Io Nessuno e Polifemo. Quando una bugia diventa letteratura.

[rating=4] Lo spettacolo di Emma Dante in scena al Teatro Bellini di Napoli fino all’8 febbraio è già nel titolo un gioco a tre, un incontro, un confronto. La messa in scena prende le mosse dall’intervista impossibile scritta dalla stessa regista e inserita in Corpo a corpo (Einaudi, 2008) libro che raccoglie le interviste immaginarie di artisti e letterati ai personaggi più cari del loro personale Olimpo.

Il sipario è aperto, sul palco fari a mezz’aria e quinte abbassate, come nel bel mezzo dei lavori di un allestimento scenico. Tre marionette entrano in scena (le bravissime danzatrici Federica Aloisio, Giusi Vicari, Viola Carinci che regalano quadri dal forte impatto visivo), iniziano la loro danza. Una donna sale su un trabattello che domina la scena e con l’ausilio di sintetizzatori e loop station intesse una trama musicale fatta di suoni prodotti al momento. Si tratta di Serena Ganci, cantautrice siciliana i cui brani scritti ad hoc segnano il percorso che i protagonisti intraprendono.

Io Nessuno e Polifemo

Emma Dante entra ed evoca Polifemo, il mostro da cui è stata affascinata e che intende intervistare. Il mostro (magistralmente interpretato da Salvatore D’Onofrio) racconta la sua versione dei fatti in un misto di napoletano e siciliano. Racconta la storia di un essere precivile, pacifico che viveva in armonia con la natura, ridotto ormai a “pazziella pe’ criature”. Polifemo non è più un gigante, è una montagna, il suo occhio è la caverna e la pietra che sta davanti la sua palpebra spezzata.

Polifemo ha perso la vista e acquistato l’immortalità grazie a Odisseo (l’istrionico Carmine Maringola) qui presentato come un bugiardo, un edonista scaltro che usa l’intelligenza per imbrogliare compagni e nemici. Strizza l’occhio all’Ulisse dantesco e la stessa omonimia di “Dante”(nome/cognome) è occasione di equivoco e battuta. L’eroe omerico parla in napoletano, assecondando lo stereotipo del “furbo” per antonomasia. Non si nasconde, ammette di aver amato tante donne, ma di aver scelto sempre la stessa e si confessa: “ So belle ‘e bugie e se le sai raccontare diventano letteratura”.

Emma, Nessuno e Polifemo si confrontano con ironia secondo il reciproco punto di vista e danno vita ad un divertissement interessante e divertente. C’è spazio anche per Penelope che viene fuori dalla Tela, una rete, un sudario che avvolge, imprigiona e libera.

Io Nessuno e Polifemo

Emma Dante che nel tempo ci ha abituato a visioni e immagini di straordinaria poesia grazie anche alla preparazione dei suoi attori, in questo lavoro pecca di vanità ed intellettualismo. A tratti sembra che il mito omerico sia solo un pretesto per raccontare il suo modo di far Teatro. Fa riferimento a critici che non condividono la sua “passione” per i dialetti, cita i maestri a cui si ispira, si spinge verso una lectio magistralis che ha quasi il sapore di una giustificazione.

Verrebbe da dire: Cara Emma Excusatio non petita, accusatio manifesta. Ci piaci di più quando il tuo Teatro si affida alle immagini e alle evocazioni piuttosto che alle spiegazioni.

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