Pisa teatro di avanguardia: successo per Il Convitato di Pietra

[rating=5] L’ultima opera che conclude la trilogia “don giovannesca” al teatro di Pisa è il Convitato di Pietra di Giovanni Pacini composto in piena prima metà dell’Ottocento in occasione di una esecuzione familiare nel 1832 a Viareggio e dedicata alla propria famiglia composta tutta da musicisti.

Lo stampo stilistico dell’opera, così come tutta la produzione di Pacini, è belcantista con arie e cabalette in forma donizettiana.

Giovanni Pacini, nativo di Catania per caso, nel corso di un viaggio di lavoro del padre che era un cantante, ha vissuto  per lo più tra Viareggio di cui fu anche sindaco gonfaloniere e Napoli, per poi passare gli ultimi anni di vita a Pescia. Fu il fondatore musicale dell’Istituto musicale di Lucca che portò il suo nome per molto tempo e primo direttore del conservatorio di Firenze dove ricoprì anche l’incarico di professore di composizione. Fu uno dei più copiosi e fecondi compositori d’opera dell’800, si ricordano, tra i molti, Saffo la cui interprete italiana e’ stata dopo la Malibran per la quale era stata scritta la complicata tessitura vocale,  la celebre Maria Dragoni, Carlo di Borgogna, Gli ultimi giorni di Pompei e Medea. Compositore al pari di Donizetti e Bellini cadde nell’oblio a causa proprio di questi grandi che offuscarono la sua opera.
Pescia città in cui morì gli dedico il Teatro e gli conferì la cittadinanza onoraria.

Ci sono dubbi sull’autore del libretto del Convitato.
La musicologia  afferma  con certezza che il libretto è da attribuire a Gaetano Barbieri, ma molte cose sono scopiazzate in modo maldestro da Da Ponte, specie nei dialoghi che qui sostituiscono i recitativi alcuni dei quali sono andati perduti. Se ci chiediamo perché si è deciso qui a Pisa di rappresentare il convitato di Pietra di Pacini (e non un altro fra i 97 don Giovanni che il repertorio operistico ci ha donato) si ha una risposta immediata e semplice. La partitura e’ stata scoperta da Daniele Ferrari qualche anno fa durante suoi impegni esteri e ne ha proposto l’esecuzione al teatro Verdi di Pisa.

Il Convitato di Pietra

Ma iniziamo subito dalle dolenti note prima di dare giusto merito a coloro i quali  (ovvero i cantanti) sono stati i veri “salvatori” della produzione paciniana. Prima di tutto la regia di Lorenzo Maria Mucci, insomma affermare  di avere assistito ad una non regia e’ dir poco! totalmente statica, a parte qualche felice scelta (già più volte rivissuta in altre rappresentazioni operistiche del passato)  quale ad esempio la presenza dello stesso regista sulla scena che interpreta (supponiamo? Sic! ) Pacini…! Oppure le proiezioni dei movimenti ingrandite su schermo gigante…A parte questi piccoli “espedientucci” poco raffinati affermiamo che per nulla ci è sembrata una regia convincente anzi piuttosto “neniatica” ed a tratti noiosa. I personaggi spesso non sapevano come muoversi e in alcuni momenti erano più lunghi i tempi delle  entrate come delle uscite dei protagonisti o del coro, gli stessi recitativi  che come dicevamo  erano declamati con la parola sembravano amorfi poiché fuori da ogni spirito di iniziativa da parte del regista. Insomma un regista deve saper dire qualcosa! Forse poco tempo nella cura della regia? I costumi tipici del periodo ci sono sembrati appropriati e con gusto hanno equilibrato le manchevolezze di una “non” regia.

Il Convitato di Pietra

I cantanti, sono proprio loro i veri protagonisti dell’opera, ottimi attori ed ottime voci che spesso, grazie alla loro esperienza, sostituivano i silenzi  musicali e le nebbiose scelte di regia che abbiamo notato durante tutta la rappresentazione. Primo tra tutti vogliamo puntare l’attenzione sul giovane tenore Massimiliano Silvestri (Don Giovanni), che bella voce! Importante! bellissima presenza scenica. La voce pura e perfettamente intonata ha dato gusto  e risalto alla tessitura vocale, il Pacini gli ha voluto riservare passaggi tecnicamente arditi con si naturali che ha affrontato con sicurezza e dignità stilistica di eccellente interprete, Silvestri, “classico e nobile ”  interprete, in poco meno di cinque giorni  ha studiato la parte (si consideri che Silvestri ha sostituito d’improvviso Max Iota) ha rimarcato  finemente le agilità ed interpretato l’aria del secondo atto alla maniera italiana dell’epoca con gusto donizettiano, un gusto che ben si equilibrava con lo stile  musicale presente nella partitura dell’aria perfettamente annoverabile del genere belcantista.

Bellissima interpretazione di Carlo Torriani qui nelle vesti del “leporelliano” Ficcanaso, un servo che anche qui è quasi sempre presente sulla scena, più di Don Giovanni e Torriani ,lo abbiamo già detto , ha un’eccellente presenza scenica che attira subito l’attenzione del pubblico e soprattutto ha dato prova di  una recitazione notevolmente compiacente capace di coinvolgere anche la platea con il riso e dare movimento alla staticità dell’azione scenica.
Così come donna Anna qui interpretata da Sandra Buongrazio che con la sua aria iniziale ad apertura della scena ha dimostrato grande valore sia per la presenza scenica personificando a pieno titolo la nobiltà del ruolo ed epocizzando il personaggio  sia per la tessitura vocale che ci ha riservato la sorpresa di sentire un mezzo soprano di enorme qualità timbrica  che come poche oggi ritroviamo in teatro. Donna Anna è stata perfettamente assistita nell’azione scenica da un altrettanto nobile don Ottavio con l’interpretazione di grande caratura del tenore lirico Roberto Cresca, e si! Un vero lirico! Una voce di spessore e di ottima fattura timbrica, capace di duettare colorando la frase e respirando i suoni che venivano uno per uno presentati in  grazioso stile. Un tenore con un timbro pastoso che, anche in quest’ultimo caso, raramente ci capita di ritrovare fra le qualità delle voci che  oggi il teatro  italiano ci offre. Sicuramente  ritroveremo il giovane Cresca in ruoli pucciniani e perché no anche veristi.

Il Convitato di Pietra

Come attori nulla da dire, Donna Anna e  Duca Ottavio hanno brillantemente interpretato il proprio ruolo anche nei recitati equilibrando la parola ed il cantato con giustezza di vedute… Sembrava proprio di assistere alla compiuta riforma calzabigiana “prima la musica e poi le parole”. Che dire di Zerlina qui protagonista per volontà delli stesso Pacini che le dedica una vera e propria aria di bravura come omaggio alla sua devota sorella , nel  caso in specie qui interpretata dalla brava Giulia De Blasis sempre più  disinvolta sul palcoscenico, dotata di una voce cristallina ed agile con un’ottima intonazione sopratutto nei registri acuti, ci ha ridato un bis del successo ottenuto nel Don Giovanni di Gazzaniga, registrando il nostro totale consenso. Ci ha emozionato! Sicuramente dovrà sempre più, considerata la qualità della sua voce, approfondire, alleggerendo,  ammorbidendo il registro medio che risultava qualche volta non del tutto equilibrato al fine di bilanciare  sempre più il possibile dislivello che il suo registro medio fa notare se messo a confronto con la parte acuta  ben impostata, registro acuto ( quello della De Blasis) capace di gioire   nelle agilità  che affronta con totale sicurezza.
Ottima la presenza scenica del commendatore qui interpretato da Sinan Yan  da che ha fatto impallidire il pubblico per l’effetto ben curato creato dal trucco e dal costume. Senz’altro robusta la voce anche se la dizione doveva avere maggiore cura.Buone le qualità vocali di Masetto qui affidate a Daniele Cusari. Anche se avremmo voluto più precisione nei recitati.

La direzione dell’orchestra affidata a chi ha scoperto questo gioiello ovvero  Daniele Ferrari ha necessità di alcune riflessioni. Ancora una volta deve registrare il nostro dissenso la scelta dei tempi voluta dal direttore.

Il Convitato di Pietra

Sembra quasi paradossale ma si è passati da un eccesso nei tempi del Gazzaniga (troppi veloci ed isterici) ad un eccesso al contrario nei tempi di questa performance. Tutto troppo lento! Solo questo ci sentiamo di dire. Del tutto ingiustificato nel bel canto (e Pacini è un vero protagonista del bel canto italiano) l’utilizzo di tempi così lenti e che dire dei rallentati  alla fine delle frasi che  creavano nocumento nell’interpretazione dei cantanti, sopratutto nel registro acuto degli insieme!  Ci sentiamo di dire (per fortuna ) che quanto meno c’era un dinamismo timbrico dell’orchestra Archè  (che ha per lo più ben interpretato la partitura) più misurato, senz’altro frutto di una scelta direttoriale ma i tempi troppi lenti facevano perdere di smalto le agilità delle arie così come la tessitura melodica rossiniana delle parti d’insieme ben interpretate sia dai solisti che dal l’ottimo Coro Laboratorio Lirico San Nicola ben istruito per l’occasione.

Di sicuro ai cantanti dobbiamo la vera riuscita dell’opera ma ci permettiamo di sottolineare ancora una volta che la scelta del direttore artistico Lippi e’ il primo successo dell’opera. Lippi, di cui abbiamo già apprezzato le doti,  ha messo nelle condizioni di proiettare il teatro di Pisa quale vero teatro d’avanguardia nel panorama dei teatri di tradizione europei. In questo deve essere solo sostenuto senza alcun dubbio di sorta e sopratutto senza alcun ripensamento programmatico in quanto oggi un teatro si vede nella qualità anche per la continua formazione che propone e non solo per la scelta dei titoli. Pisa sta dimostrando di fare ricerca musicologica in una città universitaria e sicuramente ciò sarà di  base ed esempio per altri enti che dovranno progredire, attraverso la ricerca continua nel campo storico musicale, senza perdersi  in facili accademismi. Qui a Pisa si tocca la formazione ed il risultato è proprio la produzione che ci offre il teatro Verdi.

5 COMMENTI

  1. Peccato che tutta la prima parte di questa recensione assomigli in maniera singolare alla prima parte della mia recensione pubblicata sulla rivista Operaclick, compreso un passaggio che conteneva un’inesattezza (che poi ho corretto) circa l’esecuzione in forma di concerto dell’esecuzione a Bad Wilbad.

    Dalla mia recensione su Operaclick:

    Con Il Convitato di Pietra di Giovanni Pacini si è concluso il ciclo di opere sul mito di Don Giovanni programmato al Teatro Verdi di Pisa. Anche se il valore culturale e musicologico dell’operazione ha superato la qualità esecutiva degli spettacoli, questi si sono costantemente mantenuti su un livello dignitoso, tale da lasciare quanto meno intuire la qualità delle rare partiture presentate. Merito, oltre che della dirigenza del teatro che ha creduto nell’operazione, dell’entusiasmo e della dedizione di direttori, solisti e registi, chiamati ad un impegno gravoso in vista di un’unica esecuzione per ciascun titolo.
    Se le opere di Gazzaniga e Tritto presentate nelle settimane scorse si collocano all’incirca all’epoca della composizione del capolavoro di Mozart, l’ultimo “Convitato di Pietra” è di alcuni, ma significativi decenni più tardo e, sebbene si tratti semplicemente di una farsa che Pacini compose per un’esecuzione familiare e privata (a Casa Belluomini di Viareggio nel 1832), mostra chiaramente come il gusto si fosse modificato in poco più di trent’anni, tra cabalette e concertati di gusto marcatamente donizettiano.
    Giovanni Pacini fu toscano di origine (da una frazione della Montagna Pistoiese), oltre che di residenza prevalente, ma casualmente nativo di Catania, nel corso di un viaggio di lavoro del padre cantante. Visse per lo più tra Viareggio e Napoli, per poi trascorrere gli ultimi anni di vita a Pescia, che gli ha intitolato il bel teatro cittadino. Fu uno dei più prolifici compositori d’opera dell’800, con oltre novanta titoli all’attivo, dei quali si ricordano, tra i molti, Saffo, Carlo di Borgogna, Niobe, Gli ultimi giorni di Pompei e Medea. La sua lunga carriera vide il momento massimo successo in coincidenza con gli ultimi anni di attività di Rossini, per poi venire eclissata dagli astri nascenti di Bellini e Donizetti.
    Di questo Convitato di Pietra si ignora con esattezza il nome del librettista. Gli studiosi di Pacini lo attribuiscono con una certa sicurezza a Gaetano Barbieri, ma vi sono evidenti e massicci saccheggi da Da Ponte, specie nei dialoghi che qui sostituiscono i recitativi, vero esempio di “salva con nome” e “copia e incolla” ante litteram. Dopo l’esecuzione “casalinga” il titolo visse un lungo oblio fino alla riproposizione nel 2008 al Festival Rossini di Bad Wildbad, in un’esecuzione diretta dallo stesso Daniele Ferrari chiamato sul podio del Verdi, poi riversata in cd dalla Naxos. Quella di Pisa costituisce quindi la prima rappresentazione scenica dell’opera in un teatro italiano.

    Dalla recensione di Gianfranco Pappalardo Fiumara per http://www.fermataspettacolo.it :

    Il Convitato di Pietra di Giovanni Pacini conclude il ciclo di opere sul mito di Don Giovanni programmato al Teatro Verdi di Pisa. Se le opere di Gazzaniga (leggi la recensione) e Tritto (leggi la recensione) presentate nelle settimane scorse si collocano all’epoca della composizione del capolavoro di Mozart, il “Convitato di Pietra” di Giovanni Pacini è alcuni decenni più tardo e, sebbene si tratti semplicemente di una commediola che Pacini compose per un’esecuzione familiare e privata (a Casa Belluomini di Viareggio nel 1832), e’ chiaro quanto sia cambiato il modo di comporre e quanto fosse modificato in quasi quarant’anni , il genere con cabalette ed arie di stampo donizettiano.
    Giovanni Pacini fu toscano di origine oltre che di residenza prevalente, ma casualmente nativo di Catania, nel corso di un viaggio di lavoro del padre che era un cantante. Visse per lo più tra Viareggio di cui fu anche sindaco e Napoli, per poi passare gli ultimi anni di vita a Pescia, che gli ha dedicato il teatro. Fu il fondatore musicale dell’Istituto musicale di Lucca che portò il suo nome per molto tempo e primo direttore del conservatorio di Firenze dove ricoprì anche l’incarico di professore di composizione. Fu uno dei più copiosi e fecondi compositori d’opera dell’800, con quasi cento titoli all’attivo, dei quali si ricordano, tra i molti, Saffo la cui interprete italiana e’ stata dopo la Malibran ma celebre Maria Dragoni, Carlo di Borgogna, Gli ultimi giorni di Pompei e Medea. La sua carriera vide il momento di massimo successo in coincidenza con gli ultimi anni di attività di Rossini, per poi venire eclissata dal successo di Bellini e Donizetti.
    Non sappiamo con esattezza il nome del librettista dell’opera qui rappresentata a Pisa in forma scenica per la prima volta zio epoca moderna. La musicologia afferma con certezza che il libretto e’ da attribuire a Gaetano Barbieri, ma molte cose sono scopiazzate in modo maldestro da Da Ponte, specie nei dialoghi che qui sostituiscono i recitativi alcuni dei quali sono andati perduti. Dopo l’esecuzione “per la propria famiglia a casa” dedicata alla sorella il titolo visse un lungo oblio fino alla riproposizione nel 2008 al Festival Rossini di Bad Wildbad, in un’esecuzione cameristica in forma di concerto diretta dallo stesso Daniele Ferrari.

  2. Buonasera, mi dispiace dover puntualizzare l’inesattesza circa la presunta somiglianza della prima parte della sua pregevole recensione con la mia. Rileggendo bene le due recensioni sono totalmente diverse sua nei contenuti che nella qualità delle stesse. È ovvio che sintesi sulle attività del compositore Pacini nativo a Catania, si trovano in qualsiasi enciclopedia e spesso possono essere del tutto simili o similari.
    Le nostre mi risultano alquanto diverse. Lei cita un passo che anche per me era piuttosto impreciso e lo è ancora considerato che non ho alcuna fonte ma io ne cito altri nella prima parte che lei ad esempio non cita come la prima esecuzione moderna della versione della Saffo interpretata dal celebre soprano Maria Dragoni.
    Concludendo e senza alcuna polemica ma con stima non porrei l’accento sulle presunte caratteristiche della prima parte o della seconda parte piuttosto analizzerei le diversità delle due recensioni che portano vivacità al dibattito culturale intorno ad un compositore che ha fatto scuola del bel canto.
    Cordialmente

  3. La redazione ha ritenuto necessaria la riscrittura della parte iniziale della recensione, che il nostro autore ha provveduto a correggere.
    Il magazine ha a cuore da sempre l’etica dell’originalità e unicità dei propri contenuti.

  4. Ringrazio dell’intervento della redazione. Non sono soddisfatto della risposta dell’autore del pezzo. Credo che a fronte del chiaro esempio riportato sarebbero state più opportune delle semplici scuse.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here