
Teresa Iervolino, il giovane mezzosoprano nato sotto la stella rossiniana di Isabella, dopo una profonda maturazione in ambito rossiniano ora è pronta per importanti debutti che nei prossimi mesi la vedranno impegnata a Martina Franca e Venezia. L’entusiasmo contagioso e la grande voglia di scavare nei propri personaggi contraddistingue l’arte di Teresa che in questa ampia intervista ci racconta del suo percorso e non solo…
D. Buongiorno Teresa, inizierei chiedendole come è andata la recente esperienza di Cenerentola a Piacenza, contenta?
T. Sì, contentissima, devo dire. E’ stato molto bello perché si trattava della ripresa di una produzione con scene e costumi di Luzzati che mantiene uno stile fiabesco pur stando molto attenta ad aderire al libretto e questo a dispetto di tante regie anche moderne. La cosa bellissima era ritrovarsi dentro ad una fiaba, ma con la sua drammaticità. Mi sono sentita più sciolta anche nel vivere il personaggio e la storia stessa. A Piacenza poi l’accoglienza a teatro è meravigliosa, ed essere lì con colleghi con cui ho già cantato e ritrovare la stessa energia, è stato magico!
D. In piena Cenerenola, allora…
T. …Esatto!
D. Andiamo più indietro: vorrei sapere, partendo già dalla tua formazione, quali sono state le tappe che secondo te sono state più formative dando maggior impulso alla tua crescita artistica.
T. Il mio inizio, lo devo sempre all’AsLiCo: io avevo cominciato col fare dei concorsi e quando approdai a loro vinsi il premio esordienti. Da lì ho cominciato a mettere per la prima volta i piedi sulle tavole del palco. Con loro ho iniziato a muovere i miei primi passi nel mondo dell’opera capendone le difficoltà: dietro le quinte, sul palcoscenico, come muovermi e come gestirmi. Sono partita da zero e solo con la mia voce che Dio mi ha donato, non avevo avuto altre esperienze. Man mano frequentando corsi, Masterclass e studiando anche con i pianisti ho cominciato ad approfondire il mio repertorio capendo anche come la voce funzionasse e come ci si muove in palcoscenico. Proprio questo non è per nulla un aspetto da sottovalutare perché il saper muoversi in palco aiuta anche a cantare bene. Faccio un esempio, banale forse, ma sei io mi metto ingobbita o mi muovo in determinati modi non agevolando così il diaframma poi tutto viene compromesso. In questo senso è stato molto formativo l’incontro con la coreografa Isa Traversi, che ora è in produzione con Orfeo a Torino, che col tempo è diventata amica, sorella… mi ha formato totalmente. Io non sapevo come muovermi e lei mi ha formato nel gesto, nella pulizia di movimento e come muovere ogni mia parte del corpo. Poi la voce aveva bisogno di esperienza, il mio corpo aveva bisogno di cantare. Puoi studiare molto la tecnica ma è molto formativo anche trovarsi sul palcoscenico a gestire determinate “cose”. Io posso imparare a nuotare in una piscina di mezzo metro, ma se mi trovo nell’oceano aperto non è chiaramente la stessa cosa.
Tra le tappe fondamentali ovviamente c’è il debutto in Italiana in Algeri con AsLiCo e l’anno successivo con Tancredi, in quella circostanza ho dovuto affrontare un ruolo di uno spessore molto più elevato, e questo cosa mi ha fatto molto maturare.
Altra tappa è stata l’anno precedente al mio debutto a Parigi all’Opèra, dove ho affrontato ben dodici repliche di Cenerentola. Proprio in quel periodo ho iniziato a lavorare con una logopedista, in parallelo al mio studio tecnico e con i pianisti. L’ho fatto proprio per capire come funzionasse il corpo, la respirazione nei minimi dettagli, cosa c’è nella nostra bocca, cosa al di sotto del nostro esofago del nostro stomaco. Volevo capire tutto. Lo studio è stato molto approfondito, si è arrivati al punto di comprendere come funziona l’apparato digerente, sembrerà buffo ma è utile per capire come prende campo nella produzione del suono: cantando si va ad agire sulla muscolatura anche di questo apparato, ed ecco perché poi possono esserci problemi di reflusso (la cosiddetta “malattia dei cantanti” … e ride divertita). Capendo la struttura del mio corpo ero più consapevole di cosa avevo in mano. Se suono un violino ad esempio, questo io lo tengo in mano so come è fatto e posso esplorarlo nei minimi termini, mentre se canto il mio strumento è interno e non comprende solo le nostre corde. Il nostro strumento è il nostro corpo che diventa cassa armonica. E’ stato importante capire che cosa siamo. Studiare canto è anche uno studio di anatomia (e ride divertita).
A Parigi quindi ho approfondito molto lo studio di Cenerentola. Sicuramente si è trattato di una tappa importantissima. La comprensione del canto rossiniano, in quel contesto, è sicuramente aumentata. Secondo me ha segnato un “salto” di qualità. Abbiamo avuto un periodo molto lungo di prove e lavorare su questo ruolo così tanto mi ha aiutato ad entrare nella sua anima interiore. Adesso questo lavoro di “scavo” nel personaggio me lo porto anche quando affronto altri ruoli.
Questo lungo training mi ha consentito di essere anche molto più rilassata e mantenere la muscolatura rilassata, cosa importantissima. Quando abbiamo problemi tecnici, un sol stretto, la laringe che non si apre abbastanza, il fiato che non è sufficiente: è spesso semplicemente una questione di tensione muscolare. Si deve permettere ai propri muscoli di rilassarsi al punto tale da far fluire anche l’energia, rilassandoti bene infatti sei in grado di fare determinati movimenti con i muscoli e con gli organi che ti servono. Questo percorso mi ha portato ad un senso di “liberazione del corpo” avvantaggiando così anche una morbidezza maggiore nel canto e trovando anche un’omogeneità maggiore. La rilassatezza non significa non appoggiare il suono, è proprio un discorso di muscolatura. E’ una questione di chakra, cosa in cui credo molto e nel flusso così detto dell’energia.
D. Indubbiamente la rilassatezza aiuta tantissimo il suono, la rotondità e la sonorità, gli armonici stessi hanno modo di farsi sentire maggiormente e penso che soprattutto con una voce come la sua questo sia molto importante per non cadere nel rischio di cadere in suoni gutturali, proprio per i ruoli che si devono affrontare…
T. …esattamente! E’ quello che penso. Io ho lavorato e lavorerò sempre sulla morbidezza del suono che è una cosa che si acquisisce anche gradualmente man mano che cresce l’esperienza. Inizialmente si è più tesi, si ha meno esperienza ad esempio nell’aprire la laringe o nella gestione della muscolatura. Anche i muscoli si devono “abituare”: un po’come un calciatore, non può affrontare bene una partita dopo aver fatto mezz’ora di allenamento. Più si allena più diventerà bravo.
D. Quindi: “l’allenamento” è importantissimo per lavorare sulla tecnica vocale entrandovi anche da un punto di vista “meditativo” se capisco bene…
T. Io penso sia molto importante. Prima di entrare in scena io trovo molto utile per esempio sdraiarmi a terra e fare un quarto d’ora di respirazione anziché cantare di continuo in camerino. Naturalmente i vocalizzi sono importantissimi, ed ogni artista ha i suoi “riti” che fa bene a seguire, ma prima è importante riprendere la respirazione, cosa molto utile: ovviamente per me.

Foto di Daniele Cruciani
D. Ho l’idea che l’importanza della respirazione sia trascurata in genere nel repertorio belcantistico e rossiniano in particolare. Quasi fosse secondario…
T. Assolutamente, non lo è per niente. Specie nel repertorio rossiniano. Anzi, senza respirazione non esiste Rossini. E’ molto complicato perché non hai tempo di respirare in maniera molto ampia, devi essere capace di respirare velocemente, in modo efficace e senza che si chiuda la laringe. Hai poche occasioni di respirare profondamente e continuamente prendi questi fiati veloci, ma la tendenza sarebbe quella di chiudere un po’ la laringe perché ti agiti e vai quasi in apnea. Invece la respirazione ben fatta ti mantiene rilassata perché ti aiuta ad andare, almeno psicologicamente, contro alla velocità di certi momenti. Bisogna sempre pensare alla respirazione, sempre, altrimenti si “chiude” tutto e diventa tutto stridulo: tutte urla…
D. …esatto così anche la coloratura risulta sgranata…
T. …esatto!
D. Parlando dei suoi personaggi: lei ha cantato molto Cenerentola, secondo me un ruolo dei più dolcemente femminili dell’opera…
T. …penso sia il ruolo femminile a cui sono maggiormente legata e non solo perché l’ho cantato più spesso degli altri. Però più che femminilità io penso che Cenerentola contenga una marea di valori difficili da trovare oggi. Sono molto legata non solo al personaggio di Angiolina, ma all’idea che questo personaggio porta con sé. Forse è l’unico ruolo che non ha per nulla una vena buffa in quell’opera; Dandini ha il suo lato buffo, Don Magnifico anche se in realtà è un personaggio crudele, (picchia una bambina e tratta male le sue due figlie ed è mosso da fini egoistici,ecc.) parliamo di un essere spregevole in cui quindi di buffo c’è ben poco ma un lato di comicità lo troviamo anche in lui. Cenerentola dalla prima parola fino all’ultima non ha nulla di buffo e la cosa che amo è proprio questa. Ricordiamo che ha sempre delle venature drammatiche nelle sue tonalità in minore. Già nella prima scena, in cui le due sorelle sono lì prese a vezzeggiarsi davanti ad uno specchio fare chi sa ché… o a truccarsi ed a prepararsi, c’è un accordo meraviglioso che spezza tutto e piomba un velo di tristezza assoluta che mette i brividi. Entra una bambina che è lì e che si canta una cantilena. Anche questa nenia che continua a ripetere: ci sarà un motivo per cui la ripete sempre, deve essere legata a questa canzoncina, forse perché si ricorda chi gliela cantava: forse spesso la mamma chi lo sa…

D. …bellissimo questo approfondimento psicologico del personaggio mi ha commosso… Allora mi dica, come è passare da Cenerentola ad Arsace tra qualche mese…
T. E’ bellissimo comunque perché io amo Cenerentola come ruolo femminile ma amo molto i ruoli en-travesti perché vocalmente me li ritrovo molto. Il mio timbro ha una componente contraltile a livello di armonici. Per passare quindi da un ruolo all’altro io penso serva semplicemente sapere in quale corpo si stia passano. Quindi io devo sapere chi è Arsace, cosa vuole, cosa farà e quali sono i suoi desideri. E lì trovi la chiave per poter entrare anche a livello tecnico nella vocalità. Io faccio sempre questo lavoro: prima di entrarci tecnicamente entro mentalmente nel personaggio, ne ho bisogno… e tutto viene quasi da sé. La tecnica è la stessa e non cambia in funzione del personaggio. Fondamentale è entrare nella scrittura del compositore, perché nella partitura c’è scritto tutto. Per studiare un nuovo ruolo non serve soltanto mettersi lì e catare, bisogna anche aprire lo spartito, leggersi pagina per pagina e capire che cosa vuole il compositore. Se tu entri nel personaggio, il personaggio ti fa entrare nel fraseggio, il fraseggio nella tecnica.
D. Lei usa spesso variazioni nei “da capo”. Come gestisce musicalmente questi momenti?
T. Il lavoro sulle variazioni lo faccio insieme ad un mio carissimo amico musicologo, Giovanni Andrea Sechi. Mi avvalgo della sua esperienza e competenza visto che ha collaborato a molte produzioni discografiche tra cui alcune con Cecilia Bartoli e si occupa anche della riscrittura dei manoscritti di opere inedite. Mi piace lavorare con Sechi perché è molto creativo e poi conosce la mia vocalità ed il mio modo di cantare. Lui mi propone diverse variazioni ed insieme poi scegliamo cosa possa andare meglio per la mia voce: se scendere o salire, fare un arpeggio o un passaggio in progressione. Alla fine è un lavoro a due teste! C’è anche una ricerca verso qualcosa che non sia ciò che il pubblico si attende.
D. …poi alle prove col Maestro, queste variazioni vengono di solito accettate?
T. Dipende con chi stai lavorando, quasi sempre sì. A volte alcuni direttori possono pensare che siano troppe e alla fine decidono di toglierne alcune. Chiaramente ognuno ha le proprie idee in merito. Io considero “da capo” di Rossini come fossero più dei canovacci. Sempre rispettando la linea musicale, mi piace l’idea di variare il brano quando è ripetuto, si crea qualcosa di particolare in modo da stupire e da catturare l’attenzione. Ci sono alcuni direttori che vogliono variazioni minime e quindi è giusto rispettare l’idea del direttore in quei casi.
D. Ora le faccio una domanda che mi piace molto fare: da quanto apre lo spartito di un nuovo ruolo la prima volta a quanto lo sta cantando in scena, qual è il momento che la coinvolge maggiormente?
T. Arrivare agli “assiemi”. Perché finalmente tutti i pezzi dell’orologio si mettono insieme, appunto, e facciamo quello che poi sarà nello spettacolo. Quando si arriva agli “assiemi” hai lucidato tutti gli ingranaggi: hai già studiato il lato tecnico, il lato registico, il lato musicale del fraseggio, il lato psicologico del personaggio, in regia si lavora ulteriormente sul personaggio anche un po’ musicalmente; poi arrivi lì e devi cantare e devi mettere insieme tutto mostrando l’orologio al completo.
D. Vista la sua competenza e il lungo periodo di studi sul corpo e sulla voce, le chiedo qualche consiglio di “igiene vocale”. Cosa può aiutare il mezzo vocale a restare pulito e dare il massimo ogni volta?
T. Sono la prima a dovermi sgridare lo sottoscrivo e lo evidenzio. Spesso non si seguono certi consigli per ozio per pigrizia o per gioventù e invece dovremmo farlo. Sicuramente la cosa più importante è che dovremmo innanzitutto: dormire. Dormire abbastanza, non andare a letto troppo tardi e seconda cosa: mangiare bene. Questo è fondamentale, io sento molta differenza nella voce a seconda se il riposo che mi concedo sia sufficiente o meno oppure se mangio più o meno sano. Se mi tratto bene, l’organo vocale non è sporco, non ha i muchi e la voce non è abbassata. E’ una cosa che riscontro di persona e moltissime persone confermano la cosa. L’alimentazione è una cosa fondamentale perché il nostro organo vocale non sono solo le corde. Dobbiamo imparare a curarci dandoci da mangiare cose sane e tutto viene coinvolto dall’apparato fonatorio a quello muscolare, a quello digerente: non mangiando bene il nostro diaframma si trova senza sali minerali, vitamine e altri nutrienti importantissimi.
D. Prosimi impegni?
T. Partirò per Monaco alla metà di aprile dove canterò Lucrezia Borgia con una meravigliosa Gruberova e l’amato Juan Diego Florez e sarà magnifico ricantare in scena con lui! – Sarà bellissimo conoscere Edita Gruberova, penso sarà una esperienza indimenticabile. – E poi da lì passo a Nancy a fare Italiana in Algeri dove anche lì troverò dei cari colleghi come Omar Montanari ed Edgardo Rocha, mi aspetto un0’esperienza frizzante e divertente Isabella è proprio uno di quei ruoli che ci si diverte a cantare. Poi sarò a Martina Franca per Rinaldo: un ruolo che ho atteso dalle mie prime audizioni e che finalmente riesco a debuttare.
D. Imperdibile!… poi a ottobre alla Fenice con Semiramide…
T. Sì finalmente, un ruolo che ho sempre desiderato e finalmente riesco a debuttare in Semiramide.
D. Quindi due importanti debutti! Due en-travesi, ma uno barocco e l’altro più tardo: trovi differenza?
T. Dal punto di vista tecnico nessuno. Cambia il fraseggio ma se noi leggiamo e facciamo ciò che dice il compositore abbiamo risolto tutto. Spesso nel barocco si cerca il così detto “suono fisso”, ma di questo non si può fare per regola …i grandi cantanti barocchi cantano con un vibrato naturale. Il “suono fisso” è un effetto,come il violino con l’arco crea degli effetti; come ad esempio il pizzicato… è semplicemente una questione di dinamiche, di effetti appunto, che vengono utilizzati nella pratica esecutiva. Tecnicamente non cambia nulla ovviamente, tutto resta come è… Io non sento difficoltà a passare da un ruolo all’altro, perché cerco sempre di fare quello che è scritto. Si tratta semplicemente di entrare in un ambiente di scrittura diverso, tutto qui.
E per sapere cosa pensa anche lei di Rossini a 150 anni di distanza, state connessi stiamo preparando una bella sorpresa qui su Fermata Spettacolo!