
[rating=5] Correva l’anno 2002 quando fummo letteralmente rapiti dal talento di Steven Berkoff. Il trasgressivo e poliedrico attore, autore e regista inglese portava in scena in Italia, al Teatro della Pergola di Firenze, il suo celebre monologo Shakespeare’s Villains. A masterclass in evil, una carrellata di personaggi malvagi shakespeariani interpretati in modo dissacrante e ironico dall’attore anglosassone, che mostrò un bagaglio virtuosistico di pura tecnica attoriale.
A distanza di oltre 10 anni siamo andati a ritrovarlo, con un certo effetto, sul palco principale dell’Assembly Hall di Edimburgo, cuore pulsante degli spettacoli di punta del Fringe Festival. Per l’occasione il leggendario attore di Kubrick ha presentato in prima mondiale la sua ultima drammaturgia, An Actor’s Lament (Lamento di un attore), della quale è anche regista e attore.
Sul palcoscenico spicca un’unica sedia illuminata, nessun altro oggetto, costume o accessorio, tutto ciò che avviene nell’ora della pièce è puro teatro.
Più che un lamento, quello di Berkoff è un grido di dolore verso l’interno, una critica aspra sull’ego del teatro, fatta in una conversazione a tre voci traboccante di alto linguaggio e impertinente ironia. Le denunce, gli sproloqui e gli insulti sono tesi senza pietà verso critici, definiti «punture di pulce», registi, drammaturghi e attori, «comuni mortali vestiti di sudicia fama» che sviliscono la recitazione di un tempo, avendo perso il palingenetico esercizio di mimesi.
Berkoff è affiancato sulla scena dagli ottimi Jay Benedict e Andree Bernard, che interpretano insieme a lui la veste di attori affermati. La loro interpretazione è magistrale, dimostrando che ciò che rende migliore il teatro è la qualità e non la quantità. Vederli sulla scena è un piacere, con umorismo asciutto e ampi movimenti sostituiscono oggetti di scena e costumi. Il palco viene così popolato con niente più che gli stessi attori.

La drammaturgia di An Actor’s Lament è spiritosa, divertente e tagliente, un espressivo e accattivante ritratto di un uomo che rifiuta di compromettere i propri valori con il mondo moderno del teatro.
Nonostante il tempo passato e qualche chilo di troppo, Sir Berkoff, dà prova di essere ancora un grande animale da palcoscenico. Le movenze, la pulizia dei gesti e la mimica micrometrica facciale con la quale accompagna le azioni che vanno componendosi sulla scena, sono da manuale di recitazione. Dall’alto della sua caratura Berkoff può inveire, scagliandosi contro quel mondo di cui fa parte e del quale non accetta più la pochezza attoriale e la banalità che spesso propina ad un pubblico ancora poco avvezzo per riuscire a gridare “il Re è nudo!”. Ci pensa Steven Berkoff.














