Cade la terra, i luoghi invisibili della Pellegrino

La casa, ormai goffa e pesante, sta per trascinare con sé, mattone dopo mattone, la memoria dei miei giorni.

A Gerardo e Maria Pellegrino, in memoria.

Giunti editore

Estella viene assunta a casa dei De Paolis per occuparsi del loro figlio Marcello. La storia inizialmente è raccontata da questi due insoliti personaggi che hanno un rapporto ambiguo. Lui le fa i dispetti come fosse sua madre o una compagna di giochi, lei gli pianta un imbuto in gola mentre dorme per farlo mangiare.

Piano piano emergono dal fondo le voci degli altri cittadini, tutto diventa un racconto corale, dove ognuno mette il suo piccolo pezzo di nulla. Siamo ad Alento, una cittadina quasi fantasma potremmo dire, se non fosse per l’interesse di Carmen Pellegrino per i luoghi morti. Alento vive solo nella sua fantasia: “Le case che marciscono in silenzio sono per me una dimora provvisoria, un posto in cui stare, anche solo per poco.”

L’unica cosa viva sono gli occhi delle persone, le loro anime che vagano tra le macerie in un paesaggio che decade, perché “nessuno fra i morti se ne va completamente”. Per questo, mattone dopo mattone, la memoria aggiunge una parola e dà una nuova possibilità a quei luoghi dimenticati, alle case con la “pelle ferita”, piene di crepe.

La storia delle persone si attacca alle mura scarne, fragili, graffia con le unghie per resistere al tempo. La storia non se ne va, i luoghi non se ne vanno. Là dove tutto sembra sparito, arriva la penna della Pellegrino a mostrarci quello che non vediamo.

Nella polvere di queste rovine, in questa polvere che il tempo ha sparpagliato posso riconoscere volti oggetti capelli rimasti fra i sassi, lacci di scarpe confusi con le piccole nervature delle foglie, giunture schiantate e sedie e tavoli transitori, e una parola per volta, finché avrò vita, imbastirò la storia di questo paese.

1 COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here