
Edito da Fazi
Per la zia Marta
Dopo aver letto il vincitore del Premio Strega, Walter Siti con Resistere non serve a niente (leggi la recensione), andiamo a scoprire quello che invece ha preso meno voti di tutti, ma che ha già portato a casa l’assegnazione del Premio Campiello Opera Prima.
Il romanzo d’esordio di Matteo Cellini, Cate, io, affronta una tematica che riguarda spesso molti adolescenti: la costruzione di una propria identità per essere accettati dagli altri.
Caterina è una ragazza obesa continuamente in lotta tra l’essere semplicemente se stessa o essere Cate-ciccia, quella che i compagni di scuola prendono in giro. Caterina desidera essere un riccio o una lumaca, per avere sempre un posto in cui potersi nascondere lontano dagli sguardi e i ridolini. In realtà, la percezione di sé nasce più che altro da uno stato d’animo interiore in cui lei per prima non si accetta e, a differenza dei suoi fratelli, pensa di non essere accettata dagli altri. Nel suo mondo, ogni ciccione è condannato all’emarginazione: “la grassezza è una colpa anche se le hai provate tutte per liberartene.”
Ogni piccola conquista, diventa niente di fronte al suo aspetto fisico che, come uno zero, moltiplica e annulla tutto. Cellini mette in evidenza il tarlo di una diciassettenne, che metaforicamente rappresenta la parte buia che esiste in ognuno di noi, quella parte che una volta donata all’altro, permette di costruire delle relazioni vere e solide. A questo proposito, il critico letterario Filippo La Porta commenta: “In ciascuno di noi infatti abita una “diversità” quasi sempre innominabile, che però – suggerisce Cellini – è la base di ogni vera relazione reciproca.”
Candidato al Premio Strega ed escluso dalla seconda votazione totalizzando solo undici voti, il libro di Cellini passa dalla pesantezza materiale e non, della protagonista, alla leggerezza d’animo, dovuta a una crescita che le permette di affrontare il mondo con nuovi occhi. Il cambiamento è incentrato tutto sulla sfera psicologica della ragazza, forse qualche riferimento in più all’aspetto fisico, soprattutto dato che si tratta di una femmina, avrebbe reso ancora più verosimile il problema dell’obesità. Una scelta che sembra voluta dall’autore: “È una obesità di parole che privata di ogni dato oggettivo (Caterina nessuno sa quanto pesi, quanto sia alta, quali siano i suoi lineamenti) fluttua magmatica tutt’intorno al lettore e avvolge, soffoca, impedisce di vedere se non attraverso i suoi occhi.”
Nel complesso la storia scorre senza fatica, salvo alcune cadute stilistiche con frasi che lasciano qualche perplessità.
La scrittrice Paola Mastrocola afferma: “attraverso lo stile limpido e tagliente di Cellini, riesce a rappresentare il disagio più universale di tutti coloro che, grassi o magri che siano, si sentono comunque diversi, esclusi, mai accettati.”
Matteo Cellini vive a Urbania e insegna lettere in una scuola media.
Noemi Neri: consulenzaletteraria@libero.it