
L’Amleto di William Shakespeare, nella messinscena degli attori rumeni del Teatro Nazionale di Cluj-Napoca sotto la direzione di Roberto Bacci, andato in scena al Teatro Era in prima nazionale, è un vero gioiello: un meccanismo perfetto che scandisce il ritmo pulsante della tragedia del Bardo.
Gli attori, già in scena, appaiono vestiti di bianco con una gonna lunga, simili a combattenti di Kendo, l’arte marziale giapponese che indica il “cammino della spada” ed esprime l’essenza di tutte le arti di combattimento nipponiche. I “duellanti”, spada in pugno, circolano guardinghi attorno allo scheletro del “castello/trappola” di Amleto: una struttura praticabile in legno di oltre tre metri poggiata su ruote disposta al centro del palcoscenico, unico vero elemento scenografico polivalente dello spettacolo. Nell’avvicendarsi sotto la continua cadenza di un metronomo, pronunciano un solo lemma “parole, parole, parole” (battuta dell’atto II, scena 2). Amleto vestito di nero in stile contemporaneo giunge dalla gradinata, passando tra le due file di sedie del pubblico, con il libro del suo dramma tra le mani. Una storia che sarà costretto a ricordare e a rivivere, ciclicamente come una maledizione, spinto dalle bianche figure dei duellanti che lo obbligano: “ricorda!”. Le anime dei personaggi rivivono coralmente nella trasformazione dei “duellanti” in multiformi Re, Regine, Ofelie, Orazi, Poloni, nonché il fantasma del padre e gli “amici” Rosencrantz e Guildenstern.
I fondali che delimitano la scena evocano la terra scavata per una fossa di un cimitero, la tomba affollata dagli spiriti dei caduti nel dramma shakespeariano.
La struttura versatile, vero punto di forza, assume varie funzioni all’interno della pièce, spostando il centro della scena e dell’azione da una parte all’altra dello spazio, ricordando con le sue corde e le sue aperture il meccanismo della trappola che si apre e si richiude con scatto secco.
Roberto Bacci si misura con una compagnia di attori eccezionale, producendo uno spettacolo visionario e sublime che non ha niente da invidiare all’ottimo Hamlet di Korsunovas di qualche stagione fa (leggi la recensione). Niente è lasciato al caso, gli oggetti scenici vengono riutilizzati con cura dagli attori, che togliendosi la maschera di ferro della scherma entrano ed escono come fantasmi dal doppio ruolo duellante/personaggio.
I sette attori impeccabili hanno accordato un testo con tecniche vocali e corporali perfette. La scuola teatrale di Cluj come sospettavamo ci mostra un teatro che cura al dettaglio fisicità e parola, con grande ritmo e dinamismo. Un teatro della verità che richiama alla mente le recenti produzioni di Hermanis, Nekrošius e Koršunovas, provocandoci un pizzico di clemente invidia. Efficaci le luci e i tappeti sonori d’effetto di Ares Tavolazzi.
Ne esce un Amleto diverso, potente, fisico e privo di stereotipi, dove non compare il teschio di Yorik o le martellanti domande, ma un finale con una distesa di teschi, accanto ai quali si accascia esangue Amleto. I “duellanti” riprendono il loro ondulante passo iniziale intorno al grande trabocchetto, il dramma si è appena concluso, o è soltanto iniziato.