Alice: una Favola che è uno spettacolo e uno spettacolo da Favola

[rating=5] Alice è un terreno ostico per i teatranti, così come per i registi cinematografici, il pericolo banalizzante e la noia da romanzo celeberrimo è dietro l’angolo, in agguato ad ogni battuta, scelta di allestimento, performance attoriale… Il fatto è che Carroll ce l’ha raccontata così bene questa storia, che far meglio è dura, senza contare la declinazione disneyana che impera nel nostro immaginario infantile, scolpita a fuoco vivo su quel grembiulino bianco e il sorriso a mezzaluna dello stregatto. Eppure testi così noti sono anche una sfida per chi decide di riproporli, soprattutto se il pubblico privilegiato di questa nobile operazione sono i bambini, quegli stessi verso i quali, come ci insegnava Korczak, il pedagogo direttore d’orfanotrofio morto a Treblinka con i suoi piccoli ospiti, bisogna innalzarsi sulle punte per raggiungerne l’altezza dei sentimenti e non certo chinarsi “alla loro statura” come si usa credere.

Simona Gambaro fondatrice del Teatro del Piccione, compagnia d’innovazione attiva su Genova interamente dedita al Teatro Ragazzi, ha colto appieno la lezione del medico polacco, realizzando spettacoli di pregio pluripremiati a livello internazionale, uno di questi è proprio Alice, in scena al Teatro India di Roma fino al 13 Dicembre, una favola di drammaturgia è il caso di dire, meravigliosamente resa in scena dai bravissimi attori del Teatrodelleapparizioni, team romano dal talento ineccepibile.

Bravi tutti: Danila Barone un’Alice incerta che poi si fa “giocatrice” in prima linea, Dario Garofalo splendido Stregatto e Cappellaio Matto, Raffaella Tagliabue Regina detronizzata, Brucaliffo-farfalla e molto altro ancora e poi lui, Valerio Malorni, un Bianconiglio mai visto che più incredibile di così davvero non si può, una faccia e una voce che non si dimenticano. Splendide le scene di Sara Ferazzoli e Fabrizio Pallara, qui in veste anche di regista, azzeccatissimi i costumi di Francesca Marsella.

Uno spettacolo per gli occhi, ma soprattutto per l’anima, a testimonianza per fortuna santa che il buon teatro è ancora vivo, resiste e sa declinarsi in forme sempre nuove e stupefacenti, anche laddove “il vecchio” aveva già lasciato il segno, perché come ci insegna il buon Brucaliffo nell’atto di abbandonare la nivea carcassa da bruco per trasformarsi in variopinta farfalla: “Cambiare non è perdersi, ma trovare la giusta misura”.

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