Cuore di tenebra. Passi nel vuoto

[rating=4] Per Carmelo Bene il Grande Teatro è incomunicabile, difficile da recensire. L’ennesimo, scioccante spettacolo (o esperienza sensoriale) del regista colombiano Enrique Vargas, da anni alla guida del Teatro De Los Sentidos, lo è. La prosa, la rappresentazione, il simbolico si dissolvono in questa folgorante versione di Cuore di tenebra, ambientata nel Centro Fiere dell’area ex Breda/mostruoso cantiere aperto di Pistoia. Dove ognuno è chiamato a prendere parte al gioco.

Il racconto di Joseph Conrad è per Vargas il suggestivo punto di partenza per cementificare una performance fisica e mentale nell’oscurità, che il pubblico deve vivere, guidato da personaggi in costume. Attratto dalla descrizione, la camminata di una sagoma che sfila nella penombra, ognuno di noi sceglie chi lo guiderà in una spedizione, dove gli interpreti si trasformeranno in impiegati, sciamani, aguzzini, salvatori. Diveniamo docili agli ordini, automaticamente, impigliati in un play di confessioni e gesti rituali.

Cuore di tenebra - Enrique Vargas Teatro de los Sentidos

Tutto ha avuto inizio con l’ingresso in una stanza semi-buia, grotta contemporanea, con pareti nere segnate da graffiti bianchi. La prima attrice di cui facciamo la conoscenza disegna il perimetro del continente africano con un gesso e ne sfonda la superficie, allargandola per farci entrare: ora capiamo che qualcosa di irreversibile sta per succedere.

Sarà un cammino iniziatico alla scoperta della malvagità, la finzione diverrà a tratti spaventosa. Scalzi, affidati a un numero, schedati, proseguiamo nel tunnel ricoperto di sabbia, fiume sotterraneo, in un crescendo di rischieste: lavare l’attrice, decidere chi salvare dalla morte, riempire di terra un recipiente che verrà svuotato per seppellire vivo un personaggio.
Dopo un aumento implacabile e calmo (come la malata lucidità di Kurz nel romanzo, ambientato in Congo, dove milioni sono stati i morti per mano delle potenze coloniali), la cattiveria si esaurirà da sola, e anche le direttive. Finché tutti ci rifiuteremo, automaticamente, di obbedire, e potremo tornare all’uscita, alla vita.

L’acqua, elemento che ricorre spesso nella performance, come suono ed elemento corporeo, si manifesta come un’improbabile rottura delle acque e ritorno all’utero materno, dove i rumori sono distorti, i gesti istintivi. La geniale idea di mettere alla prova lo spettatore è una zampata animalesca che si insinua nella memoria per molto tempo, e fa pensare ossessivamente a sadismo, terrore, alla maniera di far convivere un cuore di tenebra e un cuore di luce. La soluzione è soggettiva, come i ricordi.
Il Teatro dei Sensi ha centrato il bersaglio. Il teatro è morto ed è rinato.

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