“Salvare Mozart” di Raphaël Jerusalmy

Edizioni e/o
Traduzione di Gaia Panfili
In memoria di Jacques Eisenband
(Parigi, 12 dicembre 1936 – Auschwitz, primi di marzo del 1944)
Diario di Otto J. Steiner
luglio 1939 – agosto 1940

Seconda Guerra Mondiale. Salisburgo. Tra le cupole barocche ai piedi del fume Salzach, mentre fuori tuonano gli spari al grido di Heil Hitler!, Otto J. Steiner si trova in un sanatorio, divorato dalla tubercolosi. Marchiato con la M di malato sulla schiena, è costretto a trascorrere i suoi giorni dentro in ospedale.

L’emarginazione e la prigionia di degente, non gli impediscono però di sognare. Il collante che tiene insieme i giorni del protagonista, è senza dubbio la musica. Così, mentre immagina di mettere su un’orchestra con i malati per suonare Chopen, trova un ulteriore spiraglio nella scrittura. Sarà attraverso il suo diario che il lettore assisterà ai cedimenti di un uomo nel vortice della guerra, ma anche al suo riscatto.

Intorno a sé un clima decadente: “i corridoi slavati della clinica, i muri grigi che circondano il cortile, una sorta di languore che avvolge tutto. Come un sudario.” La neve a Salisburgo, il ricordo di un chioschetto in riva al fiume, piccoli ponti con la realtà, fra le improvvise perquisizioni e le medicine allungate con l’acqua.

Steiner è un critico musicale ebreo, grazie alla sua competenza e alla sua grande forza d’animo, troverà il modo “salvare Mozart” alla stessa maniera con cui i nazisti tentano di “distruggerlo”. Indignato dall’utilizzo della musica come mezzo di esaltazione degli ideali del Fürer, accetta di intervenire sul famoso programma del Festival di Salisburgo, il quale si tiene annualmente ancora oggi.

Questa ingerenza dei nazisti nel programma del Festspiele è inammissibile. Rivoltante. Fare del Festival di Salisburgo un volgare strumento di propaganda, un trastullo da caserma è proprio il colmo. Prendere Mozart in ostaggio. Svilirlo a questo modo. Ma non c’è nessuno che impedisca un tale affronto?

Qualcuno c’è. E quel qualcuno dimostrerà che a volte non basta bloccare la manopola della radio con il mastice. Le mura della clinica, riempite ormai di soldati feriti, diventeranno la fortezza dentro cui farsi beffa degli ariani. Mentre gli ottoni inneggiano alla maestosità del regime tedesco, risuonerà, è il caso di dirlo, il grido di ribellione che riscatta la dignità umana del protagonista e non solo. Un grido, che nessuna guerra può tacere.

Raphaël Jerusalmy mette in luce uno dei mali che affligge da sempre l’umanità: la paura del diverso. Durante il nazismo in Germania e il fascismo in Italia, l’emarginazione degli ebrei, degli omosessuali, portatori di handicap, testimoni di Geova, troverà il suo culmine.

Il romanzo è estremamente scorrevole, “Salvare Mozart” è salvare se stessi, salvare una libertà di essere contaminando il mondo attraverso l’arte.

Raphaël Jerusalmy vende libri antichi a Tel Aviv. Salvare Mozart è il suo primo romanzo, con il quale, nel 2013, ha vinto il Prix Emmanuel-Roblès opera prima.

Sulla discriminazione durante il nazismo, leggi anche la recensione di Eldorado di Vladimir Luxuria.

Noemi Neri: consulenzaletteraria@libero.it

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