una sfida in più da affrontare nel proporre una nuova versione di questa commedia che ha, insita nel testo, una visione fortemente legata ad un’ottica maschile in cui la donna trova realizzazione nel matrimonio e nell’auspicabile devozione all’autorità del marito. Quando Shakespeare scrisse la commedia, la condizione femminile non era molto favorita dal concetto stesso della donna per l’epoca in cui si viveva, tuttavia l’autore ha voluto dimostrare il suo disappunto sui matrimoni combinati che non erano altro che accordi economici mettendo, invece, in risalto il diritto di poter decidere della propria vita.
«Bisbetica» è la storia di una compagnia che sta provando il testo (il sottotitolo dello spettacolo è infatti «La bisbetica domata di William Shakespeare messa alla prova») e si trova all’improvviso senza regista; a prendere le redini in mano è Caterina (Nancy Brilli) che cerca, nel poco tempo a disposizione prima del debutto, di salvare il salvabile. Per non sforare il budget gli attori dovranno vedersela con i 34 personaggi presenti nell’opera del Bardo: la sarta Teresa diventerà per necessità attrice, mentre il produttore (Valerio Santoro) passa da un ruolo all’altro. E’ una recita che mescola attori e personaggi, un gioco metateatrale che sostituisce allo Sly di Shakespeare la compagnia facendola diventare il gruppo di attori che metterà in scena proprio «La bisbetica domata»; il numeroso cast darà vita ad un doppio spettacolo in cui ciascuno è sia attore della compagnia che personaggio di Shakespeare, il tutto arricchito da una comicità che guida in parallelo i destini degli attori della compagnia e dei personaggi della commedia. Una commedia nella commedia, insomma, che porta a riflettere sui rapporti tra uomo e donna e dove tutto è giocato sullo scontro tra due mondi che sembrano agli antipodi: quello femminile e quello maschile. Il matrimonio di convenienza è il tema centrale, intendendosi per tale l’unione tra il veronese Petruccio che si trova a Padova per cercar moglie (e una consistente dote) e Caterina, primogenita scontrosa di messer Battista, un ricco gentiluomo.
“Bisbetica” è lo specchio della società dell’epoca (e un innegabile riflesso, parziale ed ipocrita, della nostra), una riflessione sul fenomeno che concepisce un nucleo famigliare non basato su un vero rapporto d’amore, ma presupponendo che i sentimenti si affermeranno man mano col trascorrere del tempo.
Ben nota per il suo carattere intrattabile, Caterina fatica a trovare pretendenti e quindi marito, a differenza della sorella minore Bianca, apparentemente dolce e mansueta, bramata da Gremio e Ortensio. Il padre delle ragazze decide, dunque, che nessun uomo avrà la più giovane finché la primogenita non si sarà accasata. Così gli zelanti corteggiatori fanno combutta e convincono Petruccio a chiedere in moglie Caterina, incoraggiandolo con la prospettiva della ricca dote. A quel punto la storia narra una serie di trattative al rialzo che dimostrano quanto il padre delle ragazze veda in loro poco più che un fattore di guadagno.
La commedia è tutta fondata su finzioni, trattative preconiugali, questioni di censo, desiderio di scalata sociale, lotta tra i sessi e, in definitiva, il testo si rivela come uno strategico combattimento fra un uomo cortese, ma avido e ambizioso e una donna scorbutica, spigolosa e bizzarra, che si esprime con picchi di rabbia molto recitata e passione per la zuffa verbale e con una serie di astuzie provenienti dalla commedia dell’Arte, in grado di innescare situazioni pungenti vivaci ed esilaranti. Senza tradire mai l’originale di Shakespeare la sceneggiatura dà vita ad una rivisitazione che trascina lo spettatore, restituendo la contemporaneità di questo autore senza tempo ed assumendo dei toni moderni, sia per il linguaggio che per le scelte musicali di Alessandro Nidi, che spaziano dal pop al rock e si coniugano con i gusti anche di un pubblico giovanissimo grazie alla trasposizione originale e di notevole impatto visivo.
Ma non è solo l’inserimento di un repertorio musicale “attuale” ad incidere sulla modernità di questo spettacolo, bensì anche le caratteristiche dei personaggi: Petruccio, interpretato con maestria da Matteo Cremon, è il classico macho palestrato e spavaldo che indossa pantaloni di pelle, un arrampicatore sociale senza scrupoli, volgare e violento che vuole utilizzare la posizione sociale di una donna più “anziana” di lui per raggiungere i suoi scopi, tutto l’opposto di Gremio (Federico Pacifici) che sembra, invece, uscito da un film degli anni Cinquanta; una menzione anche Bianca (Brenda Lodigiani) dal linguaggio colorito, aggressiva e frivola al contempo. Ma su tutti spicca Nancy Brilli, primadonna arrogante e capricciosa che pian piano si trasforma e nel monologo finale, che è tutta una sorpresa, si dimostra ormai domata.
Il resto del cast è formato da Stefano Annoni (Lucenzio), Gennaro Di Biase (Ortensio), Gianluigi Igi Meggiorin (Grumio), Dario Merlini (Tranio) e Anna Vinci (Vedova).
Se tutti i personaggi in fin dei conti sono protagonisti, lo sono anche le scenografie in stile cubista di Giacomo Andrico, le luci di Massimo Consoli che creano spazi e volumi ed i bei costumi di Nicoletta Ercoli.