
[rating=3] Buio. Il suono di un pianoforte. Un allestimento minimo sul palco: due poltrone, una valigia piena di libri sul bon ton nel ventennio fascista. Entra una figura in pantaloni neri, bretelle clownesche, camicia bianca: è lei, Maria Cassi da Fiesole, che comincia subito a “ragionare”- verbo leopardesco e fiorentinissimo insieme- dei vizi degli abitanti di Firenze, primo fra tutti quello della lamentela, l’”ohi ohi” come leit-motiv, come la preghiera del muezzin, e subito il pubblico comincia a sganasciarsi dal ridere.
La parte più spassosa di questo basilare ma molto divertente one-woman-show però comincia solo quando la Cassi estrae dalla valigia il primo manuale, il famoso “Galateo di Monsignor Dalla Casa” e comincia a leggerne brani, con tutto il suo collaudato repertorio di smorfie e boccacce, prendendo in giro sia le pretese assurde di buona educazione del tempo, sia i fiorentini, e in primis lo spirito polemico che li anima.
Si passa poi alle imitazioni prese dalla strada, il vecchietto che aspetta il bus, petulante e lamentoso, coi tic e l’immancabile impermeabile beige: uno dei più noti “innamoramenti creativi” dell’attrice che stasera è in prestito al Teatro di Cestello nel cuore dell’Oltrarno, lasciando il suo Teatro del Sale che ha creato insieme al marito chef Fabio Picchi e di cui lei è direttrice artistica. Si passa poi alla lettura di brani tratti dalla “ Biblioteca delle signore”, anno 1937, di Lea Schiavi.
Alla fine di ogni lettura chiama a sé gli applausi, li dirige, ma non ce ne sarebbe bisogno, il pubblico si butta via dalle risate, si riconosce, si immedesima, si sente spettatore e protagonista insieme di questa serata fiorentina in cui di Firenze si parla, con la scusa del galateo dei tempi che furono. Si delineano e descrivono varie tipologie umane: la perfettina, la “pissera”, il “pissero”, il vecchietto coi tic; si confrontano Firenze e Parigi, altra sua città amatissima, prima di passare alla lettura di brani da il “Galateo di Vanna Piccini” del 1938 e del suo divertentissimo Decalogo della fidanzata. Infine l’ultimo testo: “Come si vive nella buona società” della contessa Lara Buffoni Zappa (e qui la Cassi gioca molto di mimica e il pubblico non ce la fa più dal ridere) e il personaggio della zitella assai goduriosamente descritto. C’è poi un pezzo sulla danza classica, sulla Morte del cigno, forse un po’ eterogeneo rispetto al resto dello spettacolo, ma che gli spettatori dimostrano di apprezzare alquanto.
Il finale è una dichiarazione dell’attrice di amore verso il teatro.
Gli spettatori presenti, fiorentini e non, la loro dichiarazione d’amore alla Cassi l’hanno già fatta.