Ma chi volete Strega…re?

Edito da Rizzoli

Dedicato a Stefano, che ora saprà

Resistere non serve a niente, forse già nel titolo dovevo cogliere un avvertimento. Il libro di Walter Siti si è aggiudicato il LXVII Premio Strega con 165 voti. Seguito da Alessandro Perissinotto con Le colpe dei padri (Piemme), 78 voti, Paolo Di Paolo con Mandami tanta vita (Feltrinelli), 77 voti Romana Petri con Figli dello stesso padre (Longanesi), 63 voti e infine Simona Sparaco con Nessuno sa di noi (Giunti), 26 voti.

A dire la verità non ero molto interessata al fantomatico Premio Strega dove si premia l’editore, la personalità dello scrittore, quasi mai il libro. Come commenta Romana Petri su Repubblica: “questo non è un premio per donne né giovani né vecchie. È dura, fate il calcolo: considerate il numero degli Strega e vedrete quante donne hanno vinto. È anche un premio dove non si cambia quasi mai l’editore vincente”.

Detto questo, la curiosità vince sempre. Alla fine la voglia di sapere cosa c’è scritto dentro un libro, per un motivo o per un altro, prende il sopravvento ed è giusto leggere di tutto, il più possibile.

Ho acquistato il libro di Walter Siti senza troppe aspettative, ma almeno speravo di leggere un bel romanzo. La storia è quella di Tommaso, un superficiale operatore finanziario preso dal mondo del denaro. Ex obeso che si divide tra le operazioni commerciali e vuoti rapporti sessuali.

Senza perdere tempo, mi cascano le braccia già dalle prime pagine quando iniziano a fioccare nomi come Balivo, D’Urso, Sgarbi ecc. Ma come? Io in un libro che vince lo Strega non mi aspetto di trovare le vicende della corruzione televisiva. Non mi interessa l’ennesima frase sui casi di omicidi irrisolti con cui si viene bombardati continuamente perdendo la concezione del tempo, sembra sempre tutto attuale nonostante siano passati cinque, dieci anni.

Vendere libri nel nostro paese è difficile ed è sotto gli occhi di tutti che si debba quasi per forza passare dalla televisione per emergere, vuoi per il film, vuoi per gli scandali, per tutte/i quelle/i che dopo aver mostrato i loro corpi ci danno anche l’anima pubblicando capolavori della letteratura… Insomma, almeno nei libri che dovrebbero essere considerati meritevoli, evitiamo di infilarci la televisione e se proprio dobbiamo farlo, allora sarebbe più adatto un fantasy.

Ma andiamo oltre. La storia prosegue, la noia aumenta. Pagine e pagine in cui i dialoghi non dicono nulla di interessante, flash della vita del protagonista si susseguono senza una vera trama. Ancora non ho capito qual è la domanda che mi porterà alla fine. Poi spuntano Veltroni, Prodi, Berlusconi, Balotelli, la Venier… ma si può fare anche peggio, Costantino Vitagliano. Faccio appello a tutta la buona volontà.

Più leggo più mi rendo conto che il libro di Siti non è un romanzo, ma un saggio. A partire dal paragone iniziale tra le scimmie cappuccine e le escort, sono disseminati in tutto il libro indizi sulla relazione denaro-corpo, basti notare il gergo finanziario utilizzato per parlare di sentimenti e il lessico erotico per raccontare dei rivali in affari.

Inoltre, ogni messaggio è scritto in modo che il lettore non possa non capire. Riporto alcuni esempi: “denaro e bruttezza non legano insieme”; “il denaro è la relazione umana per eccellenza”; “Il sesso è anche lui come la finanza, un gioco a somma zero”.

Lo scrittore Christian Raimo commenta il Premio Strega: “Siti non si limita a voler padroneggiare i suoi personaggi, ma vuole controllare le reazioni del lettore. Ed è per questo che depotenzia se stesso.”

Tutta la storia è incentrata su questo binomio: si racconta di soldi e sesso per 317 pagine. Il risultato non è certo un saggio moralista sulla strumentalizzazione del corpo in cambio di soldi, ma una mera fotografia della realtà che ci circonda, come commenta il giornalista e scrittore Francesco Longo: “Resistere non serve a niente sprigiona un’ansia micidiale nel voler descrivere il nostro presente, in modo definitivo, e sono serio quando penso che nella copertina dei libri avvelenati da questo intento andrebbe aggiunta la fascetta con scritto: «Da leggersi preferibilmente entro il 2013». Non restano.

Insomma, alla fine della lettura, per dirla alla maniera di Siti “found better, sorry”.

Leggi la chat tra Christian Raimo e Francesco Longo su Resistere non serve a niente.

Walter Siti ha scritto anche Troppi paradisi, Il contagio, Il canto del diavolo e Autopsia dell’ossessione.

Noemi Neri: consulenzaletteraria@libero.it

2 COMMENTI

  1. Non ho letto il romanzo e non credo lo farò: Siti non mi ha mai convinto troppo come scrittore.
    Se da un lato trovo “interessate” e significativa la vittoria del Premio per un libro che parla di subcultura televisiva (segno dei tempi? Critica della società?) dall’altro non riesco a comprendere come mai sia stato premiato un libro del genere. Un libro che ripropone di nuovo il mondo della finanza come mondo sterile, un libro che punta solo sul binomio sesso e soldi. L’ennesimo libro “vuoto” che non ha una vera trama ma è un concentrato di personaggi senza costrutto..che senso ha?
    Un racconto fantasy avrebbe avuto più senso, almeno si sarebbe premiata una storia, un modo di scrivere particolare, un disegno dei personaggi approfondito. Ma questo? Adesso mi batterò affinché gli snob del premio Strega scendano dal piedistallo e diano finalmente l’agognato riconoscimento a colui che vende più di tutti: Fabio Volo.

  2. Non sono molto d’accordo sulla lettura data di questo libro che io ho trovato molto profondo e ricco di più piani di lettura, in passato ho scritto una mia opinione al riguardo che riporto:

    Una incredibile sorpresa questo romanzo di Walter Siti che non può lasciare indifferenti, soprattutto, ma non solo, per la propria forza evocativa e comunicativa.
    Anche se il contenuto è interessante, non comune e molto crudo è il registro ad essere originale e accattivante.
    Ci sono due false partenze, con una veste tipografica diversa, che incuriosiscono ed esercitano una forza magnetica sul lettore che non può staccare gli occhi dal libro e non può uscire dalla libreria senza possedere quel volume.
    Le pagine scorrono veloci, così come le immagini evocate, i colori plumbei della borgata romana e le luci sfavillanti della ribalta, il tintinnare di flute, il brusio di party, la frenesia dei grafici, dei rialzi e dei ribassi in borsa e così in un vortice che attanaglia che ci trascina in un baratro di cui abbiamo l’intuizione, ma che non ne immaginiamo la profondità.
    Siti si sforza di raccontare una zona grigia che divide il bianco dal nero, in cui si decidono i colori che popolano la realtà che viviamo, una centrale da cui di dipanano i fili che comandano il mondo, ognuno dei quali si crede fondamentale, ma nessuno lo è.
    Il lessico è crudo, le immagini disturbanti, così come impenetrabile è il protagonista: Tommaso un giocoliere della finanza di umili origini, un ragazzo che ce l’ha fatta grazie alla propria intelligenza, ai proprio sforzi, approda nel paradiso dei ricchi rimanendo comunque ancorato alle proprie origini… o forse no, non è questo il romanzo che commissiona, o meglio dovrebbe esserlo, ma via via che lo scrittore da lui assoldato per scriverlo, in una sorta di meta-scrittura in cui un complicato gioco di specchi tramuta la realtà in finzione e viceversa, ricostruisce il puzzle della sua vita, il quadro si fa più complicato, la personalità più sfaccettata, i desideri e i bisogni sempre più incomprensibili; ma questa non è la storia di Tommaso o meglio lo è nella misura in cui egli vive la realtà che gli sta intorno e che attraverso lui conosciamo e impariamo a comprendere.
    Un senso di fastidio, di disperazione ci avvolge nel leggere quelle pagine, nel rendersi conto di quanto sia reale quel mondo e seppur così lontano dal nostro quotidiano, quanto condizioni ogni nostra azione per renderci schiavi di un padrone invisibile, servi inconsapevoli di colonne colorate negli schermi di un computer.
    Un romanzo non solo bello, ma anche importante per capire, con il filtro della finzione, anche se poi la sensazione alla fine è quella che non ci sia molto di fantasioso in tutta la vicenda, il mondo che ci circonda, il sovvertimento dei valori e allo stesso tempo il bisogno di ridefinirli per poterli vivere: così ci troviamo di fronte ai broker che speculano sulle stragi senza provare rimorso perché spersonalizzano le persone che colpiscono o le escort che vendono il proprio corpo, ma si sentono pure perché non vendono l’anima, che concepiscono una prestazione sessuale come un colloquio di lavoro brillante, ancora il mafioso di nuovo corso che non si sporca le mani di sangue, ma allo stesso modo stritola gli avversari a suon di speculazioni finanziare che non si sente così diverso da un chirurgo che opera a prezzi folli sfruttando la paura della morte: così si assolvono così portano avanti una vita che non necessita della approvazione della coscienza; mentre si leggono queste cose, oltre a sentirsi minuscoli come formiche, pedine al servizio di altri, non ci si può non interrogare su ciò che facciamo ogni giorno, in tante piccole cose, di come nel nostro piccolo ci comportiamo e chiedersi, privi della mano consolatrice dell’autore, che rimane sempre super partes, nella posizione di colui che racconta ma non giudica, cosa faremmo se all’improvviso ci trovassimo in quel mondo, quanto la nostra moralità sarebbe forte e quanto non si farebbe seppellire da gioielli e ricchezza prima e dal potere che quella ricchezza compra poi.
    Questo romanzo agisce a tantissimi livelli, pone un’infinità di dubbi, si entra nelle pagine sicuri di noi stessi e se ne esce un po’ meno forti, un po’ più dubbiosi, ma di sicuro arricchiti di un’opera che lascia il segno nella letteratura contemporanea.

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