
E’ festa al castello dei conti di Coigny, in una giornata d’inverno del 1789, e il giovane servitore Gérard, addobba la serra, innamorato segretamente della contessina Maddalena. Andrea Chénier, il poeta invitato da sua madre, improvvisa versi, inneggianti all’amore universale e di condanna alle ingiustizie di nobili e clero verso i poveri. Inevitabile è il clamore dei presenti.
André Marie Chénier, è realmente esistito morto ghigliottinato poco più che trentenne, nel 1794 del Terrore, durante il periodo della Rivoluzione Francese. Le vicende romanzate narrano situazioni reali. Mancava dall’Opera di Roma da quarantadue anni, in un libretto Giordano e Illica tutto rime, decadenze e morbosità. Il tessuto sinfonico è tipicamente ottocentesco con echi pucciniani vuoi a “Manon Lescaut” vuoi a “Tosca” nobilitato dall’elegante maestria e concertazione del direttore d’orchestra Roberto Abbado.
L’azione nel secondo quadro si sposta a Parigi e il poeta, com’è logico viene perseguitato da un “Incredibile” mandato da Gérard divenuto un rappresentante del Terrore. Il nostro eroe, invitato dall’amico Roucher, non vuole fuggire ma è curioso di conoscere chi sia quella misteriosa sconosciuta, che da tempo chiede la sua protezione. A lei Maddalena di Coigny, appunto, i rivoluzionari hanno ucciso la madre ed è costretta a vivere nascosta, ridotta in povertà. Chénier riconosce subito la contessina e tra i due scoppia l’amore. Il duello tra questi e Gérard, procura una ferita a questi, che riconosciuto il poeta, lo esorta a fuggire e a portare in salvo la padrona di cui è sempre innamorato.
“Non c’è due senza tre” il regista cinematografico Marco Bellocchio da sempre grande appassionato all’opera, ha accettato, dopo il Rigoletto a Mantova e i Pagliacci a Bari, l’Andrea Chénier a Roma per spirito di curiosità, per incompetenza, come da sue parole, l’approccio all’opera è all’insegna del più totale rispetto della musica e persino di certe didascalie del libretto. Tutto si sostanzia in una regia molto sobria nonostante il ricco allestimento realizzato in coproduzione con il Teatro La Fenice di Venezia.
Il tribunale del terzo quadro celebra l’arresto del protagonista e la condanna per mano di Gérard, ma la passione per Maddalena che si offre in cambio del suo amato, lo induce alla promessa di salvare il poeta, senza però riuscire ad evitargli la condanna. Un triangolo amoroso in un cast all’altezza dell’impresa. Un grandissimo Roberto Frontali è il servitore, una Maria José Siri piuttosto timida nella prima parte, prende vigore, spessore e temperamento dal secondo atto, nel ruolo della contessina e un Gregory Kunde, americano di 63 anni con una voce in via di definizione nel corso della vicenda, esita all’inizio, ma avvince quanto a drammaticità attoriale in veste di protagonista
Belli i costumi di Daria Calvelli con l’ausilio delle scenografie e delle luci di Gianni Carluccio, le accattivanti intuizioni coreografiche di Massimiliano Volpini, le eccellenze del corpo di ballo, tutto culmina in prigione. Chénier e Maddalena abbracciati affrontano il patibolo. La contessa si è sostituita a una giovane madre condannata a morte, e Gérard, piange lacrime amare, in un angolo, alla vista dei due che salgono sulla ghigliottina. Lo spettacolo fa il pieno di applausi con il calore di un lungo e incessante scroscio di inequivocabili soddisfazioni del pubblico.