
Questo mese abbiamo incontrato lo scrittore Claudio Percuoco per scambiare qualche battuta sulla sua vita e sulla sua attività di scrittura. In particolare su Il mio Pino, un romanzo da poco edito, nel 2016, da Besa. Gli abbiamo chiesto di parlarci di questo romanzo e perché un lettore dovrebbe leggerlo.
La scrittura, per me, deve necessariamente cibarsi di ispirazione. L’ispirazione è quel fluido benefico che si impossessa dell’autore e lo conduce a tramutare una semplice idea in un prodotto finito, che sarà un libro, una canzone, un film, un quadro e via dicendo. “Il mio Pino” racconta del rapporto che ha legato la mia esistenza a quella di Pino Daniele. Averlo chiamato così suona un pò come un’appropriazione indebita, data la caratura del personaggio, eppure Pino è mio perché, artisticamente parlando, è nato con me, e io con lui. E lo ritengo responsabile della mia formazione umana, oltre che artistica.
Nella mia idea è un saggio d’amore, perché se da un lato analizza tecnicamente gli aspetti del musicista e del poeta, proprio come fa un saggio, dall’altro è il piccolo racconto di una grande storia d’amore, grande al punto da avere il coraggio di guardare in faccia la realtà. Un racconto che vuole scatenare discussioni, attirare consensi e perfino disapprovazione, che sogna di veicolare i tempi d’oro di questo grande artista a chi non ha avuto la fortuna di viverli e approfondirli.
Parlarci di te, se ti dovessi descrivere per i nostri lettori che aggettivi utilizzeresti?
E’ difficile parlare di se stessi senza cadere nei trabocchetti che questo tipo di domanda inevitabilmente comporta. Fantasioso, sognatore, estroverso, ma anche realista, disilluso e introverso.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Letterariamente parlando Kipling, London, Hemingway, Hesse, ma anche Pino Daniele, Vasco Rossi e Fabrizio De Andrè. Ma il mio modus attiene molto anche alle immagini, e quindi al cinema. Di Kubrick, Spielberg, Scorsese…
Come ti sei avvicinato a Pino e quanto ha segnato la tua vita il cantautore napoletano?
A 16 anni, tra i padiglioni della fiera campionaria di Reggio Calabria, arrivò alle mie orecchie un motivo che mi avrebbe accompagnato per tutta l’esistenza. Era “Je so pazzo”, con la sua conclusione di impatto. E tralasciato il fattore “parolaccia”, che ha avuto forse il merito di accelerare un successo che sarebbe comunque arrivato, è bastato poco affinché mi accorgessi del fraseggio di chitarra introduttivo e della ritmica che accompagna tutto il pezzo, dell’armonica che dipinge il tema, del basso che, insieme con la grancassa, arriva direttamente nello stomaco, delle bacchette della batteria che giocano sul bordo del rullante. Avrei presto scoperto che si trattava di un blues, anche se al momento era solo una bella canzone. Andando a scavare nella sua opera, ci volle poco a capire che Pino, oltre a essere e un eccellente musicista, era un raffinato poeta. La sua musica mi ha cambiato la vita. Un’affermazione che potrebbe sembrare un’esagerazione, ma vi garantisco che non lo è.
Che progetti hai per il futuro?
Un mesetto in centroamerica, perché l’attività di viaggiatore va di pari passo con quella di scrittore e di musicante. Continuare a viaggiare, a scrivere e a suonare.
Grazie per la disponibilità!
Grazie a te. E a presto.