Elena Mosuc: l’intervista!

In scena, non deve mai mancare l’amore, la volontà, la perseveranza, la consapevolezza, la fedeltà e l’umiltà!

Lucia di Lammermoor a Genova

Dopo le recite di ANNA BOLENA e LUCIA DI LAMMERMOOR e l’ascolto del suo recentissimo CD tutto verdino, incontriamo il soprano rumeno Elena Mosuk per un’ampia intervista. Se dovessi trovare una sola parola per riassumere un incontro del genere è: la generosità. Questa stessa distingue, in tutto ciò che fa, Elena Mosuc nel suo darsi al pubblico, al teatro, alla musica. Ringrazio di cuore per quanto si sia data in questa intervista nonstante i molti impegni. Buona lettura!

1/ Partiamo dall’inizio, cara Elena, perché diventare cantanti d’opera?

Anche io, come credo tutti i miei colleghi, ho cantato per tutta la vita: da piccola, in famiglia, in chiesa e a scuola… Non avrei pensato mai di diventare cantante d’opera. Nel momento in cui ho incominciato a studiare canto nella mia città, Iasi (in Romania), all’età di 16 anni, con Mioara Cortez (la sorella del grande mezzosoprano Viorica Cortez), volevo solo imparare a cantare. Per me stessa. Quando invece sentivo la mia maestra Mioara cantare alla radio oppure in concerto, piangevo e avevo il grande desiderio di cantare come lei. Era il mio idolo a quei tempi e anche se ho studiato solo un anno con lei, perché era molto impegnata con recite e concerti in Romania, oppure fuori. Dopo che ho finito gli studi al liceo pedagogico (avevo 18 anni), sono diventata insegnante di scuola primaria. Ero una bambina fra i bambini…Mi sentivo così strana…non avevo esperienza nel lavorare con loro, invece avevo sempre la musica in testa. Ho continuato così per sette anni, lavorando con gli allievi alla mattina e nel pomeriggio studiando canto, oppure frequentando i concerti nella Filarmonia e le recite all’Opera di Iasi. In questo modo mi sono creata una grande cultura musicale. Fu un grande sforzo per me quello di lavorare come insegnante, anche se ho fatto bene questo lavoro e i miei allievi sono ancora oggi riconoscenti. Fu faticoso prima di tutto perché dovevo parlare per tante ore al giorno, e questo mi stancava in un modo tremendo. Che io diventassi insegnante era il desiderio dei miei nonni, che mi hanno cresciuto, pensando che era un bene avere un lavoro sicuro quando avrei finito i miei studi. Bene, piano piano, cantando, studiando si è sviluppata nella mia testa l’idea di diventare solista d’opera e dopo sette anni nella scuola elementare, mi sono trasferita (dopo un concorso) a lavorare al Teatro dell’Opera. Il primo anno, nel quale io dovevo cantare nel coro, ho debuttato Regina della notte ne “Il Flauto magico” di Mozart. Era il febbraio 1990. Fu un successo stratosferico. Poi, poco dopo, ho fatto un recital monumentale nella Filarmonia. Anche oggi quando faccio i recital con pianoforte oppure concerti con orchestra non ho mai la misura che hanno i miei colleghi…Faccio sempre concerti lunghi e difficili (ride)…ma così mi piace ed è anche per me una sfida e anche una grande soddisfazione. In quell’anno 1990, nel luglio, sono stata finalmente accettata nel Conservatorio a Iasi, ma ho potuto iniziare i miei studi dal 1991, a distanza, cioè andando a Iasi solo per gli esami. Nel settembre del 1990, dopo aver vinto il primo premio al concorso ARD-Wettbewerb a Monaco di Baviera, è cominciata davvero la mia carriera, si sono aperte tante porte per me. Dopo un anno come ospite permanente a Monaco cantando Regina della notte, ho cominciato il mio contratto a Zurigo previsto per 3 anni, ma che è durato invece 24 anni. Vivo ormai da 27 anni a Zurigo, dove ho conosciuto anche mio marito Christoph, 25 anni fa. Lui era in quel periodo uno studente, adesso è un avvocato. Ma fin da piccolo canta nel coro aggiunto, ha studiato pianoforte, ha tante conoscenze musicali che mi hanno molto aiutato…insomma è un musicista autodidatta come lo sono stata io per tanti anni. Rispondendo alla sua domanda, credo che Dio abbia voluto che io diventassi cantante lirica, altrimenti non mi avrebbe regalato una voce e tutta la volontà e il desiderio di dedicarmi a questo fantastico lavoro, che è un lavoro e anche un hobby. Essere cantante credo sia la cosa più bella del mondo! E penso che questo lavoro mi abbia scelta…

2/ Cosa la affascina maggiormente dell’essere musicista e del canto?

Sono una privilegiata ad essere musicista, perché ho l’opportunità di entrare in modo veramente profondo nel cuore di questo mestiere. Conosco questo mestiere così bene che nessuno mi può ingannare oppure nessuno può vendermi cose che non sono vere. Posso osservare e capire molto bene quando un artista è vero o falso… Per me la verità è molto, molto importante, nel discorso artistico. In più, nonostante i già 28 anni di carriera e l’esperienza accumulata, ancora scopro nuove dimensioni del discorso musicale o dell’interpretazione scenica. Nel nostro mestiere l’esperienza è decisiva. È un sogno pensare che si può diventare una vera Star a 20 anni! È uno scherzo. Per questo io non volevo arrivare troppo presto alla Scala. Su un palcoscenico così importante, non si può arrivare quando si è ancora uno studente, come per sfortuna oggi succede dappertutto nel mondo, in tutti i grandi e prestigiosi teatri del mondo! È un inganno verso il pubblico! Nel Olimpo della lirica devi arrivare quando hai qualcosa da dire. Io ho debuttato alla Scala dopo diciassette anni di carriera e al MET dopo 20! Che tristezza che oggi tutto è diventato superficiale e commerciale: tanti artisti non studiano più come si deve, come si faceva una volta, non hanno interesse a cesellare le proprie qualità, a fare un lavoro di filigrana… In questo mestiere si deve crescere, è obbligatorio…

Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti Direttore: Stefano Ranzani Regia: Mary Zimmerman Scene: Daniel Ostling Costumi: Mara Blumenfeld Luci: T.J. Gerckens Coreografia: Daniel Pelzig

3/ Quali sono i vantaggi di una formazione culturale e musicale completa come la sua nel lavoro del cantante?

Il mio maestro di Zurigo, il grande tenore Ion Buzea, dice sempre: “il lavoro di un cantante richiede studio fino alla pensione e anche dopo la pensione; non finisce mai!” È perfettamente vero! La tecnica vocale, la cultura musicale non si forma in un anno o due, oppure solo in Conservatorio, ma tutta la vita. Questo fa di un artista un valido esponente della cultura musicale. La mia maestra da Milano Midelda d’Amico, con la quale lavoro ormai dal 1996, non mi lasciava tralasciare un solo suono. Tutto doveva essere perfetto. Qualche volta la odiavo (ride), ma mi ha fatto molto bene. La tecnica vocale deve essere perfetta, perché nel momento in cui sei sul palcoscenico, devi pensare solo all’interpretazione e al messaggio che devi trasmettere al pubblico. Tutto è un conglomerato di tecnica vocale ed interpretazione, recitazione, in una scenografia giusta che è in sintonia con il soggetto e l’epoca nella quale succede l’azione…Tutto. Cultura musicale significa leggere tanto delle diverse epoche, leggere i soggetti, i romanzi che hanno ispirato i compositori e i librettisti…È una cosa complessa e completa che richiede una formazione solida.

4/ Sempre parlando di formazione, ci dice una cosa che ha imparato nel corso degli anni dai suoi insegnanti e che porta sempre con sé? La lezione più grande ricevuta?

La cosa principale che ho imparato, prima di tutto da me stessa è di mettere tutta la mia anima in quello che faccio sul palcoscenico. In quel momento io sono una persona trasfigurata, mi metto nella pelle del personaggio, sono e devo essere il personaggio che sto interpretando. Per fare tutto questo, come ho detto sopra, devo essere preparatissima sotto tutti i punti di vista. Una lezione importantissima per me, l’ho ricevuta dalla mia maestra quando aspettavo il mio debutto in Arena di Verona. Per debuttare in quel posto magico, grandissimo e all’aperto, ho dovuto lavorare per una migliore proiezione del suono. Posso dire che io ho sempre avuto una tecnica naturale dell’emissione vocale e del fiato, ma per quel posto, dove un anno prima quando l’ho visto ho detto “qui io NON voglio cantare”, essendo rimasta molto impressionata dell’immensità delle sue dimensioni, ho dovuto aggiungere una cosina in più che mi è servita poi anche in teatro: una proiezione perfetta nella maschera, cantare con più risonanza, risparmiando in questo modo il materiale vocale! Anche nei momenti più delicati (per esempio quando non mi sento bene, ma devo cantare), io uso sempre il canto sulla risonanza! la mia maestra parla di la risonanza magnetica. E cosi anche il canto diventa più facile, più elegante (non si urla!), più raffinato, più filigranato, più interessante e si può fare tutto quello che si desidera con la voce. Ecco perché oggi il mio repertorio è così vasto e ho ancora il FA sovracuto in tasca!

5/ Qual è quindi la cosa o l’aspetto fondamentale nel costruire una tecnica come la sua?

Prima di tutto devi avere la capacità di capire cosa significhi il vero canto, poi capire i segreti della tecnica, per la quale si deve lavorare sodo (io ho lavorato 10 anni prima di debuttare sul palcoscenico con Regina della notte). Devi essere capace a distinguere un buon canto da uno cattivo o da uno finto… Quanti bluff ci sono oggi in giro considerati crème de la crème!
Devi capire la tecnica del fiato! Questa rappresenta la base di un buon canto…il segreto del canto è il fiato! Se hai un buon fiato, risolvi tutto. Certo, buon fiato unito al canto sulla risonanza! Questa è la perfetta combinazione! Il fiato ti dà un legato importantissimo, la base per tutto, non solo per il Belcanto…Un buon fiato ti aiuta fare le frasi lunghe…Ma è anche il segreto per calmarti quando sei molto emozionato. Il fiato del bambino deve essere il fiato del cantante! Come respira un bambino? Con la pancia. In più, noi dobbiamo aprire bene le costole dietro, nelle spalle e avere un appoggio importante. Chi ha orecchie deve ascoltare e capire!

6/ Al giorno d’oggi dove crede che ci si possa formare meglio come cantanti d’opera?

Certo che se si vuole diventare cantante d’Opera, bisogna frequentare più posti: prima di tutto il Conservatorio, ma si devono avere dei buoni maestri (oggi, sinceramente, sono pochi quelli veri; ma esistono). Lo studio privato è molto importante, ma devi avere qualche base prima. Io per esempio ho studiato tantissimo da sola, per tanti anni sono stata autodidatta. Nei primi 5 anni all’Opera di Zurigo, ho studiato tutto da sola, e ruoli difficilissimi, come Zerbinetta in “Ariadne auf Naxos”. Ho dovuto spremere il mio cervello per trovare le migliori soluzioni per risolvere certi passaggi impossibili, per ottenerli tecnicamente perfetti, offrendo al pubblico l’impressione che tutto fosse facile. Quando siamo sul paco, tutto deve sembrare facile, non si deve vedere la difficoltà di un ruolo. Poi, per formarti bene come cantante, devi seguire le tradizioni che oggi non sono prese più molto sul serio. Si devono ascoltare molto i bravi cantanti del passato e “rubare “dalla loro arte segreti di tecnica e di interpretazione e metterli nella tua vocalità e personalità… Non imitare! Esistono tantissimi e bravissimi cantanti del passato dai quali si può imparare tantissimo di questo mestiere! Poi, importantissimo, si deve lavorare con bravissimi maestri pianisti che hanno una cultura musicale vasta e solida e con maestri direttori di orchestra che capiscono le voci, e tutti gli stili del canto. Io sono stata molto fortunata nella mia vita. Il mio vero Conservatorio è stata l’Opera di Zurigo dove ho avuto pianisti fantastici e ho lavorato con i più grandi direttori d’orchestra del mondo…a Zurigo e nei teatri dove sono stata invitata: Sir Colin Davis, Nikolaus Harnoncourt, Christoph von Dohnanyi, Fabio Luisi, Nello Santi, Lorin Maazel, Gustavo Dudamel, Philipp Jordan, Valery Gergiev, Evelino Pido, Gianandrea Noseda, Fabrizio Maria Carminati, Carlo Rizzi, Stefano Ranzani, Bertrand de Billy, Paolo Carignani e tanti altri…Nello Santi mi ha insegnato tanti segreti che oggi nessuno sa dire. Un Grande Maestro di tradizione vera! Poi ho avuto la fortuna di cantare con tantissimi grandi, anche del passato: ho cantato Lucia di Lammermoor con Alfredo Kraus nel 1998, un anno prima che lui morisse! Cantava tecnicamente in modo perfetto! Questo è stato il suo segreto della sua carriera così longeva, come per Leo Nucci con il quale ho cantato tantissimo, da più di 20 anni. Ho cantato con Giorgio Zancanaro, Mirella Freni, Katia Ricciarelli, Nikolai Ghiaurov, Marcello Alvarez, Francisco Araiza, Thomas Hampson, Il fantastico Neil Shicoff, Cecilia Bartoli, Daniela Dessì e Cecilia Gasdia (nuovo sovrintendente a Verona), Giacomo Aragall, Jonas Kaufmann, Piotr Beczala e tantissimi altri. Ho alternato le mie recite a Zurigo per tanti anni con Edita Gruberova che io ascoltavo e osservavo con grande interesse per “rubare” i segreti che lei non ha mai detto…Cantando con artisti di alto livello è impossibile non imparare qualcosa di buono… E poi, io sono stata sempre aperta a ricevere i consigli dei miei colleghi famosi con i quali ho cantato! Segnalo come importante anche il mio incontro con il grande Giuseppe Giacomini al quale lego bellissimi ricordi delle nostre Lucia e Bohème a Bucarest ma soprattutto al concerto di Tokyo nel 1994. Per l’interpretazione e la recitazione ho imparato e mi sono perfezionata con registi come Franco Zeffirelli, Liliana Cavani, Ruth Berghaus, Sven-Eric Bechtolf, Stefan Herheim, Mario Martone, Graham Vick, Martin Kusej, David McVickar, Guy Joosten, Lorenzo Mariani e moltissimi altri. Ho sempre voluto avere una recitazione naturale e non finta, artificiale…Per questo osservo molto e con interesse la recitazione di dei grandi attori cinematografici! E’ Importante! Specialmente lavorando anche con registi di cinema come Liliana Cavani, Mario Martone, Daniel Schmid…

Maria Stuarda, Genova 2017

7/ Le piacerebbe insegnare canto ai giovani talenti?

Si, ma solo se sono veri talenti e capiscono subito quello che dico e spiego (ride). Non mi piace parlare da sola…Ho già fatto qualche masterclasses in Giappone e ho avuto tante soddisfazioni. Le ragazze giapponesi hanno imparato subito i segreti della tecnica che gli ho trasmesso…spero che nel frattempo non abbiano dimenticato, perché una o due ore sono poche; ma loro hanno registrato in video le lezioni. Poi, ho avuto qualche ragazza anche qui in Europa che è stata brava. A Barcellona ho conosciuto una cantante di strada, un soprano drammatico, Marina, mentre lei cantava sulle vie della città e poi l’ho invitata alle mie recite al Liceu di Barcelona e l’ho presentata a tutti! Con lei mi piacerebbe veramente lavorare e metterla a posto. Ho parlato un po’ con lei, gli ho detto qualcosa nel mio camerino, e lei ha capito quello di cui parlavo. E’ molto ricettiva ed è una musicista, suona pianoforte in modo eccellente, ma il tempo non mi ha permesso di lavorare veramente con lei come si deve. Sicuramente quando finirò la mia carriera mi dedicherò all’insegnamento, con una solo condizione: i cantanti devono essere seri e avere materiale vocale buono per affrontare questo mondo musicale.

8/ Ho avuto il piacere di ascoltarla recentemente in Anna Bolena a Verona in una recita fortunatissima, e qualche tempo prima con molto piacere in Gilda in Arena, ora sta affrontando Lucia a Genova… cosa le piace del repertorio del Belcanto?

Il Belcanto è lo stile più difficile e il più interessante, che mette in luce molto un cantante, se quel cantante è bravo. Io nella mia carriera ho cantato un po’ di tutto e penso di aver cantato bene. Ma ho voluto dedicarmi al Belcanto perché è sempre stato interessante per me affrontare delle sfide e fare tutto quello che è difficile. E’ anche un repertorio che mi sta molto bene. Per affrontare il Belcanto devi per forza avere una tecnica vocale perfetta, altrimenti non puoi toccare questo stile. Per questo ho lavorato ore con la mia carissima maestra, per ogni suono, facendo davvero un lavoro di filigrana. Il Belcanto richiede prima di tutto una bella voce, la morbidezza, la capacità di modellare i suoni, ma anche la connessione due suoni, richiede di mettere nel fiato la tua anima, fiati lunghi, legato perfetto, un fraseggio interessante, logico e con una direzione chiara, uguaglianza timbrica in tutti registri, flessibilità vocale, possibilità virtuosistiche, trilli, staccati, capacità di acrobazie e frasi veloce, bella pronuncia anche delle consonanti sui suoni acuti, capacità di dosaggio del ruolo durante le tre ore di una recita…insomma una padronanza perfetta dello strumento che hai. Pensate che le più difficili scene, specialmente per Donizetti e Bellini, sono alla fine dell’opera, le più grandi scene per il soprano, che deve arrivare fresca e capace di fare tutto quello che è scritto aggiunto all’interpretazione. Anna Bolena specialmente, che per tradizione deve finire nella seconda strofa della cabaletta con variazioni pirotecniche e con un Mib sovracuto ben preso e tenuto. Devo dire che le soddisfazioni che ho dopo aver cantato bene un ruolo di Belcanto sono immense. Certo, ci sono recite e recite, ci sono momenti quando in una recita sei brava, in un’altra fantastica…non siamo macchine, abbiamo un strumento vivo e che dipende da tante cose, ma il livello deve rimanere alto, specialmente quando hai una certa fama. Maria Callas diceva sempre “chi può cantare il Belcanto, può cantare tutto“ e aveva ragione. Per me cantare una Mimi oppure Desdemona è un relax. Mi riposo con questi ruoli. Non c’è paragone con Belcanto. Ma devo dire che anche in Puccini e sul serio, anche in Wagner, c’è il Belcanto, in un modo diverso. Con altre parole, non importa quale stile canti, ma devi fare attenzione ad ogni suono.

9/ Fresco di stampa per Sony abbiamo tra le mani un recital interamente verdiano, che differenza c’è nell’affrontare Verdi rispetto agli autori come Bellini o Donizetti?

Per me è Belcanto lo stesso! Ma Verdi è più intenso, ancora più vero e drammatico, molto carnale, sanguigno! Devo dire che è più difficile cantare Verdi perché chiede più drammaticità, una padronanza ancora più consapevole dello strumento, che deve essere capace di cantare spaziando su due ottave con facilità, anche nell’arco di poche misure! E’ tutto più complicato e più difficile. Le formule ritmiche, le cadenze scritte da lui stesso sono qualche volte brutali (ride). Se per Bellini e Donizetti tante volte le arie sono delicate, molto cantabili, non esagerando le formule ritmiche oppure l’ampiezza vocale, anche se le cabalette devono essere di virtuosismo “classico”, hai la possibilità di fare le tue variazioni e le cadenze. In Verdi tutto è amplificato. Pensate alle formule ritmiche sincopate (in tutte le sue opere), terzine veloci, staccati, salti mortali di due ottave, cadenze su due ottave, acuti e sovracuti, frasi intense che cominciano nel registro grave e finiscono nella stratosfera, appoggiature, messe di voce tipicamente belcantiste. Credo che Verdi sia il massimo di quello che un cantante può mostrare. Qui se veramente non sei il padrone della voce, ti distruggi. Io ho cantato moltissimo Gilda e Traviata, Luisa Miller, qualche Medora (micidiale nella seconda strofa della sua famosa aria “Non so le tetre immagini”, una vera acrobazia su due ottave). Da poco ho debuttato Desdemona in forma di concerto a Tokyo (in forma semiscenica, dunque tutto a memoria) e finalmente Leonora nel Trovatore che io non trovo più difficile di Anna Bolena per esempio. Credo che Anna Bolena sia più difficile di Leonora poiché chiede più registro centrale e qualche bella frase molto belcantista nelle arie. Ma tutto è belcanto, solo con più intensità per tutti i ruoli. In più anche l’orchestra deve essere molto più presente e più partecipe al discorso musicale, rispetto al Belcanto, dove è tipicamente una forma di accompagnamento.

Norma, Zurigo 2011

10/ La galleria di personaggi che propone nel CD è pressoché completa da un punto di vista storico, abbraccia tutto l’arco compositivo di Verdi, ma resta evidente il suo approccio belcantistico ad ogni pagina: Verdi è un attore di Belcanto, lo è dall’inizio alla fine?

Buona domanda…Credo proprio di sì. Come ho detto prima, tutto è più passionale qui, molto carnale e vero, rispetto ai romantici prima di lui. Verdi è perfetto per un artista completo e con esperienza. Con Verdi non si può scherzare. Per questo il pubblico italiano è cosi esigente quando si canta Verdi. Certamente io rimarrò nel mio territorio e ho voluto mostrare su questo CD qualcosa in più, rispetto a quello che ho mostrato sul palco fino ad adesso, perché sento che è il momento giusto di affrontare ruoli che chiedono di più. Sicuramente nessuno si aspettava da me queste arie. Sicuramente non è difficile per me cantare ancora la Gilda, ma non ha senso rimanere sullo stesso “campo”, quando la voce vuole adesso un’altra cosa. In più, adesso, la mia voce è diventata più matura per questo ruolo. Non credo certo che canterò sul palco Lady Macbeth, almeno adesso, ma quell’aria (Trionfai securi alfine) della prima versione di Macbeth è più adatta per una vocalità come la mia che per quella di un soprano drammatico che di solito canta questo ruolo. In più ho voluto mostrare la direzione del mio repertorio in questo momento. Non ho voluto mai essere messa in un cassettino e rimanere tutta la vita legata a Gilda oppure a Violetta (un ruolo che amo e canterò sempre!). Ma adesso è arrivato il momento giusto di affrontare un repertorio nuovo. Cosi come ha fatto anche il mio carissimo collega, il grande tenore Gregory Kunde. Chi si immaginava che dopo che ha cantato tutta la vita Rossini, avrebbe affrontato un giorno questo repertorio drammatico che lui oggi canta? Nessuno! Ma, noi non abbiamo regole, siamo strumenti unici e diversi. Dio, la natura sanno cosa fare con noi. Dobbiamo studiare, e studiare, e studiare ed imparare nuovi ruoli e non rimanere nella routine! Posso immaginare chiaramente che un giorno, dopo Desdemona e Leonora, canterò Elisabetta in “Don Carlo” oppure Mina in “Aroldo” o Odabella in “Attila…Perché no? Con certezza voglio interpretare Lucrezia ne “I Due Foscari”, anche “Simone Boccanegra”. Devo adesso lavorare di più in questa direzione. Già l’anno scorso all’Arena di Verona ho detto “addio” alla Gilda…Adesso la via è libera per altri ruoli interessanti. I direttori artistici, se sono veramente bravi musicisti oppure almeno bravi intenditori delle voci, sanno che questo è un cammino normale per ogni cantante.

11/ Al di là degli aspetti virtuosistici che noi ben conosciamo e amiamo, in questo CD si capisce il grande lavoro di scavo espressivo nella ricerca del personaggio. Qual è stata la sfida più alta nel costruire questi personaggi?

Per costruire il personaggio, prima di tutto si deve risolvere la scrittura musicale, che nelle arie scelte non è per niente facile. Come ho detto prima, non sarebbe stato interessante scegliere arie facili…ma questo, di solito, non esiste in Verdi. Le arie presentate su questo CD sono veramente molto impegnative da capo a fine. Le arie di Odabella e Mina credo siano state le più difficili perché richiedono tutto da un cantante. La più facile è stata la prima aria del album, “Non pianger mia compagna” che chiede solo fiati lunghi e un legato bello, che rende un personaggio con tanta bontà e con un’anima bellissima. Poi ho provato a dare un senso e un carattere personalizzato per ogni aria. Ho voluto rendere una Leonora ne “Il Trovatore” innamorata, triste, sognante, con una musica che ferma tutto nell’opera, andando in un’altra dimensione con frasi stratosferiche, poi una Elena de “I Vespri siciliani” gioiosa, nella quale il canto focoso esprime la gioia, l’amore e la riconoscenza, una Mina di “Aroldo” triste, paurosa e agitatissima fra i sepolcri, che trova il coraggio di allontanare lo spavento con le sue colorature, che non mi hanno reso la vita facile (ride); Odabella in “Attila” è una donna con un canto molto eroico e con un carattere molto mascolino che vuole vendetta, eroica come lady Macbeth, una donna trionfante che sogna di avere la corona; Violetta la conosciamo tutti: un’ innamorata brillante nella prima aria e piena di dolore e rassegnata nell’Addio del passato”, che la rende un angelo. Ho voluto concludere il CD con il maestoso finale del Requiem, che è scritto in maniera molto operistica e per il quale ho trovato molto bella la transizione con l’ultima aria di Violetta che è infatti una preghiera; ho voluto esprimere la mia gratitudine, riconoscenza e la mia fede in Dio che mi ha creato e mi ha regalato la voce. Poi la trovo una musica celestiale che nei momenti forti con orchestra, coro e solista ti dà i brividi. Poi finisce molto serenamente, chiedendo la liberazione. Tutto il CD è stata una sfida, perché la maggior parte dei personaggi non li ho interpretati sul palcoscenico. Solo “Traviata” e il “Requiem” li ho cantati davanti al pubblico, e sono stati i più facile da costruire. Per il resto delle arie ho dovuto di farmi molto bene un’idea del personaggio, abbinato alla mia personalità e poi registrarlo, perché anche solo con il suono, senza l’immagine del DVD, l’anima del personaggio deve essere lì. Tutti i caratteri sono molto diversi.

Anna Bolena, Teatro filarmonico di Verona, 2018

12/ Sempre parlando di questa galleria verdiana edita da Sony, si sente che non c’è il benché minimo senso di autocelebrazione. Qual è il ruolo di una primadonna d’opera oggi?

Una primadonna di oggi non cambia da una di ieri o cento anni fa, così penso io. Per me una primadonna è un artista che deve essere “l’umile ancella del genio creator” come dice Adriana Lecouvreur.

13/ Nella sua discografia appare non solo l’opera: mi riferisco all’album “L’amore è poesia”. Ci parla anche di questo progetto?

Questo progetto è nato una sera ad a una cena con mio marito Christoph e con altri amici, fra i quali c’era anche il compositore svizzero Flavio Motalla, che compone musica da film a Hollywood. Parlando, gli ho chiesto di comporre qualcosa di speciale per me. Ha ricevuto da me un paio di CD con i miei album, poi mi ha sentito qualche volta all’Opera di Zurigo. E cosi, a distanza di un giorno, mi ha mandato la prima composizione, “Canzonetta for soprano and orchestra”. Sono rimasta affascinata dal pezzo, che dura quasi dodici minuti…un grande vocalizzo bellissimo ma difficile (speciale per la mia voce). Una combinazione fantastica fra opera e musica da film, con armonie fantastiche. L’ho inciso subito a Radio Bucarest. Poi ha composto ancora tre vocalizzi: “Poesia per una sognatrice”, “Le depart” e “En souvenir d’un amour perdu” e un “Intermezzo” orchestrale che si trova in mezzo al CD inciso ad Abbey Road Studios London nel 2011 sotto la bacchetta di un veterano maestro di orchestra per musica da film, John Scott. È stata un esperienza bellissima, ma anche faticosa specialmente perché abbiamo registrato tutto in un giorno solo! I pezzi sono composti nello stile hollywoodiano, sono abbastanza tranquilli, sognanti, malinconici, ma per niente facili; Il primo è il più difficile e interessante. L’ho cantato in prima audizione all’Alte Oper di Frankfurt il 1 dicembre 2017. Ad ogni caso l’ho messo già nel mio progetto personale “RESONANCE”, un concerto che ho creato su misura mia.

14/ Musica da film, musical… Quanto è importante per un’artista come lei spaziare nei generi musicali? Come l’arricchisce?

Ho scoperto quattro anni fa il fado, creando un concerto che ho fatto con un cantante di fado e musical portoghese. Ho scoperto che i cantanti antichi di fado cantavano questo genere musicale come le arie delle opere. Si dice spesso che “le fado c’est un petit opéra”. Ho imparato tanti pezzi e ho osservato che ha veramente influenzato in modo positivo le mie interpretazioni d’opera. Fado richiede più sentimento e passione, è più lacrimoso, perché i veri cantanti di questo genere come “la rainha di fado” Amalia Rodrigues”, cantano bene solo se tutto viene dal cuore, dalle visceri…come nell’opera. Amo il musical, specialmente “The Phantom of the opera”, dal quale ho cantato già due bei duetti. Ogni genere che fa bene all’udito mi piace. Anche il Pop per esempio. Amo Céline Dion! Ho un amico compositore molto bravo e molto conosciuto in Romania, Marius Dragomir, che ha composto per me delle canzoni pop, che un mio amico di Vienna, un giovane musicista, Cristian Spataru, ha orchestrato. Ho lasciato orchestrare a lui anche altri pezzi di fado, vecchie canzoni pop e Lieder francesi. Così ho creato il mio concerto personale RESONANCE dove metto in meravigliosa sintonia tutti questi generi; ho introdotto nel concerto anche una chitarra classica per i momenti più intimi, sia solistici o in duetto con me. Insomma, un concerto che raccoglie un pubblico più largo. Mi piace allargare la mia visione sulla musica.

15/ So che è molto legata alla sua terra d’origine che frequenta spesso per concerti e produzioni: cosa ama della Romania e cosa dovrebbero conoscere le persone della sua terra?

Infatti, farò il mio primo RESONANCE il 7 luglio 2018 alla chiusura di un festival molto importante in Romania, a Piatra-Neamt, “Vacanze musicali”. Non canto spesso in Romania come anni fa, perché non ho molto tempo libero, ma quando ho l’occasione vado con tanta gioia, perché da lì sono partita, ogni volta mi ricarico le batterie in quella terra piena di Dio, piena di gente che mi ama…la mia famiglia è lì! Chi non conosce la Romania, farebbe bene a visitarla, perché esistono posti pieni di bellezza, magia e divinità. Abbiamo fantastici monasteri, unici nel mondo per la pittura murale esterna e interna, nella regione di Moldova rumena (da dove vengo io, il centro intellettuale della Romania). Abbiamo paesaggi in montagna da sogno, gente molto ospitale e amichevole, abbiamo città bellissime. Peccato che Bucarest, che negli anni ’20 era chiamata la piccola Parigi, ha perso tanti palazzi famosi e belli, distrutti dal comunismo, ma ancora si vedono palazzi antichi di una bellezza unica. Abbiamo regioni piene di energia divina, dove va la gente interessata ai fenomeni paranormali. Vale la pena almeno una volta nella vita visitare la Romania.

16/ Il suo repertorio è vastissimo, ma ci sono ancora ruoli che vorrebbe scoprire?

Certo! Sono piena di energia, più adesso che non all’inizio della carriera (ride). Adesso che conosco tanti segreti del mio mestiere, voglio scoprire ancora di più. Voglio ampliare il mio repertorio come ho detto sopra con ruoli più carnali (ride)…quelli di Verdi.

17/ Recentemente ci sono stati debutti importanti come in Trovatore e Norma, cosa le resta di un personaggio ogni volta che lo affronta?

Norma l’ho debuttata a Zurigo nel 2011 nella regia di Robert Wilson, che io ho amato tantissimo. Ero l’unica del cast che ha amato questa produzione. L’ho trovata molto estetica. Wilson è un genio delle luci, ha fatto dei quadri splendidi. Anche se la produzione era molto statica, aveva una particolare concentrazione sul movimento delle mani. Tutto era molto espressivo e con un certo significato. C’è un alfabeto per ogni produzione di Wilson, che una volta imparato, non devi pensare più, le mani si muovono da sole. Poi l’ho cantata tante volte in versione concertante (a Lyon e Parigi con maestro Evelino Pidò) e poi a Radio Bucharest nel 2015, quando ho dovuto alternare Norma con Zerbinetta, che stavo cantando all’Opera Paris Bastille (ride). Credo che vi possiate immaginare che salti mortali ho fatto io in quattro giorni cantando Zerbinetta, poi Norma e poi di nuovo altre due Zerbinette. Ma, ripeto, con una tecnica vocale solida, si può tutto. Solo non esagerare con ruoli diversi come questi! Ultimamente ho cantato Norma al Festival di Savonlinna con il Teatro Regio di Torino nel 2016 e quest’anno in febbraio a Muscat con l’Opera di Rouen, una produzione fantastica, con un maestro che adoro, Fabrizio Maria Carminati, con il quale ho lavorato in modo fantastico su questo ruolo. Con lui ho preparato anche il mio debutto ne “Il Trovatore” che ho fatto il 29 marzo a Belgrado, con una recita di ripresa in Romania a Cluj il 15 aprile. Come ogni ruolo che canto, lo sviluppo e lo ritrovo in ogni occasione in una nuova dimensione e questo dipende della produzione, dalla visione del regista, dall’ensemble, dal maestro direttore di orchestra e anche da me stessa, che non sono mai la stessa. Elena Mosuc del 2011 quando ha debuttato Norma è molto differente da Elena Mosuc del 2018, che ha ottenuto ancora più esperienza con tutti i nuovi ruoli, ma anche dalle mie trasformazioni, anche nella mia testa. Non siamo mai gli stessi. Io personalmente imparo ogni giorno qualcosa. E odio la routine. Mi piace scoprire un ruolo ogni volta. Nuovi fiati, nuovo filigrana nella frase musicale, nuovo suono interessante che mi può cambiare l’architettura nel discorso fraseologico e tanto altro…Può essere solo una piccola cosa…Nuove cose dettate magari dalla regia. I dettagli fanno la differenza fra gli artisti. Mi piace inventare nuove situazioni nella stessa produzione, incominciando delle prove, dove mi piace sperimentare insieme al regista, oppure durante le recite. Non mi piace mai essere la stessa. Così si cresce. Il Trovatore di Belgrado è stato diverso di quello della Romania, anche se è stato in un periodo di quasi due settimane di distanza. Produzioni diversi, colleghi diversi. In più il ruolo è entrato ancora meglio nella gola, nel mio corpo, in ogni mia cellula. Non parliamo di Norma del 2018 e di quella del 2011 che sono mondi diversi. Buoni tutte due, ma molto diversi.

18/ A quale ruolo sente di essere maggiormente legata?

Certamente a quelli del Belcanto. Nel periodo nel quale cantavo molto Traviata pensavo che questo era il “mio” ruolo, poi quando ho debuttato il ruolo di Norma ho detto: questo è il “mio” personaggio. Quando ho debuttato Anna Bolena ho detto: questo è il ruolo che mi definisce. E fino ad adesso sono rimasta a quello (ride). Bolena è nel mio sangue adesso!

19/ Quali saranno i prossimi impegni?

Il 21 giugno ho tenuto un Liederabend monumentale a Zurigo dove ho cantato Lieder francesi e rumeni, molto belli ma molto impegnativi, nella prima parte. Nella seconda parte arie di Verdi: Desdemona (“Ave Maria”), Lucrezia de “I due Foscari”, Leonora del Trovatore (“D’amor sull’ali rosee” con cabaletta), Medora de “Il Corsaro” e “Trionfai” da “Macbeth”. Per l’occasione ho preparato anche tre bei bis difficili. Tutto il programma è stato a memoria.  Il 7 luglio ho il mio RESONANCE in Romania, il 12 luglio l’apertura del Summer Festival a Ohrid in Macedonia, 27 luglio una nuova produzione de “La Bohème“ a Torre del Lago, per il Festival Puccini. In novembre canterò Elvira ne “I Puritani” al Teatro Verdi di Trieste e poi debutterò in scena la Desdemona di Verdi a Belgrado, poi avrò un’altra “Anna Bolena” in Germania e altri concerti in Romania e Spagna con varie arie e poi farò “La Rondine” a Madrid e tanti altri progetti!

20/ In scena come nella vita cosa non deve mai mancare?

L’amore, la volontà, la perseveranza, la consapevolezza, la fedeltà, l’umiltà!